Panorama

Città senza artifici

Dominata da un’incontamin­ata pulizia, culla del romanico più rigoroso d’Italia, Pavia custodisce l’eredità dei filosofi che qui maturarono un pensiero puro come le forme delle sue bellissime architettu­re sacre.

- di Vittorio Sgarbi

APavia c’è il romanico più puro d’Italia. Le basiliche di San Michele e di San Pietro in Ciel d’oro hanno le facciate come dovevano essere in origine, piene di penombra e di mistero, con una luce filtrata, le cattedrali di Modena e di Parma, rimaneggia­te con l’apertura di rosoni per aumentare l’illuminazi­one dell’interno, con l’alterazion­e del ritmo semplice delle aperture sulla navata centrale. Una semplicità, una purezza che ci riporta al principio dell’architettu­ra a capanna cui quelle cattedrali s’ispirano.

C’è un tempo lento a Pavia come se, a partire da quel semplice segnale, la città avesse ricusato il progresso. È la stessa sensazione che si prova sul suggestivo ponte, ricostruit­o nel 1949, ma nelle forme primitive del ponte trecentesc­o. Completato nel 1954, il ponte era coperto e dotato di dieci arcate irregolari e di due torri all’entrata e all’uscita: con questo aspetto lo si vede negli affreschi di Bernardino Lanzani verso il 1524, nella chiesa di San Teodoro. La guerra ferì ma non sfigurò Pavia, il ponte fu ricostruit­o.

Tra le cose notevoli va ricordato il Castello visconteo dove sono ospitate le collezioni d’arte, e che mantiene nel bellissimo cortile una grande pulizia architetto­nica vantando un allestimen­to per la sezione delle sculture di esemplare semplicità dovuta all’architetto, oggi dimenticat­o, Bruno Ravasi, al tempo in cui Carlo Scarpa lavorava con grande artificio al museo del Castelvecc­hio di Verona.

Pavia non ha artifici, ma un’inconta-

minata pulizia. A San Pietro in Ciel d’oro è sepolto uno degli spiriti più grandi dell’umanità, Sant’Agostino, e lì è pure il non meno grande Severino Boezio, filosofo romano autore del De consolatio­ne philo

sophiae, scritto in carcere con il paradosso di dimostrare che anche la costrizion­e e l’afflizione patite da Boezio non richiedono consolazio­ne, rientrando nell’ordine naturale delle cose secondo le decisioni della divina provvidenz­a. Proprio nel libro IV Boezio affronta la questione di come «pur esistendo il buon reggitore, i mali esistano comunque e restino impuniti, e non solo la virtù non venga premiata ma sia persino calpestata dai malvagi e punita al posto degli scellerati».

A Pavia maturò il pensiero difficile di Boezio che non vuole riconoscer­e al male e al vizio la dignità pari al bene e alla virtù. Ed è una consolazio­ne della filosofia il pensiero che il bene è l’essere e chi non raggiunge il bene è privo dell’essere: «tu potresti chiamare cadavere un uomo morto, ma non sempliceme­nte uomo; così i viziosi sono malvagi ma nego che essi siano in senso assoluto». Si riparte da Pavia, verso l’inesauribi­le Certosa, con l’animo sereno, anche nelle avversità.

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 ??  ?? Il Ritratto d’uomo di Antonello da Messina, esposto nei musei civici di Pavia. Altre importanti opere d’arte sono conservate nelle bellissime architettu­re sacre della città, come il Duomo (più sopra), la Certosa (in alto a sinistra), la chiesa di San...
Il Ritratto d’uomo di Antonello da Messina, esposto nei musei civici di Pavia. Altre importanti opere d’arte sono conservate nelle bellissime architettu­re sacre della città, come il Duomo (più sopra), la Certosa (in alto a sinistra), la chiesa di San...
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