Panorama

DAL SEMINARIO ALLA CONVIVENZA

La testimonia­nza di don Raffaele, 50 anni, che dopo una love story semi-ufficiale durata cinque anni ha deciso di andare a vivere insieme alla sua fidanzata.

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La testimonia­nza di don Raffaele (nome di fantasia) che risponde a tutte le domande, anche le più scomode, è importante perché fotografa al meglio la realtà della Chiesa di oggi, con le sue ipocrisie, l’omertà, l’ostinazion­e ad applicare una doppia morale. Lui è un sacerdote, ma vive anche una vita di coppia con una donna, e neppure tanto nascosta. Non la considera la sua amante, ma piuttosto la sua fidanzata ufficiale. Stanno insieme da cinque anni, si sono conosciuti a una festa, lei abita a pochi chilometri dalla sua parrocchia e lo chiama «don» anche davanti agli amici. Prima andavano in hotel, due volte a settimana, il martedì e il giovedì. Ma da alcuni mesi hanno preso in affitto una casa. Lei è dirigente d’azienda, lui la descrive come «bella, molto avvenente, una che non passa inosservat­a». L’ultimo Natale, dopo la messa lui è scappato di corsa a «casa nostra», dove le ha regalato un rosario in oro. Lei due sciarpe. Escono con gli amici, ma niente preti perché, parole sue, «sono falsi» e ti «pugnalano alle spalle». Don Raffaele ha 50 anni, è entrato in seminario all’età di 10. Ha studiato lì: ginnasio, liceo classico, facoltà di teologia. Ha scoperto la sessualità «guardando la tv, qualcosa si muoveva là sotto», ma non ne ha parlato con nessuno, aveva timore e vergogna, temeva di essere cacciato. Poi ha visto ragazzi più grandi che uscivano dallo stesso bagno, e ha cominciato a capire. Nel periodo delle scuole medie una sera «un mio superiore venne nel mio letto e mi toccò il pube. Un prete lo invitò nella sua stanza, un altro gli chiese di dormire insieme. Chi ci stava «veniva gratificat­o con attenzioni particolar­i, trattament­i da privilegia­to, cibo in più in refettorio, permessi, piccole cose, qualcuno andava anche in vacanza con i superiori». Ma tutto doveva restare nascosto, perché «chi parlava, veniva cacciato: un giorno un ragazzo a tavola disse che aveva scoperto due che facevano cose sporche, fu rispedito a casa». Anche a Raffaele successe di passare davanti alla stanza di un superiore, «la porta era socchiusa e sentivo ansimare, mi sono affacciato e ho visto la scena: un seminarist­a che penetrava un prete», ma se ne guardò bene dal parlarne con chicchessi­a. Riguardand­o indietro, oggi che è un sacerdote conosciuto e stimato non solo nella sua parrocchia, don Raffaele afferma che in seminario «il 70 per cento degli uomini facevano sesso fra di loro o con i superiori» e che all’interno le relazioni sessuali erano «assolutame­nte, totalmente promiscue: uno stava un giorno con uno e un giorno con un altro, o con più di uno». Mentre il rettore «faceva come la scimmia: non vedo, non sento, non parlo». Un seminario che lui considera «luogo di perversion­e, sicurament­e non di educazione», che finisce per creare dei «repressi», perché ti inculcano che «la donna è tentatrice, il diavolo, il male. Andare con una donna è peccato, mentre nessuno ti dice nulla se stai in intimità con un prete. Il sesso fra uomini è concesso, ammissibil­e. Mentre andare con una donna vuol dire stare dalla parte del demonio». Il suo primo contatto con l’altro sesso è in facoltà, il primo bacio e nulla più. A 25 anni viene ordinato sacerdote, e durante un campo-scuola una notte finisce nel letto di una catechista. Don Raffaele si confida subito con il suo padre spirituale, il quale gli dice di non preoccupar­si e di pregare. Ma presto cade di nuovo in tentazione, in tante tentazioni: «Spesso, e con donne sempre diverse, che mi invitavano a casa per un caffè, sia sposate che single». Rapporti consumati in canonica o nelle camere degli hotel, anche «con due donne insieme, mie parrocchia­ne: erano amiche da una vita e avevano deciso di portarsi a letto un prete». In tutto questo, i superiori sapevano: «Il vescovo un giorno mi ha convocato e mi ha detto che la mia testimonia­nza di sacerdote non era quella che io davo in parrocchia con il mio comportame­nto». Lui ha risposto tirando in ballo i preti «che vanno con i ragazzini, e il vescovo non ha più detto una parola». Don Raffaele si considera un buon prete, un vero prete che annuncia la parola di Dio ed è ben voluto da tutti. Si è confidato «per far capire come stanno veramente le cose» dentro la sua Chiesa, che ama, e che non vuole lasciare perché desidera combattere «contro queste situazioni da dentro». Motivo per il quale non vuole che venga svelata la sua identità, perché «mi caccerebbe­ro, farebbero di me immondizia».

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