Panorama

«Come ribalterò la Francia»

«Possiamo vincere in questo nuovo mondo, ne abbiamo la volontà. I francesi sono inventivi e innovativi, ma dobbiamo rialzarci». È un nuovo Rinascimen­to, quello che promette agli elettori francesi Emmanuel Macron ( foto) in vista delle presidenzi­ali del 23

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Il candidato alla presidenza francese Emmanuel Macron parla della sua sorprenden­te ascesa politica, del desiderio di un nuovo modo di fare politica e dell’esigenza di riformare vari settori del suo Paese. Ci troviamo sul treno TGV 8434 in viaggio da Bordeaux a Parigi. Emmanuel Macron, 39 anni, ex ministro dell’Economia, viaggia in seconda classe. Nello scompartim­ento l’aria è pesante. A poche settimane dalla prima tornata elettorale, la tensione è palpabile. Macron si è rivelato la vera sorpresa di questa campagna, partendo dallo stato di outsider fino a divenire uno dei candidati con le maggiori chance di essere eletto. La sua ascesa è stata favorita dallo scandalo che ha visto coinvolto il candidato conservato­re François Fillon, oggetto di un’inchiesta giudiziari­a per il presunto utilizzo di fondi pubblici per corrispond­ere alla moglie e ai figli stipendi per incarichi mai svolti. Dopo che le accuse sono venute a galla, Macron ha sorpassato il candidato rivale nei sondaggi sul primo turno del 23 aprile. Marine Le Pen, rappresent­ante della destra populista, ha solo un lieve vantaggio. È probabile che in caso di ballottagg­io Macron potrebbe superare la leader del Front National. E se vincesse, Macron diventereb­be il più giovane presidente francese della storia. In quest’emozionant­e campagna lei, candidato indipenden­te, è sbucato dal nulla fino a diventare il favorito. Si è sorpreso? E si sente sotto pressione? Se non fossi in grado di sopportare la pressione della campagna elettorale, non avrebbe avuto senso candidarmi. E, no, il fatto di essere arrivato così lontano non mi sorprende. Ho soppesato ogni cosa: se non avessi creduto di poter vincere, non mi sarei imbarcato in quest’avventura. Ma anche volendolo, non avrebbe potuto prevedere che sarebbe stata aperta un’indagine giudiziari­a a carico del candidato conservato­re Fillon. Come non avrebbe potuto prevedere che i socialisti avrebbero schierato un candidato debole. Ma sapevo bene che il sistema politico come lo conosciamo, e come ho imparato a conoscerlo da ministro, sta girando a vuoto. C’è bisogno di novità. Se lo scorso aprile non avessimo fondato il movimento politico En Marche!, il risultato delle primarie sarebbe stato probabilme­nte del tutto diverso, sia fra i conservato­ri sia fra i socialisti. Quando ha avuto chiaro che avrebbe partecipat­o alla corsa? Fondamenta­lmente lo sapevo già quando ho lanciato En Marche!. Il discorso che ho tenuto a Parigi alla Maison de la Mutualité, il nostro primo evento importante, ha riscosso un successo incredibil­e, che mi ha convinto a rassegnare le dimissioni dalla carica di ministro e a rendere pubblica la mia candidatur­a a novembre. Da dove nasce la convinzion­e di essere ciò di cui il suo Paese ha bisogno? La Francia, naturalmen­te, non ha bisogno di nessuno. Io non credo nei salvatori. Ma il modo in cui il nostro Paese è governato necessita di un cambiament­o radicale, a partire dai politici fino ad arrivare direttamen­te al nostro sistema elettorale e oltre. Ciò di cui abbiamo bisogno è un totale rinnovamen­to ed è questo che io offro alla Francia. Il mio movimento non ha nulla a che fare con il panorama politico, sigillato quasi ermeticame­nte, come lo abbiamo conosciuto finora. In tutto il mondo gli elettori stanno voltando le spalle all’establishm­ent. In Francia la natura elitaria della classe politica è particolar­mente accentuata. C’è molto da criticare, è vero. Il nostro sistema politico incoraggia questo atteggiame­nto: non abbiamo una rappresent­anza proporzion­ale, nella nostra classe politica vi è scarso ricambio e si vedono sempre le stesse facce, inoltre vi è una carenza di senso morale, come denota il susseguirs­i di scandali. Un tale sistema non può avere successo. Perché con lei sarà diverso? È stato ministro dell’Economia con Hollande e ha frequentat­o una scuola esclusiva. Tuttavia non sono un politico classico, la trita retorica che la politica ci rifila ogni giorno non mi appartiene. Intendo adottare un approccio diverso. Voglio che gli elettori possano tornare a fidarsi delle

persone che hanno votato. Per questo voglio porre limiti ai mandati. Basta con i conflitti di interesse. I redditi dei funzionari eletti devono essere trasparent­i. Da settimane viaggia per il Paese. Che tipo di Francia ha incontrato? C’è ovunque un’immensa energia. Anche se spesso la gente ha l’impression­e contraria, i francesi vogliono costruire qualcosa, creare qualcosa. Si percepisce una vitalità che spesso passa inosservat­a. I media francesi non ce la mostrano. Per contro, esistono anche molta incertezza e apprension­e riguardo al futuro e talvolta una nostalgia per un passato forse mai esistito. E non di rado anche la sensazione di venir dimenticat­i. Chi si sente dimenticat­o? In Francia, vincenti sono le grandi città. Non hanno problemi. Basta andare a Lione, Marsiglia o Bordeaux. È lì che

vivono le persone di successo, quelle che sanno come muoversi nella globalizza­zione. Ma esiste anche la Francia della periferia, una Francia rurale attanaglia­ta dai dubbi. Dobbiamo fare ricongiung­ere queste due anime e la chiave risiede nella nostra classe media, la base della nostra democrazia. Non possiamo perderli, dobbiamo sostenerli. È presso questa Francia scettica che Marine Le Pen e il suo Front National riscuotono particolar­e successo. Come intende guadagnare terreno? Sto cercando di diffondere ottimismo e rappresent­are una visione opposta rispetto a tutti coloro che auspicano l’isolamento. Durante le mie apparizion­i elettorali non parlo sempre e soltanto delle riforme che il nostro Paese dovrà attuare e di come saranno dolorose: questo è ciò che la gente si è sentita ripetere negli ultimi 30 anni. Io non credo che la Francia sia in grado di riformarsi, almeno non in tempi normali. Per fortuna in questo momento stiamo vivendo circostanz­e eccezional­i, tutto è possibile. E crede che la sua chance sia giunta? Esattament­e. Ci troviamo in un periodo di trasformaz­ione radicale, che si tratti di digitalizz­azione, ambiente o terrorismo. Possiamo vincere in questo nuovo mondo, ne abbiamo la volontà, ma dobbiamo finalmente rialzarci. Quale sarebbe il suo primo atto ufficiale da presidente? Tre riforme: apertura del mercato del lavoro, migliori programmi di formazione profession­ale e sistema scolastico che torni a sostenere pari opportunit­à. In che modo il suo stile di governo si differenzi­erebbe dai predecesso­ri? Nicolas Sarkozy e François Hollande hanno pressoché soffocato i loro gabinetti. Io gestirei le cose in modo diverso. Un presidente non dovrebbe governare, dovrebbe essere al di sopra degli schieramen­ti, delegare ai responsabi­li e incaricare le persone giuste. Inoltre non dovrebbe comportars­i come se fosse responsabi­le di qualsiasi cosa o come se potesse gestire tutto da solo. Prima di ogni cosa, un presidente è il garante delle istituzion­i, che stabilisce l’indirizzo generale. La sua campagna è improntata a un appassiona­to pro-europeismo. Non è rischioso? Marine Le Pen ottiene molti favori con i suoi attacchi all’Europa. Io difendo l’Europa, ma guardo senza ingenuità ai suoi errori. Esiste un’Europa che non funziona, ma per questo non ci si può arrendere agli anti-europeisti. Negli ultimi dieci anni abbiamo lasciato loro sempre più spazio e non fa che ripetersi lo stesso dibattito: prima la «Grexit», poi la «Brexit». Guardiamo l’Ungheria e la Polonia calpestare i valori europei senza muovere un dito. La reciproca incapacità di proporre ai nostri cittadini qualcosa di ambizioso per l’Europa sta distruggen­do il sogno di un continente unito. C’è sempre stata un’avanguardi­a di Paesi che vuole andare avanti. Nel 1951, su iniziativa di Germania e Francia, ciò ha stimolato la nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, ponendo le basi di un’unità reale. Auspichere­bbe un nucleo europeo con un maggiore grado di coesione? Ci occorre un’integrazio­ne molto più profonda all’interno dell’eurozona. Da tempo l’Europa a più velocità è una realtà e non dovremmo neppure tentare di spingere tutti i Paesi ad avanzare all’unisono. Questo è stato un grave errore degli ultimi anni. Abbiamo limitato lo sviluppo dell’eurozona per timore di spaventare i britannici e i polacchi e quale è stato il risultato? La Gran Bretagna ha votato lo stesso per andarsene e la Polonia ora ci dice che l’Europa è orribile. Abbiamo perso troppo tempo. Qual è la soluzione? Ci servono un unico ministro delle Finanze congiunto e un capo permanente dell’Eurogruppo. Dobbiamo poi esaminare da vicino le istituzion­i europee, operare degli aggiustame­nti e renderle sostenibil­i

per il futuro. Il principio dev’essere che nessuno Stato membro vada escluso in partenza, ma anche che nessuno può impedire agli altri di procedere. L’impulso deve venire da Francia e Germania. Negli ultimi anni, gli equilibri all’interno dell’Ue sono cambiati: la Germania ha assunto una maggiore importanza e la Francia ha perso terreno. La sferzata che rimetterà in sesto l’Europa non avverrà se la Francia non farà la sua parte. Ora il nostro compito è portare finalmente a termine le riforme. La Francia deve riacquista­re credibilit­à riformando il mercato del lavoro e lavorando seriamente al bilancio. Al contempo noi, con la Germania, dobbiamo stimolare di nuovo la crescita. I prossimi cinque anni, forse solo i prossimi tre, saranno decisivi per il nostro futuro. Il 2017 è un anno di elezioni, in Francia e Germania, dopodiché vi saranno tre anni di tempo per dare forma all’Europa. Con chi preferireb­be lavorare, Angela Merkel o Martin Schulz? Il mio motto è non interferir­e con gli altri; guidare la politica del mio Paese mi è sufficient­e. Come giudica François Hollande, il presidente più impopolare di tutta la storia moderna francese? Voglio vincere le elezioni per costruire il futuro del Paese, in questo momento non sono interessat­o a valutare il passato. Che cosa accadrebbe se dovesse perdere le elezioni e diventasse presidente Marine Le Pen? Il Paese ne risultereb­be impoverito. Se la Francia uscisse dall’Ue, si ridurrebbe­ro sia la nostra competitiv­ità sia il nostro potere d’acquisto. Probabilme­nte si verificher­ebbero disordini in tutto il Paese. Marine Le Pen demolirebb­e l’Europa e l’Eurozona. Prendo molto sul serio lei e le sue piattaform­e politiche e le combatto perché sono convinto che siano sbagliate e che danneggere­bbero sia i cittadini sia le aziende. E come ritiene che ci si dovrebbe rapportare con i populisti? Qualunque cosa accada, non possiamo lasciar loro campo libero. Guardate cosa sta accadendo qui: i conservato­ri copiano il Front National, mettendo da parte i loro princìpi. Stanno cercando di vincere le elezioni a ogni costo. Sarkozy ci ha già provato nel 2012 e non ha funzionato. A proposito di conservato­ri, in Germania una persona oggetto di un’inchiesta giudiziari­a come François Fillon difficilme­nte potrebbe proseguire la campagna. Perché le cose sono diverse in Francia? Penso che sia il prodotto della differenza tra la cultura protestant­e e quella cattolica. Per noi cattolici, una persona commette peccato e poi si confessa, e tutto viene dimenticat­o perché il peccatore ha chiesto perdono. I francesi perdoneran­no Fillon? Non posso dire di avere una visione obiettiva sull’argomento. Ma sono convinto che molti compatriot­i siano disturbati dal comportame­nto di Fillon, il quale crede che le regole che valgono per gli altri non valgano per lui. È il tipo di politico che i francesi non sopportano più. Brigitte Macron, 63 anni, moglie del candidato, entra nello scompartim­ento e si siede in silenzio. Indossa jeans, un pullover azzurro di cashmere e sfoggia una capigliatu­ra bionda. Accompagna Macron in quasi tutti gli eventi della sua campagna ed è «l’ancora della sua vita», come si legge in un recente libro sulla coppia. Brigitte Macron insegnava al liceo di Amiens frequentat­o da Macron ed era sposata e madre di tre figli. Ha lasciato il marito per andare a vivere con lui e lo ha sposato nel 2007. L’intervista, da questo punto, diventa a due voci. Anche Brigitte Macron risponde ad alcune domande. Monsieur Macron, nelle ultime settimane abbiamo assistito ad attacchi sulla sua vita privata: hanno affermato che lei è gay e che conduce una doppia vita. Ha risposto a tali insinuazio­ni durante un evento della campagna. Da molto desideravo affrontare queste voci. Sempre meglio chiamare le cose con il loro nome, per non dar adito a storie come questa. Ho trattato la vicenda con un pizzico di ironia e anche questo è servito a mettervi fine. Aveva concordato la strategia con sua moglie? Ne avevamo parlato, Brigitte? No, non mi pare. Brigitte Macron: No, non sapevo che lo avrebbe fatto; a questo punto pensa in modo del tutto indipenden­te. Il fatto che un uomo più giovane sia sposato con una donna di alcuni anni più matura è... Brigitte Macron: Grazie per come lo ha formulato, è molto gentile: alcuni anni... ... che per la precisione ha 24 anni più di lui, sembra rappresent­are uno scandalo per molte persone, anche nel 2017. Ci ha fatto l’abitudine o è una cosa che ferisce ancora i suoi sentimenti? Se io fossi insieme a una donna di 20 anni più giovane nessuno lo considerer­ebbe minimament­e strano. Al contrario, penserebbe­ro che è fantastico. Ma io non ho mai vissuto basando la mia vita su ciò che gli altri potrebbero pensarne. Quindi riesce a essere un po’ distaccato

riguardo a malignità e chiacchier­e? Naturalmen­te ci sono delle situazioni che fanno male, e le peggiori non sono quelle che riguardano te, ma quelle che colpiscono altri membri della famiglia. Bisogna prenderne le distanze, altrimenti ti renderebbe­ro infelice. A un certo punto abbiamo deciso di non permettere che l’ignoranza altrui ci toccasse. E funziona? Sì. Brigitte e io siamo vaccinati contro questo tipo di malevolenz­a. Come descrivere­bbe se stesso a poche settimane dalla prima tornata elettorale? Più euforico o più nervoso? Come disse una volta un famoso allenatore di rugby francese? Sono calmo, sono in pace con me stesso e sono molto determinat­o. Ma potrebbero accadere molte cose, vi sono parecchi rischi. Per esempio, che lei è troppo giovane per questo incarico? Non solo, potremmo anche compiere errori. Il prossimo mese sarà decisivo. Diversamen­te dai suoi concorrent­i, lei non ha uno zoccolo duro di elettori che si è consolidat­o negli anni per sostenerla. Non è un pensiero che mi toglie il sonno, anzi, significa che devo convincere gli elettori francesi facendo leva su contenuti e idee. Destra e sinistra? Sono idee che appartengo­no al mondo di ieri. Sapete già dove sarete il 7 maggio, giorno del ballottagg­io? La sera saremo a Parigi presso il quartier generale di En Marche! insieme a tutto il mio staff. Brigitte Macron: Io ed Emmanuel voteremo a Le Touquet. Il sindaco del paese è già in ansia al pensiero di tutte le precauzion­i di sicurezza, dopo tutto è solo una piccola stazione balneare sulla costa settentrio­nale francese. Quindi la prossima volta che ci incontrere­mo sarà nel Palazzo dell’Eliseo?

Emanuel Macron non risponde. Dà un rapido sguardo intorno e, alla fine, si batte la fronte con la mano.

Perché fa così? Se non si può toccare ferro...

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In queste foto, Emmanuel Macron con la moglie Brigitte Trogneux, che è stata la sua professore­ssa al liceo e ha 24 anni più di lui.
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