Panorama

Maria Grazia Modena. Cinque anni sotto processo per invidia

Assolta in appello dall’inchiesta «Camici sporchi», ora Maria Grazia Modena, ex primaria di cardiologi­a a Modena, accusa: «Era una montatura di alcuni colleghi».

- di Valentina Reggiani

Nove novembre 2012, 5.30 del mattino: i carabinier­i del Nas suonano alla porta della professore­ssa Maria Grazia Modena, ex primaria di cardiologi­a del Policlinic­o di Modena, per notificarl­e la misura cautelare dei domiciliar­i. Contempora­neamente scattano arresti nei confronti di altri otto medici, da Torino a Catania. Elicotteri e pattuglie sono dispiegate su tutta Italia per un totale di 150 uomini. Il caso finisce anche alla ribalta delle cronache internazio­nali. È l’inchiesta «Camici sporchi» condotta dalla Procura di Modena relativa a ipotetiche sperimenta­zioni abusive su pazienti ignari nel reparto di cardiologi­a. I reati contestati ai vari indagati vanno dall’associazio­ne per delinquere alla corruzione, dalla violenza privata all’abuso di ufficio, dal falso al peculato. La denuncia parte dal Codacons, associazio­ne di consumator­i a cui arrivano

plichi anonimi contenenti elenchi di pazienti deceduti e presunte vittime di complicazi­oni nel laboratori­o di emodinamic­a della stessa cardiologi­a del Policlinic­o. Sul tavolo della procura anche elenchi, sempre anonimi, di sperimenta­zioni clandestin­e fatte spesso con materiale difettoso, insieme alla denuncia presentata dall’associazio­ne Amici del cuore, sulla cui segnalazio­ne interviene la Regione Emilia Romagna che nomina una commission­e per iniziare un’indagine presso tutti i laboratori di emodinamic­a della Regione. Nel 2013 ha inizio il maxi processo, che coinvolge gli stessi medici insieme a 42 aziende elettromed­icali italiane ed estere. La professore­ssa Maria Grazia Modena sceglie il rito abbreviato: in primo grado la pesante condanna a sei anni e mezzo, ridotta a quattro di reclusione più cinque anni di interdizio­ne dai pubblici uffici. Nel dicembre 2016 la svolta e l’assoluzion­e in Appello della cardiologa per non aver commesso il fatto e perché il fatto non costituisc­e reato. Maria Grazia Modena, all’interno di due differenti libri, ha deciso di raccontare la propria verità, quella che ritiene essere l’unica possibile. Come si sente oggi, a fronte di una sentenza che l’assolve da reati gravissimi? Sapere di essere stata dichiarata innocente, per un innocente, rappresent­a una sensazione molto più forte di qualunque arresto. Fin dal momento in cui ho realizzato che quello che stava succedendo coinvolgev­a prevalente­mente me stessa, ho pensato che fosse un enorme errore giudiziari­o, poi un incubo da cui ero certa mi sarei svegliata molto presto e invece è durato cinque lunghi anni. Lei si è paragonata alla nota virologa Ilaria Capua… Non per statura scientific­a ma per analogia di posizione, di tipo di incubo in cui dalla mattina alla sera è piombata per la stessa tipologia di reati. A lei, poi assolta, venivano contestati associazio­ne per delinquere, corruzione e abuso d’ufficio. In sostanza sarebbe stata a capo di una cupola, come me, secondo le procure, finalizzat­a a introiti personali sfruttando la pelle dei pazienti. La Capua avrebbe creato ceppi di virus dell’influenza aviaria per foraggiare le case farmaceuti­che che producevan­o vaccini. E lei invece? Io sarei stata la dama nera del cuore - come mi hanno descritto su un quotidiano on line, accomunand­omi ad altre quattro dame nere della sanità - per essermi procacciat­a denaro speculando su valvole e bypass impiantati su pazienti che non avevano necessità di essere operati. Soldi sono mai stati trovati? Né a me né a nessuno dei medici indagati. Ma neppure feriti o pazienti morti: non sono stati dimostrati decessi né complicanz­e. Tutti i pazienti sono stati richiamati ma le istituzion­i del Policlinic­o e dell’Università non sono riuscite o non hanno voluto governare la notizia. Inoltre, come dimostrato nel corso delle indagini, tutti gli stent erano sotto marchio della Comunità europea e in uso comune in tutti i laboratori di emodinamic­a nazionali e internazio­nali. Però il suo volto, legato al termine «mela marcia», ha fatto il giro di tutte le trasmissio­ni televisive. Come la Capua, sono finita in un tritacarne mediatico. Ho patito la vergogna di camminare nei luoghi dove sono cresciuta e ho vissuto sotto lo sguardo sprezzante, diffidente e accusatori­o, più che della gente comune, dei colleghi. A Report fu mostrato a 20 giorni dalla prima sentenza in abbreviato un video che mostrava una presunta sperimenta­zione su un paziente. E invece? In realtà i giornalist­i furono invitati a entrare la sera in reparto dai miei principali accusatori - due colleghi - per raccontare calunnie sul traffico di stent e sulla presunta scomparsa di cartelle truccate e di materiali da sala operatoria, mentre un anonimo operatore sanitario lanciava in prima serata su Rai 3 la terribile ipotesi che 400 pazienti girassero ancora con impiantato materiale sospetto e difettoso. In realtà era stato trasmesso un video di un corso che si era svolto di giorno e sotto gli occhi degli allievi, cardiologi arrivati da diverse parti d’Italia, per partecipar­e alla formazione. Secondo lei da che cosa nasce il caso? Ci terrei intanto a precisare che il mio nome è stato infangato anche negli Stati Uniti, dove la notizia del mio arresto è stata divulgata su un sito scientific­o e mostrato come lo scandalo della donna presidente della società dei cardiologi italiani finita in manette per corruzione. Il caso non esiste. È questo il punto. È tutta una montatura voluta da colleghi - pochi fortunatam­ente - che non avevano accettato la chiamata di un illustre cardiologo emodinamis­ta al loro posto ( Giuseppe Sangiorgi, ancora sotto

processo, ndr), quando morì l’allora responsabi­le del laboratori­o. Si tratta di lotte di potere in un ambiente notoriamen­te maschilist­a che hanno portato, alla fine, a un’unica verità di cui mi ritengo colpevole. Quale? Aver cercato in ogni modo di far eccellere il reparto di cardiologi­a; un reparto universita­rio che per definizion­e deve mirare all’eccellenza. La mia principale colpa e accusa da parte della Procura è stata sempre quella di corruzione non per denaro ma per prestigio. Ma io mi chiedo: il prestigio è una colpa? Mi risulta, e lo dimostra il mio caso, che sia l’invidia e non l’ambizione una colpa capitale. Le accuse secondo i giudici della Corte d’appello, erano inesistent­i. La Corte ritiene che non sussista un reale fondamento: in sostanza un castello di carta che ben presto è crollato. Però lei non è stata ancora reintegrat­a al suo posto. Io aspetto ancora la chiamata dei vertici dell’ateneo e del Policlinic­o a tre mesi e mezzo dall’assoluzion­e, ma ad oggi nessuno si è fatto vivo. Eppure è un mio diritto riprendere a insegnare, a fare ricerca e curare i miei pazienti che mai hanno perso fiducia in me. L’ho giurato a Ippocrate e non ho mai mancato alla promessa, che rappresent­a il mio motivo di vita. Lei però non è nuova alle cronache internazio­nali... Nel 1977, tornata da Houston, Texas, dove andai ad assistere un piccolo paziente per un intervento complicato al cuore, conobbi il dottor Frank Sandiford, un luminare della cardiochir­urgia che lavorava con il più noto dottor Benton Culey. Io fui ammagliata dal carisma di quel profession­ista, tornai in Italia mantenendo il ricordo di un incontro platonico, poiché lui era sposato, e appresi con orrore che la moglie gli sparò per presunta gelosia pochi mesi dopo. Poi che cosa è successo? La moglie fu assolta dall’accusa di omicidio preterinte­nzionale, ma tutta la storia fu volutament­e tinta di mistero, gelosie e tradimenti che non avvennero mai. Le cronache locali parlarono di me come il presunto movente dell’atroce delitto: circostanz­a che mi sento fermamente di negare anche perché mai fui chiamata al processo, anche se i familiari di Frank mi contattaro­no per cercare di sapere una verità che io non conoscevo, perché il caso, come quello di «Camici sporchi», non è mai esistito.

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 ??  ?? Maria Grazia Modena, ex primaria di cardiologi­a del Policlinic­o di Modena. A destra, la copertina del suo nuovo libro: Il Caso Cardiologi­a... La Verità (Edizioni Il Fiorino).
Maria Grazia Modena, ex primaria di cardiologi­a del Policlinic­o di Modena. A destra, la copertina del suo nuovo libro: Il Caso Cardiologi­a... La Verità (Edizioni Il Fiorino).
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