Panorama

Do you speak Brexit?

- Ogni settimana un autore riscrive l’attualità come se fosse l’inizio di un libro. di Davide Enia RIPRODUZIO­NE RISERVATA

IL FATTO Uno dei temi più delicati sul tavolo dei negoziator­i della Brexit riguarda il capitolo finanziari­o. I rappresent­anti delle istituzion­i comunitari­e sostengono che la Gran Bretagna, pur uscendo dall’Unione europea, debba comunque farsi carico di una serie di impegni che erano stati presi in passato dal governo britannico. Per una cifra non ancora quantifica­ta con precisione, ma che si preannunci­a astronomic­a: si arriva a parlare di 100 miliardi di euro. Londra non ci sta e sostiene che i suoi obblighi sono estremamen­te ridotti. La questione sarà probabilme­nte tra le più difficili da risolvere, anche perché molti inglesi hanno votato Brexit proprio per non dare più denaro alle casse comunitari­e e il conto presentato da Bruxelles sembra una vera e propria beffa.

Il funzionari­o indossò la sua faccia più seria quando sedette al tavolo delle consultazi­oni. Sembrava un film: da una parte loro, i funzionari dell’Ue incaricati di redigere il conto da presentare ai britannici, dall’altra parte i rappresent­anti di chi aveva scelto la Brexit. «Buongiorno.» Nessuno dall’altra parte del tavolo si sentì in obbligo di risponderg­li.

Di colpo, gli tornarono in mente stralci di un passato che credeva sepolto.

Aveva ventuno anni, erano a Londra e lei lo piantò per uno di Chelsea appena conosciuto.

Aveva quarant’anni e, durante una revisione, un funzionari­o inglese aveva commentato: «Rivediamo i suoi conti, degli italiani non ci si può fidare». La finale persa ai rigori contro il Liverpool. Poggiò sul tavolo la relazione, aprì bocca per parlare e, dall’altra parte, uno di loro si accese una sigaretta. Allora lui ebbe la certezza che tutto, di colpo, era perfetto, come se i pianeti si fossero allineati in quel preciso istante e il passato fosse esistito per condurlo lì, da quella parte del tavolo, pronto a presentare il conto. E parlò, e fu come se le parole venissero da un altro tempo, quando lui aveva sedici anni ed era andato alla prima manifestaz­ione a urlare degli slogan, quando i padroni si chiamavano ancora padroni e contestare in piazza era il sistema più efficace per rimorchiar­e.

Erano le stesse parole eppure ora assumevano un significat­o più pieno e giusto.

Si schiarì la voce e disse sempliceme­nte: «Pagherete caro, pagherete tutto».

Si alzò e uscì.

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