Kabul e lo strano caso dei militari suicidi
Mezzi con false blindature. Giri di mazzette. E due ufficiali che si tolgono la vita. Parla il procuratore militare De Paolis.
Due suicidi, o presunti tali. Truffa sulla blindatura dei mezzi. Documenti spariti. Soldi (forse) intascati da ufficiali corrotti. L’inchiesta sulle macchine meno blindate di quanto previsto, che a Kabul trasportavano alti ufficiali, funzionari governativi, giornalisti e politici italiani in visita registra, un secondo inaspettato suicidio.
Il 20 aprile si svolge a Roma l’udienza preliminare nei confronti di sei ufficiali accusati dal procuratore militare Marco De Paolis di truffa aggravata. Non può presentarsi il colonnello Antonio Muscogiuri, trovato impiccato la mattina del 6 aprile in un sottotetto del Comando truppe alpine di Bolzano. Due giorni prima gli era stato notificato il rinvio a giudizio. L’inchiesta ha preso il via da un altro strano suicidio, datato 25 luglio del 2010: quello del capitano Marco Callegaro, che lavorava nell’ufficio amministrativo a Kabul del contingente comandato da Muscogiuri. I genitori sono convinti che Callegaro non si sia tolto la vita. «Rivisto alcune cose, presa coscienza», aveva scritto sul suo diario il 10 luglio, due settimane prima di venire trovato con un proiettile in testa. Dalle indagini sulla sua morte è risultato che i militari italiani pagavano la blindatura delle macchine noleggiate da una società afghana: in realtà, la corazza era di peso molto inferiore. «Stiamo investigando a fondo sul secondo presunto suicidio. Siamo di fronte a qualcosa di strano» spiega a Panorama il procuratore De Paolis. E un commilitone del colonello Muscogiuri afferma: «Era una persona perbene travolta da una pressione troppo grande e lasciato solo». Anche in questo caso la famiglia non sospettava nulla.
Il procuratore militare sottolinea che «ora va a giudizio parte dell’inchiesta, che riguarda tre mezzi, ma il volume d’affari sul noleggio di queste macchine in Afghanistan è stato di 6 milioni e 300 mila euro. Abbiamo sequestrato 4 container di documenti, anche se quelli sui collaudi della blindatura degli altri 80 mezzi affittati sono spariti. E su questo continuiamo ad indagare».
Secondo l’accusa i militari coinvolti avrebbero preso per buone le certificazioni fasulle presentate dal noleggiatore. E nelle commissioni di collaudo ci si sarebbe stato personale privo di competenza tecnica per dichiarare affidabili macchine meno sicure ed intascare mazzette. Non solo: sul titolare del noleggio, Mohammed Bafaiz, circolano informazioni sulla sua vicinanza ai terroristi. L’ipotesi peggiore è che i 35 mila euro pagati in più per le tre macchine non blindate adeguatamente potrebbero essere un «pizzo» per evitare attentati. Insomma, la prima parte dell’inchiesta riguarderebbe soltanto la punta di un iceberg ancora tutto da far emergere. (Fausto Biloslavo)