Ve lo dico da resuscitato: Dio è cinefilo
Oggi è uno degli attori più pagati al mondo. Pazzesco, se si pensa al suo passato da ragazzo borderline: senza interventi divini, dice, sarebbe facilmente finito in galera o sottoterra. E invece eccolo qui, arrivato alla quarta vita e al 41esimo film: Bos
John Lennon l’ha detto molto poeticamente: «La vita è quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri programmi». E se mai la vita di Mark Wahlberg (46 anni a giugno), dovesse diventare un film, ci saranno almeno questi quattro momenti fondamentali, raccontati con la tecnica che il cinema chiama dissolvenza, per sottolineare il passaggio del tempo.
1988. Il sedicenne Mark aggredisce due vietnamiti (uno dei quali perde un occhio), e viene condannato a due anni ma, alla fine, in prigione rimane solo 45 giorni.
1990. Con lo pseudonimo Marky Mark (and the Funky Bunch) diventa un cantante rap e porta la canzone Good
vibrations al disco di platino. 1992. Fotografato da Herb Ritts, insieme a Kate Moss, mostra i suoi super addominali come modello della nuova collezione di intimo di Calvin Klein. 1997. Diretto da Martin Scorsese in
The departed - Il bene e il male, ottiene la sua prima nomination all’Oscar, come miglior attore non protagonista. Adesso torniamo in diretta, all’uomo che visse «quattro volte». Almeno… Il suo score è da record: 41 film in 23 anni, per un incasso di 5,2 miliardi di dollari, decimo attore più pagato al mondo secondo la rivista economica Forbes. E questa estate è attesa quella miniera d’oro che è Transfor
mers: The last knight, di cui è protagonista. Wahlberg non solo è anche produttore (nominato all’ oscar per
The Fighter), ma ha trovato il tempo di trasformarsi in businessman: ha lanciato ogni tipo di prodotti dall’acqua vitaminizzata, ai supplementi nutritivi, alla linea di abbigliamento Indian per bikers, alla catena di fast food Wahlburgers, su cui è basato un reality show di famiglia sul web, con i suoi fratelli e sua madre. È sposato con la modella Rhea Durham, da cui ha avuto quattro figli: Ella Rae, 13 anni, Michael, 11, Joseph, 8, Margaret Grace, 7. In questi giorni è nelle sale con il suo ultimo film,
Boston - Caccia all’uomo, che ricostruisce il drammatico giorno del 15 aprile
2013, quando due bombe seminarono la morte fra gli spettatori della maratona e la città finì in stato d'assedio finché non furono identificati i colpevoli, due fratelli di origine cecena. Resta a tutt'oggi il più grosso attentato in America dopo l'11 settembre.
È vero che all'inizio non voleva fare il protagonista in questo film?
Sì, mi sembrava troppo presto. Temevo che qualcuno pensasse che sfruttavo il dolore della mia città. Ma hanno continuato a offrirmi nuove versioni della storia e ho capito che prima o poi l'avrebbero fatto anche senza di me. Meglio perciò esserci, sia come attore che come produttore, e controllare il prodotto. Il regista era Peter Berg, una garanzia, con cui avevo appena girato un'altra tragica storia vera, Deepwater
Horizon, sull'esplosione nel 2010 dell'omonima piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico.
Cosa rappresenta per lei Boston?
Per me è la città operaia, non quella letteraria e accademica. Non poteva essere altrimenti: sono cresciuto in un quartiere popolare e tosto. Ho abbandonato la scuola a 13 anni, e il diploma l'ho preso online 10 anni fa. C'è anche la Boston «high class» ovviamente. Ma nel momento del bisogno, dopo l'attentato, eravamo tutti uniti, senza distinzioni. Da bostoniano ne sono orgoglioso.
Anche Ben e Casey Affleck sono di Boston: c'è rivalità, sia pure amichevole, su chi ne sia il miglior testimonial?
Ma no, perché veniamo da ambienti completamente diversi. Però tifiamo per le stesse squadre, Celtic di basket, Red Sox di baseball e Patriots di football. Che, tra l'altro, hanno appena vinto il Superbowl.
Come riesce a essere un artista e un businessman?
Lavorando il doppio degli altri. Mai avuto paura di sporcarmi le mani. Sono cresciuto per strada. Da ragazzo avrei potuto vendere qualsiasi cosa.
Qual è la sua relazione col denaro?
Mi piace guadagnarlo meritandomelo. Concedo il mio nome solo a prodotti che mi rappresentano. Non aiuterei mai a vendere alcool, sigarette e nemmeno caffè.
C'è un sogno ancora irrealizzato?
Creare il mio Studio cinematografico, o almeno comportarmi come se ne avessi uno. Scegliere i contenuti, scoprire giovani di talento, e dar loro una chance.
Cos'hanno di speciale i suoi hamburger: i Wahlburgers?
Odori e sapori di casa: nove figli cresciuti a barbecue. E profumano dell'amore di mia mamma. E vale anche per le sue leggendarie lasagne.
Aveva un idolo quando ha cominciato a fare l'attore?
Mai studiato recitazione, ho imparato vedendo i classici di James Cagney, Steve McQueen, Robert Ryan, John Garfield.
Tutti duri….
Tipi come mio padre, un incrocio fra Charles Bronson e Edward G.Robinson.
Qual è la morale del suo successo?
Per quanti errori uno faccia, c'è sempre la possibilità di una redenzione. Ma bisogna voler fermamente cambiare, perché nessuno potrà farlo per te. So di essere stato fortunato, molti dei miei amici sono morti o stanno marcendo in carcere. Per me Dio ha scelto diversamente. A volte penso che sia un cinefilo.