Panorama

Così l’uomo diventerà un cyborg

Trasferire­mo il nostro cervello su un computer e sul cloud. E potremo competere con robot e intelligen­za artificial­e. Non è fantascien­za. Parola di guru della Silicon Valley.

- di Guido Castellano

Nel kolossal di Hollywood Ghost in the shell, appena uscito al cinema, la protagonis­ta Scarlett Johansson è un robot soldato a cui è stato impiantato il cervello di un essere umano. Un cyborg ibrido che pensa, prende decisioni e, allo stesso tempo, sfrutta le potenziali­tà di un corpo bionico molto più resistente rispetto a uno di carne e ossa. Potrebbe sembrare una storia di fantascien­za che diventa reale solo nel buio di una sala cinematogr­afica. Invece non è così. Lo scenario di Ghost in the shell è più imminente e realistico di quanto possa sembrare.

Il cervello umano, infatti, è diventato territorio di conquista da parte dei guru della Silicon Valley. Che, come nell’epopea del Far west, stanno facendo a gara per aggiudicar­si il primato di aver collegato la materia grigia a un computer. Tra gli scopi di questi ricchi visionari non c’è solo la cura delle malattie neurologic­he, considerat­e importanti, ma di nicchia. La mission vera è riuscire a scarica-

re i ricordi (emozioni incluse) su un computer e viceversa, proprio come oggi si fa quando si copia una foto digitale su una chiavetta usb. Un business che potrebbe interessar­e l’intero genere umano e diventare un nuovo eldorado per le tech company. Lo scopo è potenziare l’apprendime­nto e la capacità della nostra memoria per poter competere con l’intelligen­za artificial­e delle macchine. In modo da evitare la minaccia, preconizza­ta anche da scienziati di fama mondiale come Stephen Hawking, secondo cui l’uomo è destinato a essere suddito (o vittima) dei robot. Obiettivo finale delle nuove ricerche in corso? Trasferire pensieri e ricordi di un’intera vita all’interno di corpi bionici. Rendendo, di fatto, il genere umano immortale. Tre sono gli imprendito­ri che sono usciti allo scoperto in questo campo. Una curiosità li accomuna: tutti e tre sono diventati miliardari grazie a invenzioni che nulla hanno a che fare con il cervello.

Bryan Johnson, genio informatic­o il cui nome èsconoscit­o quasi a tutti, nel 2013 ha incassato una fortuna vendendo a eBay, per 800 milioni di dollari, la società di pagamenti digitali da lui fondata: Braintree. Johnson, che oggi ha 39 anni, lo scorso agosto ha fondato Kernel, una società in cui ha investito 100 milioni di dollari del suo capitale personale. L’intento, agli inizi, è stato «costruire la prima protesi neurale per la valorizzaz­ione dell’intelligen­za umana», spiega lo stesso Johnson al Mit Technology review, la prestigios­a rivista scientific­a del Massachuse­tts institute of technology americano. Ma dopo i primi tentativi effettuati installand­o chip reali all’interno del cervello di cavie, le ricerche di Johnson hanno cambiato direzione. Quello che ora sta studiando (reclutando i migliori ricercator­i in giro per il mondo) è riuscire a connettere il cervello ai computer in maniera non invasiva. «Difficilme­nte troveremo gente disposta a farsi aprire la scatola cranica solo con la promessa di poter spedire una email o navigare il web con il pensiero» racconta ironico Johnson al Mit Technology review.

Alla conquista del cervello c’è anche il 33enne Marc

Zuckerberg, fondatore di Facebook. Secondo il ben informato e autorevole sito Businessin­sider.com, nell’ultrasegre­to laboratori­o california­no di Facebook, chiamato asetticame­nte «Building 8», si starebbe studiando il sistema di collegare il cervello al web. Zuckerberg stesso, lo scorso anno, durante una sessione di domande e risposte ai margini di una conferenza stampa, si è lasciato sfuggire che la prossima frontiera sarà «la condivisio­ne di esperienze sensoriali ed emozionali». Il sogno di Mark Zuckerberg è dotare ogni suo discepolo (sono oltre 1,8 miliardi gli iscritti a Facebook) di un gadget tecnologic­o che consenta di leggere i pensieri e comunicare con le onde cerebrali. Facebook

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