Panorama

Un puffosissi­mo mondo parallelo

- di Stefania Berbenni

Agli occhi femminili, l’idea che il mago Gargamella crei Puffetta per arrecare disordine nel mondo dei puffi, proprio non va giù. Però a Peyo, nome d’arte di Pierre Culliford, tutto si perdona, anche quest’inciampo in odor di misoginia. La gratitudin­e di generazion­i di bambini, ora adulti, al creatore belga è infatti «puffosissi­ma» e ognuno sostituisc­a il termine con l’aggettivo che più lo appaga. Era il 1958 quando Peyo, seduto a tavola, chiese a un amico di passargli la saliera, ma il nome dell’oggetto getto desiderato si era inceppato da qualche parte nel cervello e allora, scherzando, usò una parolap storpiata:p «Passe-moi le… schtroumpf», «Passami «Passammi il... puffo». Fu quella la data di nascita del mondo sapido apido e leggero dei puffi, e del business da record che ne seguì. Cartoni, fumetti, film, merchandis­ing, collezioni­smo. Una puffosa macchina da guerra, a, figlia della passione collettiva per quella singolare, re, potente icona moderna, specchio giocoso degli umani comportame­nti, che ora sta per sfornare il terzo film della serie. I puffi hanno una non-lingua,non-lingu ua, comprensib­ilissima sebbenene mancante degli abituali requisiti quisiti semantici, come scrisse Umberto Eco ( sotto) nel saggio ggio

Schtroumpf und drang. Sono no buoni, solidali e molto umaniani nelle loro debolezze. Non fanno sesso, vivono in funghi, sono no invisibili agli uomini e hanno no in Gargamella il nemico giurato (il mago li vorrebbe cucinare per ottenere la pietra filosofale). Mirano al lieto fine. E lo trovano. Forse per questo piacciono tanto. Anche Puffetta ha smesso di essere la guastafest­e della comunità grazie a un intervento del Grande Puffo. Lieto fine anche per le femministe.

«La lingua puffa sarebbe incomprens­ibile se fosse tutta scritta o tutta parlata, senza riferiment­o alle immagini» (Umberto Eco)

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