Un puffosissimo mondo parallelo
Agli occhi femminili, l’idea che il mago Gargamella crei Puffetta per arrecare disordine nel mondo dei puffi, proprio non va giù. Però a Peyo, nome d’arte di Pierre Culliford, tutto si perdona, anche quest’inciampo in odor di misoginia. La gratitudine di generazioni di bambini, ora adulti, al creatore belga è infatti «puffosissima» e ognuno sostituisca il termine con l’aggettivo che più lo appaga. Era il 1958 quando Peyo, seduto a tavola, chiese a un amico di passargli la saliera, ma il nome dell’oggetto getto desiderato si era inceppato da qualche parte nel cervello e allora, scherzando, usò una parolap storpiata:p «Passe-moi le… schtroumpf», «Passami «Passammi il... puffo». Fu quella la data di nascita del mondo sapido apido e leggero dei puffi, e del business da record che ne seguì. Cartoni, fumetti, film, merchandising, collezionismo. Una puffosa macchina da guerra, a, figlia della passione collettiva per quella singolare, re, potente icona moderna, specchio giocoso degli umani comportamenti, che ora sta per sfornare il terzo film della serie. I puffi hanno una non-lingua,non-lingu ua, comprensibilissima sebbenene mancante degli abituali requisiti quisiti semantici, come scrisse Umberto Eco ( sotto) nel saggio ggio
Schtroumpf und drang. Sono no buoni, solidali e molto umaniani nelle loro debolezze. Non fanno sesso, vivono in funghi, sono no invisibili agli uomini e hanno no in Gargamella il nemico giurato (il mago li vorrebbe cucinare per ottenere la pietra filosofale). Mirano al lieto fine. E lo trovano. Forse per questo piacciono tanto. Anche Puffetta ha smesso di essere la guastafeste della comunità grazie a un intervento del Grande Puffo. Lieto fine anche per le femministe.
«La lingua puffa sarebbe incomprensibile se fosse tutta scritta o tutta parlata, senza riferimento alle immagini» (Umberto Eco)