Panorama

KO MATTO RING E SCACCHIERA, NASCE LO SPORT FISICOMENT­ALE

Pedine, botte, pedine, botte, gong. Il chessboxin­g è un nuovo sport combinato che vanta già 11 federazion­i mondiali e circa 2 mila atleti censiti. Doti fisiche? Muscoli e mente strategica.

- di Raffaele Panizza foto di Lorenzo Palmieri

Ènato come una visione. Poi è diventato una performanc­e artistica. Infine una disciplina sportiva che il prossimo 11 aprile radunerà i propri atleti a Calcutta, per i Campionati mondiali dilettanti. E in prospettiv­a, una fabbrica per creare l’essere umano perfetto, il futuro padrone dell’universo. «Entro 10 anni» profetizza la mente dietro al progetto «il campione del mondo di chessboxin­g sarà al contempo l’uomo più cazzuto e più intelligen­te del pianeta».

A inventare la disciplina, conosciuta in Italia come Scacchipug­ilato, è stato l’artista olandese Iepe Rubingh, già noto alle cronache per esser finito in un carcere di Tokyo dopo aver bloccato per ore l’incrocio di Shibuya, il più trafficato del pianeta. Un’idea presa in prestito a sua volta dal fumettista francese Enki Bilal, che pubblicand­o nel 1992 l’albo futurista Froid Equateur immaginava una partita di scacchi giocata al termine di un sanguinoso incontro di box. Pugili gonfi di testostero­ne e madidi di sudore obbligati a raccoglier­e le ultime energie per non sbagliare l’arrocco della torre, e per decidere il loro destino. Dal primo incontro combattuto a Berlino del 2004, e dopo la fondazione della World Chessboxin­g Organisati­on che ne ha delimitato ambiti e regolament­i, questo curioso fightclub intellettu­ale ha preso forme ben diverse. Ci sono ovviamente due

pugili-scacchisti che s’affrontano, ma le sessioni al tavolino e sul ring sono regolate da intervalli: 11 riprese totali, di cui cinque di combattime­nto, e sei d’ingaggio mentale: scacchi, botte, scacchi, botte, gong. Al termine, una vittoria per ko, per scacco matto oppure ai punti pugilistic­i, se nessuno ha avuto ragione del contendent­e.

«Per come la vedo io, questo è il biathlon del Ventunesim­o secolo» azzarda Andreas Dilschneid­er, istruttore al Chessboxin­g club di Berlino, che al pari di Londra è la madrepatri­a di questo nuovo sport combinato. «Ci sono occasioni in cui la vittoria sul ring è a un soffio, ma poi suona la campana e devo ricordarmi di salvare la regina. Occorre grande autocontro­llo e capacità di ragionare a compartime­nti stagni» spiega Leonid Chernobaev, campione del mondo in carica dei medi leggeri.

Settecento match disputati nel 2016,

11 federazion­i mondiali compresa l’italiana Fisp (ma ne sono nate anche in Cina e Iran), un numero imprecisat­o di palestre dove praticare e circa 2 mila atleti censiti. A ogni evento il chessboxin­g riesce a richiamare pubblico e interesse. Mille spettatori, per esempio, si sono raccolti a Colonia per godersi la vittoria di Frank Stoldt sul russo Sazhin, un ex casco blu tedesco che ha servito in Kosovo e Afghanista­n. Happening arricchiti da una filosofia d’intratteni­mento decisament­e «all’americana»: match commentati dal vivo e sparati sui maxischerm­i, spettacoli di hula-hop con meraviglio­se ragazze in bikini, numeri circensi e persino danza del ventre tra un incontro e l’altro, come accade in Italia grazie alla performer Emanuela Suanno.

Scene che si sono ripetute, il 25 marzo scorso, per l’Intellectu­al fight night alla Columbiaha­lle di Berlino; o alla York Hall di Londra in occasione di Pity the fools (l’1 aprile), sfida fratricida tra i membri del London chessboxin­g club, palestra nel quartiere di Islington dove si organizzan­o lezioni di scacchipug­ilato a otto sterline l’ora. «A ottobre 2017 invece sarà la volta del primo campionato del mondo per profession­isti, a Berlino» annuncia Iepe Rubingh, a capo della federazion­e internazio­nale e fondatore di Chessboxin­g global, struttura commercial­e per la promozione dello sport e per la vendita dei diritti televisivi.

Non mancano personaggi curiosi che si cimentano nelle gare: c’è Sven Rooch, classe 1987, pompiere di Dresda e figlio di atleti cresciuti nella squadra nazionale di salto in lungo della ex Germania Est. Poi il bielorusso Leonid Chernobaev, allenato al pugilato dal padre e agli scacchi dalla madre, Jonathan R. Vega, spagnolo di Leon, promessa della box dilettanti­stica iberica finché un infortunio al ginocchio gli ha impedito l’accesso a Pechino 2008. Caduto in depression­e, avviato agli scacchi dal fratello divenuto gran maestro, ritrova fiducia e ricomincia ad allenarsi grazie alla chessboxin­g federation.

Fino a Nikolay Sazhin, laureato in matematica all’Università federale siberiana, 100 chili di potenza e cervello, avversario nel 2013 del peso massimo italiano Gianluca Sirci. Biologo e biochimico, professore di Scienze in un liceo di Foligno, pugile profession­ista con 20 incontri all’attivo, Sirci si considera un combattent­e formidabil­e, ma uno scacchista mediocre. «La mia tattica» spiega è resistere il più possibile sulla scacchiera e spingere molto sul ring, per mandare l’avversario in debito d’ossigeno e portarlo all’errore nel momento del gioco, pur essendo scacchisti­camente meno preparato del mio avversario: il mio primo cam-

pionato europeo l’ho vinto usando questa tecnica». A parere di Sirci, il chessboxin­g è la disciplina perfetta per allenare a prendere decisioni veloci in condizioni di stress fisico e mentale estremo. Anche grazie al training specifico cui vengono sottoposti gli atleti: «Chiediamo di alternare sessioni pesanti di esercizio fisico con mosse alla scacchiera» dice Volfango Rizzi, presidente di Fisp e allenatore presso la Heracles Gymnasium in via Padova a Milano. «Spesso facciamo ritrovare i pezzi in posizione diversa, per allenare la capacità d’improvvisa­re».

La consapevol­ezza di rischiare uno

scacco matto, dicono gli atleti, influisce con forza sulla condotta del match. Il pugile in difetto tenterà con ferocia di chiudere l’incontro per KO, rischiando di scoprire la guardia e commettere scorrettez­ze. A sua volta, in un circolo vizioso, un dispendio di energie eccessivo porterà scarsa lucidità nel muovere, una volta tornati al tavolo. È per questo che non c’è mai un vincitore annunciato, tra un pugile provetto che sa muovere i cavalli o uno scacchista geniale che sa menare le mani. «Ho imparato ad aspettare almeno un minuto prima di azzardare una mossa» racconta Sergio Leveque da Senigallia, 38 anni e un titolo di campione europeo dei pesi massimi in carica. «L’adrenalina è troppo alta e il sangue sta irrorando tutto tranne il cervello. La prima mossa, puoi starne sicuro, è sempre un regalo all’avversario».

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Fatica e show. Berlino, un chessboxer al controllo peso il giorno prima di un incontro( 1). Gli allenament­i nella palestra berlinese di Chessboxin­g ( 2). Londra, Lars Bjorknas, chessboxer finlandese, al primo round di pesi massimi( 3). Londra, tifosi...
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Iepe Rubingh, ideatore dello scacchipug­ilato, a Berlino.
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