CHE COSA HANNO SCRITTO
«Non sono la mia gente, sono semplicemente persone che hanno deciso di manifestare contro la corruzione» scrive Navalny sul suo seguitissimo blog. Ma per il Washington Post, «le proteste di massa in Russia» sono una sua vittoria. «Però non lo saprai mai se segui i media di Stato» gli fa eco The Moscow Times. The Guardian invece allarga il campo: «La marea si sta trasformando e si fa sentire per le strade delle capitali del mondo». Alle manifestazioni russe il quotidiano britannico associa quelle a Minsk «contro le tasse punitive sui disoccupati», quelle in Romania contro «una legge che perdonava i funzionari corrotti», «tre importanti proteste in Gran Bretagna» e quelle contro l’abrogazione dell’Obamacare negli Usa.
The Guardian presenta Carrie Lam come «l’unica scelta possibile per Pechino»: autoritaria e determinata a stroncare sul nascere ogni tipo di «iniziativa democratica». Lo confermano i nove avvisi di garanzia consegnati 24 ore dopo la sua nomina ad attivisti coinvolti nelle manifestazioni del 2014. «Il governo uscente parla di coincidenza» scrive la Bbc, ma è chiaro che la misura serve a far capire a tutti che a Hong Kong non c’è più spazio per esperimenti democratici. Pessima notizia per gli indipendentisti, commenta il New York Times, ricordando come, con il senno di poi, sarebbe stato meglio accettare la proposta fatta proprio da Lam nel 2014: elezioni a suffragio universale per scegliere un leader tra una rosa preselezionata da Pechino.
«La mancanza di investimenti in Pdvsa ( la compagnia petrolifera venezuelana, ndr), unita alla sostituzione nella stessa compagnia di tecnici qualificati con altri, incapaci ma fedeli al partito, ha costretto il Venezuela a importare benzina» spiega il quotidiano spagnolo El Mundo. «Ma, mancando i dollari per pagarla, ecco spiegata l’assurda scarsità di combustibile nel Paese più ricco di idrocarburi al mondo». Il network Usa Cnn fornisce i dettagli: «Novecento distributori di benzina di Caracas sono già stati costretti a chiudere perché manca la materia prima». E l’agenzia Reuters aggiunge che «ci sono addirittura 15 navi cariche di benzina ferme nel mar dei Caraibi, in attesa di essere pagate dal governo Maduro».