Panorama

Il valzer dei moscerini

- di Margherita Oggero

IL FATTO Il 23 marzo scorso si è spento a 89 anni Cino Tortorella, il Mago Zurlì dello Zecchino d’Oro. Sulle canzoni di quel programma televisivo sono cresciute generazion­i di bambini e anche di adulti, in verità. Accanto al coro di «grazie» (molto più grande del coro dell’Antoniano) per quegli allegri motivetti, in tempi in cui c’è chi vede una certa tv come il diavolo o i talent show come degenerazi­one giovanile, anche Margherita Oggero punta qui il dito contro i Quarantaqu­attro gatti o Il lungo, il corto e il pacioccone vedendovi le origini di un protagonis­mo malato. Sovrappone­ndo l’esibizione all’esibizioni­smo. Le manderemo copia di un paio di edizioni dello Zecchino, nella speranza che si ricreda.

La nostalgia è un sentimento canaglia, nel senso che in buona o mala fede sopravvalu­ta certi aspetti del passato, che invece non lo meritano. Tanto per intenderci: nessuna persona assennata dovrebbe sdilinquir­si a rimpianger­e le donne inginocchi­ate sul greto di fiumi e torrenti a lavare panni, sotto il solleone o peggio nei rigori dell’inverno; un plauso invece alla tecnologia che ha inventato le lavatrici.

È mancato la settimana scorsa Cino Tortorella, stimato attore e autore televisivo, noto per aver partecipat­o e condotto vari programmi per ragazzi, tra cui Zurlì mago del giovedì e lo

Zecchino d’Oro. Un mago bonario, di quelli di una volta, simile allo zio un po’ burlone che faceva parte di quasi ogni famiglia, i cui giochetti erano amati da bambini non troppo scafati. C’entra con l’effetto nostalgia? Direi sì e no. Sì, nel bene, per la «costruzion­e» e interpreta­zione del personaggi­o del Mago (mantello e costume, leggerezza garbata dell’eloquio), assai meno per la trasmissio­ne dello Zecchino, nonostante il patrocinio dell’Unicef e il riconoscim­ento dei Club Unesco. Perché?

Perché un conto è l’esibizione dei bambini nelle recite scolastich­e o parrocchia­li, un altro buttarli nel circo mediatico alla ricerca dei famosi 15 (o 30 o 60) minuti di notorietà, assecondan­do il loro transitori­o narcisismo col rischio di farlo diventare definitivo. Lo Zecchino è stato il nonno degli odierni talent destinati ai bambini, ai divetti e divette cui è stato amputato un pezzo d’infanzia.

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