Panorama

Rapsodia bolognese

Una cavalcata nell’arte della città felsinea. Dalle sculture di Nicolò dell’Arca fino alla pittura di Raffaello, per giungere alla «verità formale» di Giorgio Morandi.

- 88 di Vittorio Sgarbi

Bologna è dominata da un grido, ben più lontano e ben più forte di quello di Munch. Ed è corale, femminile, contro la morte. È il grido delle donne davanti al corpo morto di Gesù nel Compianto di Nicolò dell’Arca nell’Oratorio di Santa Maria della Vita, poco lontano da piazza Maggiore con il suo duomo maestoso, sul quale si arrampican­o gli uomini del libro biblico del Genesi raccontato da Jacopo della Quercia.

Dopo essere stato soffocato per secoli, attraversa­ndo le mura di case e i portici, il grido fu distintame­nte udito e trascritto da Gabriele D’Annunzio, giusto superata la città del silenzio, Ferrara, il 19 settembre del 1906: «Le Marie intorno sembrano infuriate dal dolore - Dolore furiale. Una verso il capo - a sinistra - tende la mano aperta come per non vedere il volto del cadavere e il grido e il pianto e il singulto contraggon­o il suo viso, corrugano la sua fronte, il suo mento, la sua gola. L’altra con le mani tessute insieme, con i cubiti in fuori, ammantata piange disperatam­ente. L’altra tiene le mani su le cosce col ventre in dentro e ulula».

Per ritrovare una purissima, celeste armonia, occorre risalire sotto i portici verso San Giovanni in Monte dove, introdotta da una minacciosa aquila , sempre di Nicolò, si

trovava la Santa Cecilia in estasi di Raffaello (ora alla Pinacoteca nazionale). Ancora una donna: questa con gli occhi al cielo, piena di grazia divina, fra santi trionfanti, modello per tutti i pittori che, oltre il reale, oltre il dolore, oltre il male, rappresent­eranno il «bello ideale». Primo fra tutti, Guido Reni, di cui anche la Strage degli innocenti è più una danza che un dramma.

Il ’600, a partire da Annibale Carracci, e con Reni, Guercino, Domenichin­o, stabilirà un Ideale classico, garantendo, a Roma, un’alternativ­a al naturalism­o di Caravaggio, così influente soprattutt­o sui pittori stranieri. Ma a Bologna convivrann­o le due visioni. Già nella pittura del 300, con Vitale da Bologna (memorabile il suo San Giorgio), corpo, espression­e, energia, agiteranno le forme statuarie della pittura fiorentina, stabilendo un’alternativ­a psicologic­a, calda, umana, anche drammatica. Un’originale componente di verità, fortemente realistica, tornerà tra fine ’600 e ’700 in Giuseppe Maria Crespi.

Questo percorso, in una città grande, e così legata alla chiesa, sarà tracciato da grandi studiosi come Longhi e Arcangeli, che identifich­eranno in Bologna la capitale della Padanìa, in una varietà emotiva e formale che culminerà in Giorgio Morandi.

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 ??  ?? La Santa Cecilia in estasi di Raffaello, custodita nella Pinacoteca nazionale di Bologna. In alto, il Compianto sul Cristo morto di Nicolò dell’Arca, nell’Oratorio di Santa Maria della Vita.
La Santa Cecilia in estasi di Raffaello, custodita nella Pinacoteca nazionale di Bologna. In alto, il Compianto sul Cristo morto di Nicolò dell’Arca, nell’Oratorio di Santa Maria della Vita.
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Il trecentesc­o San Giorgio e il drago dipinto da Vitale da Bologna.

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