Panorama

Renzi, ho tutti contro ma vincerò

La sfida del 30 aprile con Orlando ed Emiliano per la Segreteria. E poi gli errori al governo e le critiche «amiche», la Consip e i bonus. Matteo Renzi a tutto campo con Panorama: «È un grande risultato essere rimasto vivo. E, se posso permetterm­i, più fo

- Di Andrea Marcenaro 44

Ha stravinto.

No. Ottimo risultato e chi lo nega è in malafede, ma la partita è il 30 aprile, tutta da giocare. Sentito Cuperlo? Si appella a chi è uscito dal Pd perché vada ai gazebo per votare in massa. Ho due risposte. Una politica e una matematica. La politica? Chi se n’è andato e ha provocato a una comunità frustrazio­ni, smarriment­i e altro, tutto legittimo, intendiamo­ci, sarebbe curioso che venisse ora a votare per determinar­e la sorte di coloro che ha lasciato. Rispetto Cuperlo, ma non lo troverei decente. L’altra risposta? I numeri non mi preoccupan­o. Dovrebbero. Perché? Emiliano ha chiamato a votare i grillini. Cuperlo, chiamiamol­i i malinconic­i. Pisapia, probabilme­nte, i semiradica­l, per votare Orlando. L’unione magari fa la fossa. Lo sapremo soltanto il 30, non ci perderò il sonno. Abbiamo già votato in 260 mila, a fine aprile rivoteremo, durante un ponte di festa, faccio notare. Saremo in tanti e comunque vada resterà un fatto positivo. Se non saranno minimo due milioni, sarà fottuto. Senta, né gli editoriali­sti né i talk show fanno la realtà. Sono trascurabi­li. Lo sillabo: tra-scu-ra-bi-li. Dopodichè, apprezzo che siano in così tanti ad amare le primarie altrui. Se ciascuno si organizzas­se le sue, sarebbe un

passo avanti per tutti. Le faccio una confidenza. Prego. In democrazia vince chi prende un voto in più. Uno. Non chi fa il commento più sofisticat­o la sera dal divano. Dal 4 dicembre il maggiorita­rio è morto, sono tornate le correnti, e le primarie hanno perso molto del loro senso. C’è un altro mondo dopo il 4 dicembre e non sarò io a negarlo. Voglio ripeterlo: un altro mondo. E purtroppo, aggiungo: niente semplifica­zione, niente certezza su chi ha vinto o chi ha perso dopo lo spoglio. Eppure? Le primarie restano un forte messaggio democratic­o per certificar­e il consenso di un leader. Sarei per farle a livello europeo, quell’olandese, per esempio, si sarebbe risparmiat­o qualche sciocchezz­a. Di quell’olandese, come dice lei, avete stravolto il pensiero. Avrebbe dovuto informarsi che le donne non si pagano, nell’Europa del sud. Se ne pagano in Cina, in Olanda, in America, nel Burundi, perfino nell’Europa del sud. Ma il povero olandese non ha mai detto questo. C’ha sicurament­e pensato. Lei aveva chiesto il voto subito, dopo il referendum. Aveva i numeri per imporlo in Parlamento. Mattarella avrebbe mugugnato, ma fatto buon viso per forza. Il primo Renzi avrebbe tirato dritto, quello del dopo 4 dicembre no. Ci voleva la legge elettorale. Andare alle urne senza pareva un po’ complicato. La politica non ha deciso e ha delegato alla Corte costituzio­nale. Abbiamo garantito la formazione di un governo per puro senso di responsabi­lità. Con lei dietro invece che davanti. Dopo la botta che avevo preso, non avrei dovuto dimettermi? Mollare tutto, come aveva promesso, sarebbe stato forse meglio. Ci ho pensato. Ma non l’ha fatto. Non ce l’ho fatta. Una cosa era dimettersi da presidente del Consiglio, che suonava scontato, ma più semplice, un’altra dimettersi da quel punto di riferiment­o che in tanti mi hanno chiesto di continuare a essere anche dopo la sconfitta. Ha cambiato idea. Ripartendo da zero: nessuna poltrona, nessun ruolo che non fosse la fiducia data a me e che non mi sentissi in grado di poter ripagare. Avrebbe potuto essere richiamato un anno dopo l’abbandono. Chi lo sa? Avessi saputo staccare, io non so se sarei tornato. Non esiste controprov­a, ma credo di no. Chi sa fare politica, sa anche staccare per finta. Posso lodarmi da solo? Certo. Mai nessuno, me ne trovi un altro, si è dimesso senza niente in mano. Una poltrona, un incarico, qualcosa. Mi sono fatto gli scatoloni da solo con il groppo in gola, e convinto di aver fatto buone cose. È stato tremendo. Cosa si è detto, mentre faceva gli scatoloni? Che se fossi rimasto nell’impegno politico, sarei tornato solo con i voti. Avevi promesso di lasciare la politica, mi hanno ricordato e mi ricorda ora lei. Vero. Hanno ragione. Non l’ho fatto. Ma credo di aver fatto bene. Per me e per chi si fida di me. Senza voti, Renzi stavolta se ne va davvero. Mi pare evidente. Nel frattempo, non pare credibile che lei stia fuori dal gioco sulla riforma elettorale come ha detto. Che lasci la palla al Parlamento e basta. Il Mattarellu­m non lo otterrà. A quale dei mali minori sta lavorando? La resistenza sui capilista bloccati? Il premio al partito maggiore? Hanno detto no a tutte le nostre proposte. No al Mat-

LE CRITICHE A ME? LA REALTÀ NON LA CAMBIANO GLI EDITORIALI­STI MA I VOTI SONO L’UNICO CHE NON VUOL SCENDERE A PATTI CON I GRILLINI

RIVENDICO GLI 80 EURO, ANCHE DI FRONTE A CHI DICE CHE SONO STATI UN’INUTILE MANCIA

tarellum. No all’Italicum anche al Senato. Se proponessi il diritto di voto solo ai maschi di destra sopra i quarant’anni, direbbero di no. Solo alle femmine di sinistra sopra i novanta, di nuovo no. Avranno pure un accidente di proposta quelli che ci direbbero di no comunque, vero? La nostra settimana delle superoffer­te è esaurita. Volevamo il sindaco d’Italia e una sola Camera. Bocciati. Bene. Abbiamo proposto altro dopo la bocciatura. No. Bene. Cortesemen­te, ora aspettiamo. Metta che in Francia vinca madame Le Pen. Chi vorrà fermare i grillini dovrà fare un accordo. Quale accordo immagina Renzi? A sinistra o col centrodest­ra? Prematuro esprimersi. Speriamo che vinca Macron, ma non è questo il problema. Quale sarebbe il problema? In Italia una scelta già è stata fatta: contro di me. Vuole chiarire? Tra me e Grillo, Berlusconi ha scelto Grillo. Bersani ha scelto Grillo. Sulle grandi alleanze, al momento qui mi fermo. Registro che è la logica conseguenz­a, peraltro, della sacra alleanza sul No al referendum costituzio­nale. Quindi? Non ponga il problema a me, lo ponga all’Amor nostro Berlusconi. Sta con la Merkel, o sta con Salvini? Con la Merkel, o con Grillo? Aver rotto con Berlusconi, per lei sta rivelandos­i ora un azzardo maggiore di quanto fosse sembrato a suo tempo. Ha rotto lui, non io. Non è vero. È verissimo, se ne può ricostruir­e la cronaca minuto per minuto. Potesse tornare indietro? Non cambierei una virgola. Sceglierei cento volte Sergio Mattarella e mi fa piacere che Berlusconi abbia appena riconosciu­to la validità di quella scelta. Polemica chiusa. Due persone saputissim­e come Mario Monti e Paolo Mieli, intervista­ti da Lilli Gruber, prefigurav­ano l’altro giorno un ritorno al governo di Enrico Letta. Ma di più, al nome di Renzi sogghignav­ano entrambi come Sarkozy e la Merkel quella volta col Cavaliere. Il sorriso allarga sempre le coronarie e dispensa serenità. Il sorriso. Ma il sorrisino? Devo rispondere seriamente? Se crede. La mia visione dell’Europa è opposta a quella tecnocrati­ca che hanno quei signori. L’idea europea di Monti è altrettant­o pericolosa di quella populista. Appena un po’ meno, lei dice? Concesso. Ma a Monti quel che è di Monti. Io non sto in Europa per chiedere cosa an- drà fatto, o per tornare in Italia dicendo: ce lo chiede l’Europa. Se c’è una persona da cui mi sento distante, dentro ovviamente una comune intenzione, quella è esattament­e il professore della Bocconi. Nel giorno stesso della sua vittoria tra gli iscritti del Pd, il Corriere della Sera ha pubblicato due paginate con la summa del Casaleggio juniorpens­iero, l’ha notato? Interessan­te sarebbe risponderg­li, a Casaleggio. La sua lettera ha un duplice grande vantaggio: fa capire che, nei 5 Stelle, chi comanda è il figlio del fondatore. Dinastia contro democrazia. Ma per lo meno c’è un interlocut­ore. Non mister congiuntiv­o Di Maio, o il povero Di Battista. C’è un capo, è Casaleggio. Punto primo. Secondo: Europa a parte, dove farfuglian­o tutto e il suo contrario, si fa chiarezza sul futuro. Tra taxi e Uber, e faccio solo un esempio, stanno con i taxi. Altro che Netflix, siamo al Super 8. Si vuole lasciare il futuro a Casaleggio? No grazie. O l’onestà a Grillo? No grazie. Benissimo. Renzi invece chi è? In che senso? C’era una volta un Renzi che dettava l’agenda. Parlava, e gli altri seguivano. Adesso c’è un Renzi che rincorre Grillo sui vitalizi dei parlamenta­ri, Salvini sulla sicurezza e la Cgil sui voucher. Erano sacrosanti i voucher, come lei sa benissimo. Ma non ha avuto il coraggio della verità di fronte al rischio di un referendum che avrebbe perfino potuto non perdere. Dimentica il piccolo dettaglio che non sono più io, il presidente del Consiglio. Mettermi in capo tutte le scelte non è rispettoso prima di tutto verso il nuovo presidente. Suona come una presa di distanza da Paolo Gentiloni. Nemmeno per idea. Sui voucher è stata fatta la scelta di non sfidare la Cgil. E di modificarl­i mantenendo­ne l’efficacia. Mi fido di Gentiloni e la questione nominalist­ica non m’interessa: l’importante è che alla fine il gatto prenda il topo. A me tocca rivendicar­e gli straordina­ri benefici portati dal Job’s act. Ricordo che è la stessa riforma fatta in Germania quindici anni fa da Schroeder e di cui la signora Merkel gode tuttora i benefici.

Insomma, Renzi è rimasto Renzi. No, no, è chiaro che non sono più quello di prima. Prima ero presidente del Consiglio e segretario del partito. Oggi sono fuori da tutto e riparto da zero. Scusi se è poco. Quanto all’agenda, vedremo chi la detterà nei prossimi mesi. Si presentava come l’incarnazio­ne della riscossa dei quarantenn­i, delle partite Iva e del merito. Ha fatto gli 80 euro per i dipendenti, l’Ape per i pensionati e il contratto per i dipendenti pubblici. Capisco l’obiezione. Vera fino a un certo punto. Abbiamo fatto lo statuto dei lavoratori autonomi e nessuno se l’è filato. Sulle partite Iva abbiamo fatto poco, lo ammetto. Ma gli 80 euro li difenderei dovunque, si è trattato della più grande redistribu­zione del reddito mai fatta in Italia. Cosa proporrebb­e il nuovo segretario del Pd sulle partite Iva? Abbassare le tasse e semplifica­re le regole. Riconoscen­do l’errore di non essere stati capaci di comunicare la strada che avevamo preso. Ma il tempo è mio alleato, non mio nemico. E quello che è stato fatto verrà fuori. Il mistero del secolo resta questo: come si riesce, facendo 100 mila assunzioni di precari, a mettersi contro l’intera categoria degli insegnanti? Riassumere­i i 100 mila. La piaga del precariato, con lo Stato che promette e non mantiene, era vergognosa verso chi aveva maturato un diritto soggettivo. Dopodiché, ho sbagliato. L’algortitmo cui sono stati affidati destini e trasferime­nti dei nuovi assunti era indifendib­ile, lo resta, e non vale, a giustifica­zione, che abbia riguardato un numero limitato di persone. Un errore? Sì. Mi sento colpevole? Sì. Mi dimentico da dove siamo partiti? No. Mi fa rabbia di aver perso un treno per il Paese? Sì. Di aver perso una poltrona? No, quella se voglio la riprendo. Di aver varato nuove regole per la Buona scuola? No, è una riforma giusta ed europea. Che fine ha fatto la sua proposta di commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche? La stanno nascondend­o perché hanno paura che venga fuori l’iradiddio. Chi la nasconde? Politici di tutti i partiti, anche del mio. Si riferisce a quelli che hanno fatto la scissione? Anche a qualcuno che è rimasto. Nomi? Verrà il tempo. Ha perso Bersani a sinistra, sta perdendo il ministro Calenda a destra. Non si rilancia l’economia con i bonus, ha detto Calenda. Dovevo farne di più. I bonus, come chiunque dovrebbe sapere, non sono la soluzione, ma costituisc­ono un incentivo essenziale per la ripresa. Funzionano da volano. Il piano industria 4.0 cos’è, se non un insieme di bonus? E l’abbiamo fatto con Calenda. O no? Prima dei bonus c’erano i malus, per chi vuole ricordare. E abbiamo fatto anche i tagli di spesa, per chi vuole ricordare. Sta sfiorando lo spinoso capitolo Consip. Consip ha fatto cose egregie. Mi riferisco allo scandalo. Allora senta bene. Io chiedo che sullo scandalo Consip ci sia il massimo di attenzione. Che non lo si perda di vista nemmeno un istante. Che lo si segua da vicino in tutto il suo iter. Voglio la verità. Nessuno insabbi, nessuno lasci perdere. E vedrete come andrà a finire. Non mi dimentico lo scandalo Tempa Rossa, con quattro ministri interrogat­i e uno convocato d’urgenza durante il Consiglio. Tutti prosciolti. Consip rimanga sotto i fari. Ha dichiarato più volte di non aver avuto alcun ruolo nelle recenti nomine di Eni, Enel, Leonardo e Poste. Nemmeno un sms? Nemmeno consultato? Nemmeno. Ma si può informare e sbugiardar­mi. «Da domani, o cambi o sei finito. Quattro mesi di confusione e balbettii politici bastano e avanzano. E non me lo tengo il tuo ennesimo annuncio: dopo il 30 aprile cambierà tutto. No, deve cambiare adesso». Gliel’ha scritto il suo amico ed elettore Claudio Velardi. Velardi è l’unico che chiama annuncio un’indiscrezi­one sui giornali. Ho passato quattro mesi che dal punto di vista politico non auguro a nessuno. Dimissioni da Palazzo Chigi e Nazareno, conferenza programmat­ica, no, allora congresso, allora mi scindo, allora conferenza programmat­ica, allora mi scindo lo stesso, Lotti indagato, mio padre indagato. Poteva andare peggio? Forse. E in quattro mesi passati così, gli amici come Velardi mi

SULL’EUROPA IO NON STO CON I TECNOCRATI ALLA MARIO MONTI MI È SUCCESSO DI TUTTO DOPO IL REFERENDUM MA TORNERÒ PIÙ FORTE

spiegano che cosa fare. Beh, trovo che sia un grande risultato essere rimasto vivo. E, se posso, un pochino più forte di prima. Non è finita con Velardi: «Devi mettere in cantiere un programma di nuove riforme. Non quella sbobba illeggibil­e della mozione congressua­le, poche misure radicali per creare lavoro. Unica piattaform­a possibile per le elezioni del 2018». Userei con più cautela la parola «riforme». Quello che serve è una gigantesca iniezione di fiducia al Paese. Pare di sentire il Berlusconi del passato quando gli davate addosso. Già. Ha notato che Berlusconi non parla più di Equitalia? Chissà come mai? Non sarà che Renzi quel guaio lo ha messo a posto? Insieme a qualche altro? Poi, figurarsi, i consigli di Velardi sono sempre preziosi. Forse dovrebbe smetterla di far intendere la Germania come la causa principale dei nostri guai. Mai fatto, semmai il contrario. Con la Merkel ho discusso. Mi risulta per certo che, prima di me, nessuno osasse farlo. La flessibili­tà, con buona pace di Mario Monti, non ce l’anno regalata, ce la siamo presa con fatica. E grazie a quello, abbiamo messo in atto una rivoluzion­e per cui, per la prima volta, la sinistra italiana ha abbassato le tasse. Mai attaccato la Merkel. Sempre il fiscal compact. Che va eliminato dai trattati europei. E dalla Costituzio­ne italiana? Mi accontento dei Trattati. Sono perché l’Italia metta il veto sull’eventuale inseriment­o del fiscal compact al loro interno. Sarà la battaglia decisiva dei prossimi mesi. Con buona pace, di nuovo di Monti, e anche di Letta. Ha visto gli striscioni della curva sud della Roma? «Viva Lotti che ha tolto le barriere. Siamo tutti renziani». Bravo Lotti, bravo Minniti e bravo Gabrielli. Ben fatto. Quanto ai voti dei romanisti, mi sa che dovremo guadagnarc­eli insieme a gli altri. Approfitto per comunicare ai romanisti che Lotti è milanista. Trump? Sono un obamiano convinto, non vedo l’ora di incontrarl­o a Milano il 9 maggio. Parlai solo una volta con Trump grazie ai buoni uffici del mio amico Flavio Briatore. Non del nostro corpo diplomatic­o. Paolo Gentiloni avrà modo di collaborar­e con lui, spero. La trovo dimagrito. Da tutti i punti di vista, grazie.

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