La prossima squadra di Matteo
Personaggi popolari. Molti sindaci. Pochi riciclati. E un sogno: portare Emma Bonino nel partito. Matteo già disegna il futuro del Pd dopo le primarie...
L’Europa che conta. L’establishment italiano. Beppe Grillo, il centrodestra, e persino il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. L’ex premier Matteo Renzi ha contro tutti o quasi. Ma è così certo di riconquistare la segreteria del Partito democratico che, per cercare di invertire la rotta, già pianifica la strategia post primarie del 30 aprile.
Nella primissima fase la regola sarà quella di dissimulare due intenzioni. La prima riguarda le sorti dell’esecutivo di Paolo Gentiloni. L’ex premier punterà diritto alle elezioni poiché il tempo gli è nemico: la legge di bilancio dell’autunno 2017 si annuncia lacrime e sangue, quindi impopolare. Tuttavia Renzi fingerà di non volere le urne a settembre. Perché? Meglio non esporsi su un obiettivo difficilmente raggiungibile. Il sentiero è infatti strettissimo: per poter votare a settembre bisognerebbe aprire la crisi di governo già a maggio, trovando rapidamente il consenso del Parlamento. Ma Renzi ha anche bisogno di accontentare il capo dello Stato, Sergio Mattarella, che chiede di armonizzare le leggi elettorali di Camera e Senato, al momento differenti. Proprio su questo punto scatterà la seconda dissimulazione. Il (fu) Rottamatore tenterà di far credere che si disinteressa della faccenda, mentre i suoi ambasciatori già da tempo cercano disperatamente (e sotterraneamente) l’accordo con una qualsiasi forza di opposizione.
Dentro questo contesto così complesso, l’unica certezza è che Renzi cambierà radicalmente la struttura del Pd, finora dimostratasi un inutile ammennicolo del governo. «Stavolta non ripeterò gli errori del passato» ripete continuamente Matteo agli amici più stretti «devo superare l’immagine dell’uomo solo al comando». Proprio per questo, rivoluzionerà la segreteria nazionale, che diventerà una sorta di governo-ombra per l’immediato e costituirà una squadra potenziale di ministri per il futuro; segreteria nella quale, stando alle intenzioni, entrerà più di una testa ritenuta dall’opinione pubblica pensante e indipendente. Per cominciare, pare scontato che vicesegretario vicario di Renzi diventi il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. Coordinatore sarà Lorenzo Guerini, che potrebbe anche rimanere come secondo vicesegretario; l’altra numero due ora in carica, Debora Serracchiani, sembra godere di minore appeal verso Matteo; è probabile che, per salvare la forma, le venga concesso un posto in segreteria. Matteo Richetti,
attuale portavoce della «mozione Renzi» per il congresso, dovrebbe assumere anche il ruolo di portavoce della segreteria. Matteo Orfini, dopo che ha scelto di sostenere Renzi contro l’antico sodale Andrea Orlando, rimarrà presidente.
Graziano Delrio, titolare delle Infrastrutture, è invece l’unico ministro in carica (oltre Martina) che potrebbe entrare in segreteria, per far valere l’aurea di prestigio che lo circonda; stesso discorso vale per Teresa Bellanova, viceministra per lo Sviluppo. Per il resto, invece, Renzi punta deciso sui sindaci, sia per valorizzare l’esperienza locale, sia per bilanciare lo straripante potere territoriale dei governatori, anche del Pd. Candidati a un posto sono i primi cittadini di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà; Ercolano (Napoli), Ciro Buonajuto; Mantova, Mattia Palazzi; Bari, Antonio Decaro, quando scadrà il suo mandato da presidente dell’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani). Potrebbe sopravvivere all’epurazione l’attuale responsabile per l’Economia Filippo
Taddei, mentre al dipartimento «Programma» andrà Tommaso Nannicini. All’Organizzazione, sotto la tutela di Guerini, dovrebbe finire l’emiliano Andrea Rossi, allievo del governatore Stefano Bonaccini.
Per la Giustizia l’idea è quella di indicare Stefano Graziano, il consigliere regionale campano indagato per camorra, linciato dai giornali e dopo appena tre mesi scagionato da ogni accusa dagli stessi pm antimafia di Napoli. Per gli Esteri corre la nomina di Piero Fassino, più renziano del suo alleato di corrente, il ministro per la Cultura Dario Franceschini; l’ex sindaco di Torino bilancerebbe così eventuali (e potenziali) prese di distanza di Franceschini da Renzi. Però Fassino potrebbe finire anche agli Enti locali, dati i suoi trascorsi da presidente dell’Anci. Per gli Esteri l’ex premier infatti ha un sogno sottaciuto nel cassetto: portare Emma Bonino, già ospite alla kermesse renziana del Lingotto, dentro il recinto del Pd. Quando si dice una scelta radicale...