LA CITTÀ COME UNA PIATTAFORMA SPERIMENTALE
Ne Le città invisibili di Italo Calvino, Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. «Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?» chiede Kublai Kan. «Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra» risponde Marco « ma dalla linea dell’arco che esse formano». Kublai Kan soggiunge: «Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che mi importa». E Polo risponde: «Senza pietre non c’è arco». Ecco, Torino è così, è anche così. Una città che nasconde dietro al pudore sabaudo sentimenti forti e grandi capacità di sacrificio. Non è la prima volta che Torino si reinventa, cambia aspetto e identità. Lo ha fatto quando perse il ruolo di capitale d’Italia e dovette rinunciare a un’economia basata sulla Pubblica amministrazione e sulle produzioni per gli eserciti; lo ha fatto negli anni ’80, lo ha fatto più di recente, diversificando gli investimenti. È necessario non fermarsi. Una lunghissima crisi ha messo alla prova il nostro sistema industriale, ma in certo senso ha reso più attrezzate le realtà che hanno resistito, e da cui bisogna ripartire. Proviamo a immaginare Torino come massima piattaforma sperimentale di nuove forme di lavoro e di creazione di impresa; investiamo sulla formazione, attirando le migliori intelligenze; impegniamoci nel digitale: perché non immaginare a Torino gli «Stati Generali della digitalizzazione e della tecnologia»? Abbiamo competenze, capacità di impresa, intraprendenza sufficiente, e un grande patrimonio di storia industriale da cui ripartire. * presidente di Tecnoinvestimenti