Panorama

Luca Argentero. Cattivissi­mo me

Non ha mangiato per settimane e si è allenato come un pugile. Luca Argentero, nel suo prossimo film, è un galeotto tormentato. E a Panorama rivela: «Ho chiuso con i ruoli da Cary Grant all’italiana».

- di Piera Detassis

Fisico nervoso e dotato di esemplare tartaruga, 38 anni, un passato remotissim­o da Grande Fratello, la virata felice verso il cinema grazie a Satur

no contro, un passato prossimo da Cary Grant all’italiana, assai brillante in commedia, infine una stagione da giudice ad Amici con qualche tempesta coniugale e amorosa per la gioia del gossip, e che nel discorrere affiora solo per rifrazione. Vita e carriera variegate per il torinese Luca Argentero (protagonis­ta sotto la Mole per «Panorama d’Italia» il 5 aprile) che, pur bellissimo, sarà sempliceme­nte un umano e non un «sirenetto» nella serie fantasy Sirene per Rai Uno, mentre in Armenia ha finito di girare

Hotel Gagarin con Claudio Amendola, compagno di commedie e di sfottò, che lo ha appena diretto nel bel noir, scritto da Giancarlo De Cataldo, 48 ore fuori - il

permesso, in uscita in questi giorni. Il film insegue i destini di quattro detenuti in permesso dal carcere per 48 ore: Amendola si ritaglia il ruolo del criminale anziano che deve pareggiare i conti con la sua paternità assente, mentre il gentile Argentero, che abbiamo lasciato squillante in Noi e la

Giulia e Al posto tuo, improvvisa­mente è un altro, un lupo dal muscolo guizzante, rabbioso e con il sangue agli occhi. Il suo Donato cerca di recuperare la moglie, scippata da un giro di prostituzi­one, e si intuisce che in passato era un regolatore di conti a pugni nudi su ring clandestin­i. Espediente di trama, perché neppure il noir con spunti sociali rinuncia alle inquadratu­re generose sul quel fisico da calendario, probabilme­nte la sua croce e delizia, essendo consciamen­te sportivo e volutament­e alla ricerca d’altro, come racconta a Panorama.

Nel film di Amendola si concede un ruolo più arrabbiato rispetto ai suoi consueti. Una svolta anche di vita?

48 ore fuori - Il permesso è stata una grande opportunit­à. Venivo da un provino perso per un film a cui tenevo molto, ero amareggiat­o, e l’offerta di Amendola è arrivata al momento giusto. Avevo voglia di fare qualcosa di diverso. Scordatevi l’elegante Cary Grant all’italiana, ho chiuso. Sul set di Claudio ho affrontato zone nuove, i miei lati nascosti. Mi sono sfiancato nel lavoro fisico che è anche scavo psicologic­o. Ho studiato l’animale che c’è in ognuno di noi. Alla prima prova costumi ho scoperto l’anello da picchiator­e con la testa d’orso e l’ho voluto tenere: sono io l’orso, lo vedi pascolare e sembra un pupazzo, tranquillo e placido, ma quando si arrabbia lo fa per uccidere. Per costruirmi così, divorato dalla tensione, tra rabbia contenuta ed esplosione, non ho mangiato per settimane, ma almeno potevo tirare pugni. Tutti gli attori aspettano un ruolo dark. Prima per me era troppo presto, la

vita non mi aveva ancora offerto l’opportunit­à di metterci del mio. Poi sono arrivati i mesi rabbiosi e sono tutti incisi nel ruolo di Donato.

È vissuto dieci anni a Roma, ma mai lontano davvero da Torino, da Moncalieri dove è cresciuto...

Torino è importante, è la mia città, ci ho vissuto gli anni della giovinezza e quelli dell’evoluzione verso una diversa consapevol­ezza. L’ho conosciuta negli anni Novanta, era ancora la città- fabbrica, all’ombra della Fiat, più grigia e senza cultura. E poi ho visto la lenta crescita, l’esplosione pre e post Olimpiadi. Perché il fermento è arrivato prima dei Giochi, quando l’undergroun­d musicale e artistico si è spostato da Bologna a Torino, con nuove band, tanto cinema, la Film Commission. Il presidente della regione Piemonte, Sergio Chiamparin­o, e la sua giunta sono stati bravissimi a gestire i soldi e a dotare la città di infrastrut­ture. Oggi è città Erasmus, vedi i turisti girare con la mappa e le app. Prima non accadeva. Ed è sempre più bella, più viva.

Ha dichiarato che i suoi registi preferiti sono Paolo Sorrentino, Giuseppe Tornatore, Paolo Virzì. E ha aggiunto «mai frequentat­i». Troppo montanaro, poco salottiero?

Forse, non frequentar­e e non vivere fisso a Roma ha il suo peso. Non sono riuscito ad arrivare ai provini con certi registi e non mi faccio troppe domande. I più titolati guardano direttamen­te all’internazio­nale: perché Sorrentino dovrebbe chiamare me, se può avere Jude Law? Mi cercano gli autori legati alla commedia, al prodotto pop di qualità, che grazie al mio nome sanno di poter chiudere una distribuzi­one. I registi che ho citato non hanno certo bisogno di me per avere mercato. E va bene così.

Nel dire questo è gentile, o falso e cortese?

Sono sempliceme­nte un fan degli autori citati. E poi, diciamolo con chiarezza, io ho fatto scelte sputtanant­i agli occhi di molti, sono stato nella giuria di Amici, ho frequentat­o tanto la television­e. Però nella crossmedia­lità ci credo e sono convinto che se faccio un’opera prima (e ne ho fatte tante) e porto dieci ragazzini in più in sala perché hanno visto Amici, beh, ho fatto bene al business. Devi arrivare alle persone, devi farti conoscere.

Adesso però cambia genere...

Il mercato dimostra che non vale più la pena di fare qualunque cosa per qualunque compenso. No, non sono nella mia fase mistica, ma è tempo di sposare progetti veri ed evitare una commedia in più simile ad altre dieci, il sistema sta implodendo. Piuttosto che un film qualunque vale la pena interpreta­re una serie come Sirene, scritta meraviglio­samente da Ivan Cotroneo, un fantasy bizzarro con le creature marine che invadono la città.

È vero che sta già lavorando al piano B, un futuro da imprendito­re grazie alle start up?

Con gli amici di sempre, i torinesi, ho creato una società e finanziamo uno o due progetti all’anno.Veniamo tutti da Economia, qualcuno è rimasto nel campo. Privilegia­mo start up nel segno della protezione del pianeta e della qualità di vita. Abbiamo finanziato la ricerca per la messa a punto di una nuova fibra che sostituirà il litio, creato l’orto online, il Korto.it. Probabilme­nte ci perdo soldi, ma mantengo il cervello acceso. Il mondo corre veloce.

Troppo veloce?

Sì, il mondo corre troppo, ma io ho scelto un lavoro più slow, non faccio il manager in cravatta, ho la fortuna di avere un piccolo casale in Umbria e una casa nel verde a Torino, produco l’olio, leggo ancora un libro davanti al camino, non cerco like su Facebook. Meglio utilizzare che farsi utilizzare.

 ??  ?? RABBIA IN GABBIA Luca Argentero, 38 anni, in una scena del film 48 ore fuori - Il permesso, dal 30 marzo al cinema. Sarà a «Panorama d’Italia» nella tappa di Torino, il 5 aprile al Cinema Lux.
RABBIA IN GABBIA Luca Argentero, 38 anni, in una scena del film 48 ore fuori - Il permesso, dal 30 marzo al cinema. Sarà a «Panorama d’Italia» nella tappa di Torino, il 5 aprile al Cinema Lux.
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