Per un design diffuso
Il mensile mondadoriano Interni festeggia 20 anni di Fuorisalone, evento inventato dalla stessa rivista.
Due decadi a far dialogare progettisti e aziende, ma soprattutto ad aprire il mondo dell’architettura e del design al grande pubblico. L’evento del mensile mondadoriano Interni al Fuorisalone taglia il traguardo della ventesima edizione quest’anno con Material imma
terial che, secondo il format collaudato, si sviluppa in tre location: Università Statale, Orto botanico e Audi City Lab in Corso Venezia 11. «All’inizio le nostre installazioni si collocavano in punti strategici della città, luoghi d’intenso passaggio come le uscite della metropolitana» ricorda il direttore di Interni Gilda Bojardi «per creare nelle persone allerta e curiosità».
La stessa formula che aveva animato otto anni prima, nel 1990, il lancio dello stesso Fuorisalone, in pratica un’invenzione di Interni. «Non ci sarebbe stato il Salone del mobile quell’anno, a causa di
una ricalendarizzazione e così pensammo a un evento diffuso, che permettesse di continuare a parlare di progetto e a far circolare le idee». Ai tempi Milano non era la capitale del design che è oggi: «Si contendeva il primato con Colonia» dice Bojardi «mancava questo spirito internazionale che il Fuorisalone ha contribuito a creare avendo poi un impatto sulla città stessa di cui ha riscritto i confini, con la riqualificazione di quartieri misconosciuti».
Quest’anno, per la prima volta, parteciperanno gli architetti americani di ShoP e quelli dello studio Big fondato da Bjarke Ingels a Copenaghen, nomi molto alla moda nel panorama internazionale, e l’italiana Benedetta Tagliabue che ha aperto la sua attività a Barcellona. Ma sarà anche un’occasione di una grande réunion, con Alessandro Mendini, Michele De Lucchi, Massimo Iosa Ghini, Antonio Citterio e Patricia Viel, «con noi per festeggiare questi 20 anni». E se la scorsa edizione ha letteralmente acceso i riflettori, con un progetto luminoso di Ingo Maurer, sulla torre Velasca («un monumento dell’architettura anni Cinquanta che però nessuno nota, a meno che non si guardi in alto») quest’anno sarà accessibile per la prima volta al pubblico l’ex Seminario arcivescovile di Corso Venezia, sede di talk e dell’installazione
pendulum di Yuri Suzuki. «Ci è sembrata l’occasione giusta» conclude il direttore di
Interni «prima che lo spazio venga trasformato in un grande albergo». Inoltre, a volte, le opere trovano una ricollocazione, come è accaduto con Radura di Stefano Boeri, portato ad Amatrice.