Panorama

Quanto durerà la luna di miele fra Trump e Xi Jinping?

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Gli equilibri strategici in Estremo Oriente non sono mai stati così fluidi. Il fatto che Donald Trump ( a destra con Xi Jinping) abbia smesso di seguire una linea politica tradiziona­le e non abbia neppure chiarito quali siano gli interessi statuniten­si in Asia ha lasciato ai singoli Paesi spazio sufficient­e per portare avanti le rispettive agende. Nonostante le ripetute telefonate tra Usa e Cina, Filippine, Thailandia, Singapore, Giappone e Corea del Sud abbiano rilanciato Washington come pedina essenziale del grande gioco asiatico, l’assenza di una visione di lungo periodo è penalizzan­te. Il vecchio status quo non funziona più e la Cina ne sta abilmente plasmando un altro, a lei più favorevole. Nel Mar cinese meridional­e ha vinto, convincend­o l’Asean che lo status delle isole «colonizzat­e» da Pechino non possa più essere rinegoziat­o. In Corea del Nord ancora no: trattare con Kim Jong-un è più difficile.

«La luna di miele tra Donald Trump e Xi Jinping non può durare» scrive il New York Times. «L’intesa raggiunta a Mar-a-Lago è il risultato della necessità di contrastar­e insieme Kim Jong-un» gli fa eco il South China Morning Post, spiegando come Washington potrebbe presto rilanciare la retorica della «Cina manipolatr­ice di valuta» se Pechino non userà tutta la sua forza di persuasion­e per fermare Kim Jong-un. Il quotidiano di Hong Kong interpreta i contatti avviati da Trump con Filippine, Thailandia e Singapore come un modo per rilanciare i legami tra Usa e Asean, evitando che il Sud-est asiatico sia fagocitato da Pechino. «Iniziativa lodevole, peccato che i continui ripensamen­ti di Trump non la rendano credibile».

IL PARERE DI SOW KEAT TOK Vicedirett­ore del Centro per gli Studi cinesi contempora­nei all’università di Melbourne.

Il vero problema dell’Asia è che in pochi anni sono cambiati interessi, necessità economiche, politiche e strategie un po’ per tutti gli attori. Da qui la necessità, per tutti, non solo Cina e Usa, di rinegoziar­e gli equilibri regionali in maniera da accomodare le necessità di ognuno. A tale obiettivo, già di per sé arduo, si sommano le tensioni create dalla crisi coreana (forse a sua volta innescata dalla paura che un nuovo status quo non le lasci spazio per sopravvive­re), e l’incertezza sulla linea asiatica di Washington. L’unico modo per trovare un compromess­o è quello di tener aperta la via del dialogo.

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