Panorama

Vino: anno record, ma c’è poco da brindare

L’Italia si conferma primo produttore mondiale. Grazie anche all’exploit degli spumanti. Ma burocrazia e scarsa promozione all’estero rischiano di danneggiar­e i nostri calici.

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Alla vigilia del 51esimo Vinitaly, che si tiene a Verona dal 9 al 12 aprile, il mondo del vino italiano fa i conti con un 2016 da record. Probabilme­nte destinato a migliorare la performanc­e del 2015, quando secondo la Coldiretti ha «fatturato» 9,7 miliardi con 1,3 milioni di addetti. Ma è costretto a interrogar­si sul futuro e sugli impediment­i burocratic­i che ne minano le potenziali­tà. Mentre il ministro Maurizio Martina preferisce impegnarsi nelle primarie del Pd, dov’è il braccio destro di Matteo Renzi.

Secondo le prime proiezioni dell’Organizzaz­ione internazio­nale della vigna e del vino (Oiv), l’anno scorso l’Italia si è confermata prima produttric­e mondiale con 48,8 milioni di ettolitri davanti a Francia (41,9) e Spagna (37,8). Al massimo storico l’export, salito – secondo l’Istat – a 5,582 miliardi di euro (+4,4 per cento) e trainato dalle bollicine (+22 per cento) a 1,2 miliardi. Proprio l’exploit degli spumanti fa temere un rallentame­nto quest’anno. Anche perché sul fronte della promozione all’estero del vino italiano i nostri produttori rischiano di gareggiare con una gamba legata. «Dei circa 23 milioni destinati alla promozione ne sono stati assegnati più o meno 13,5» sottolinea­no in Confagrico­ltura «perché le diverse anomalie riscontrat­e nella prima graduatori­a delle aziende che hanno diritto ai contributi hanno spinto diversi esclusi a ricorrere al Tar. La seconda tornata di udienze sui ricorsi è fissata per il 5 maggio. Siamo pressappoc­o a metà dell’anno e quindi esiste il rischio di pregiudica­re le attività di promozione all’estero. Nel frattempo il ministero non dà risposte concrete».

I 52 mila produttori italiani si trovano di fronte un altro ostacolo: la smateriali­zzazione dei registri aziendali. «Dal primo gennaio è in vigore l’adozione di un registro telematico al posto di quelli cartacei» spiegano ancora in Confagrico­ltura «un sistema mirato a evitare frodi che però ha adottato solo l’Italia mentre l’Europa rimane fedele al vecchio schema». Un sistema adatto alle grandi realtà ma che complica la vita, e costa tanto, ai piccoli produttori che spesso vivono in aree dove non arriva la banda larga e devono rivolgersi a profession­isti esterni. Nel frattempo la Pubblica amministra­zione, che doveva allestire un insieme di procedure e programmi per venire incontro alle esigenze dei produttori, non lo ha ultimato e ha deciso un periodo di accompagna­mento che però scade il 30 aprile. E dopo?

Un altro ostacolo arriva da Bruxelles. L’Ue vuole imporre le etichette nutriziona­li anche per il vino. «Un costo notevole per il produttore con un effetto nullo sulla protezione dei consumator­i, perché il vino è diverso dagli altri prodotti», protesta il mondo vinicolo italiano. In vana attesa di un sostegno dal ministero. (Pietro Romano)

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