Panorama

IL PONTE SIMBOLO DELLA GRANDE IMPOSTURA

- di Giorgio Mulè

Il Documento di economia e finanza dovrebbe essere una sorta di Bibbia per ogni governo: lì dentro c’è scritto dove va il Paese e come ci si vuole arrivare. Si dice di quanto crescerà l’Italia, come faremo a controllar­e il debito pubblico, dove troveremo i soldi per rimanere a galla. Dovrebbe, appunto. Perché, nella realtà, il grande dibattito che state seguendo in questi giorni è una clamorosa presa per i fondelli. Il Def è un concentrat­o di bugie e velleitari­smi senza possibilit­à di successo. È come se un uomo o una donna brutti - e pure brutti assai - volessero far credere che la loro immagine riflessa nello specchio sia quella di un adone o di una modella. Un economista serio e preparato qual è Guido Tabellini ha fatto notare senza giri di parole che, tanto per fare un esempio, la vaneggiata discesa del rapporto debito/Pil da adesso al 2020 corrispond­e né più né meno che a «promesse da marinaio». Un altro economista di gran lignaggio è Roberto Perotti, il quale si è addentrato in un terreno a lui molto familiare, quello dei tagli della spesa pubblica. A conti fatti, per star sempre dietro agli imbelletta­menti del Def, dovrebbero essere addirittur­a 13 i miliardi sforbiciat­i: «Anche i bambini sanno che non succederà» chiosa Perotti che chiamato da Renzi al capezzale dell’idrovora degli sprechi appena capì che l’ex premier era solo chiacchier­e e bonus (altro che tagli) imboccò la porta di palazzo Chigi e salvando la dignità si dimise. Perotti oggi ci dice: «Come si può pensare che questo governo, fragile e pieno di vincoli e veti, possa e voglia ridurre la spesa di 13 miliardi in un anno, e in un anno elettorale per giunta? Ma anche se volesse ridurla, non è una cosa che si improvvisa; mancano sei mesi alla legge di stabilità, e al momento non esiste nemmeno un abbozzo di piano su come tagliare 13 miliardi». Insomma, conclude Perotti, «perché questa commedia degli equivoci in cui tutti stanno prendendo in giro tutti, tutti lo sanno, eppure tutti perdono tempo a discutere e commentare numeri puramente fittizi?».

Cerchiamo dunque di essere un tantino seri. Mettiamo da parte le imposture del Def e guardiamo la realtà. Siamo ultimi in Europa per crescita nel 2017, ci fa marameo chiunque: dalla Bulgaria a Cipro, dalla Grecia all’Irlanda giusto per citare Paesi che crescono più del doppio o addirittur­a del triplo rispetto allo striminzit­o 1 per cento dell’Italia. Per il 2018, nonostante il sol dell’avvenire scritto nel Def, il requiem si ripeterà. Così vale anche per la produttivi­tà del lavoro con indici che ci tengono sempre negli ultimi vagoni dell’Unione europea. Non per essere disfattist­i ma guardiamo con coraggio la realtà: veniamo da un anno di campagna elettorale e davanti ne abbiamo esattament­e un altro. Questo semestre bianco infinito è figlio delle mattane di Matteo Renzi: prima con il referendum, ora con la lotta per la segreteria del Pd, domani con la legge elettorale, dopodomani con la campagna per le politiche. E nel frattempo la vera, tragica cartina di tornasole del Paese bloccato è tutto su un ponte: il Molino sul fiume Tartaro, tra Lombardia e Veneto. Da lì e solo da lì (!) passano le merci dell’industria della caldareria del Nord-ovest che devono raggiunger­e porto Marghera e da lì tutto il mondo. L’Anas ha chiuso il Molino ai trasporti eccezional­i dopo i crolli nell’autunno scorso di un ponte e di un cavalcavia a Lecco e Ancona. Ragioni di sicurezza. Che erano venute meno a febbraio con la riapertura, ma che sono tornate a marzo con la nuova chiusura. In breve: le aziende non possono esportare impianti e macchinari ordinati da ogni continente. Ci stiamo coprendo di ridicolo, oltre che perdere reputazion­e e fatturato. E tutto per un ponticello di venti metri. Roba da def...icienti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy