CHE COSA HANNO SCRITTO
Il quotidiano filo governativo Yeni Safak che, lo scorso 13 aprile, invitava a votare «Sì» al referendum, ha stilato una vera e propria (nonché preoccupante) lista di quelli che sarebbero i nemici del presidente turco. Nell’articolo scritto dall’editorialista Hayrettin Karaman viene spiegato che a votare «No» sarebbero le persone «non religiose», quelle che «vogliono sminuire la vita confessionale della Nazione», quelle contrarie alle «scuole islamiche» e tutti quelli che minano «i diritti umani e le libertà del popolo». Hurriyet, uno dei maggiori giornali di opposizione, ha invece esortato i 24 milioni di turchi che hanno votato contro la riforma presidenziale a battersi per «una Turchia democratica».
«Lo Stato ebraico ha dichiarato Gerusalemme sua capitale nel 1950, ma la Russia è la prima nazione a riconoscerla come tale» riporta il Jerusalem Post, secondo cui Mosca intende spostare a breve l’ambasciata a Gerusalemme Ovest. The Jewish Chronicle, il più antico quotidiano israeliano, precisa: «Il governo russo intende riconoscere Gerusalemme Ovest subito, piuttosto che aspettare fino a quando Gerusalemme Est diventi la capitale di un futuro Stato palestinese». The Hill, quotidiano Usa, spiega la posizione russa: «Mosca ha ribadito il suo “appoggio alla soluzione dei due Stati”, pur riconoscendo che Gerusalemme Ovest dovrebbe essere capitale di Israele e Gerusalemme Ovest capitale di un futuro Stato palestinese».
Il quotidiano O Estado de Sao Paulo dà risalto alle denunce sessuali contro i peacekeepers verde-oro (come quella «della sedicenne Janila Jean, stuprata pistola alla tempia nella residenza dei soldati brasiliani e oggi sotto protezione»). Il quotidiano sottolinea come «l’Onu insista a dire che punire i Caschi blu coinvolti negli stupri non è sua responsabilità, bensì degli Stati membri cui appartengono i militari coinvolti». Per il Los Angeles Times è inquietante che «dopo la morte di 9.100 haitiani a causa del colera portato sull’isola dai Caschi blu nepalesi (la malattia non esisteva sull’isola da oltre un secolo) sia di nuovo finita sul banco degli imputati Minustah, la missione di pace arrivata nel 2004 a Port-au-Prince».