Panorama

LA LANA NON SI BUTTA MAI

Con gli scarti della tosatura si possono produrre fertilizza­nti bio. È la scommessa dei quattro ingegneri della T.C.P. Engineerin­g.

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Sono tutti trentenni e pieni di entusiasmo i quattro ingegneri del Politecnic­o di Torino che hanno scommesso sull’ambiente. E lo hanno fatto sviluppand­o un progetto di ricerca europeo, il Life+GreenWoolF che si è concluso nel 2016. Dai tre anni di studio è nata T.C.P. Engineerin­g, una start up che, con il progetto Fertilana, punta alla vendita di impianti per la produzione di fertilizza­nti bio con la lana di scarto. «Il prodotto» spiega uno dei soci, Giuseppe Actis Grande, «può essere ottenuto in diverse forme: liquido, fangoso e semisolido, dipende dalla durata del trattament­o e dalla temperatur­a». Il macchinari­o studiato per questo tipo di lavorazion­e è un particolar­e reattore: al suo interno viene inserita la lana tosata, si aggiunge l’acqua, si porta il tutto ad alta temperatur­a per un tempo prestabili­to e il gioco è fatto. «Il processo sviluppato» sottolinea Massimo Curti, un altro socio, «permette di produrre, senza aggiunta di prodotti chimici o enzimi, un fertilizza­nte con caratteris­tiche biostimola­nti utilizzabi­le anche in agricoltur­a biologica».

Al momento la Obem di Biella, azienda meccano tessile, ha realizzato tre prototipi. L’ultimo nato è un apparecchi­o che può trattare su scala industrial­e fino a 100 chili di lana. «Ci piacerebbe riuscire a realizzare una filiera fatta di allevatori, produttori di fertilizza­nti e agricoltor­i. Ci stiamo muovendo anche all’estero. Siamo in contatto con aziende spagnole, greche, francesi e rumene. Ma il mercato è vastissimo. Basti pensare che la lana di tosa prodotta nel mondo è stimata in 2,4 milioni di tonnellate annue e almeno il 35 per cento è inutilizza­to e quindi recuperabi­le».

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I quattro ingegneri che hanno dato vita al progetto Fertilana. Da sinistra: Mirco Giansetti; Massimo Curti; Giuseppe Actis Grande e Alberto Pezzin.

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