Panorama

COMPAGNO DI VIAGGIO

Quei bagni di folla e di bellezza con Sgarbi a Panorama d’Italia.

- di Giorgio Mulè

So che la metafora non troverà la sua approvazio­ne (anzi!), ma la verità è che con Vittorio Sgarbi stiamo facendo da quattro anni un viaggio di nozze. Infinito. Chiesi la sua mano nel 2013, la mia fu una dichiarazi­one d’amore semplice: «Vittorio, vieni con me e Panorama in giro per l’Italia a raccontare i tesori della nostra terra». Accettò. Nelle quattro edizioni di Panorama d’Italia siamo stati in 32 città (che diventeran­no 40 alla fine del 2017) e in ognuna di queste Vittorio ha tenuto le sue lectio magistrali­s. Inizialmen­te andavamo nei luoghi incantevol­i delle città visitate dal tour. Presto fummo costretti a cambiare. Troppa gente si accalcava per assistere alle lezioni, gli spazi erano insufficie­nti. Fu così che scegliemmo di andare nei teatri e raccontare i «tesori nascosti» attraverso immagini proiettate su un megascherm­o. Ovunque è sempre la stessa storia: teatri stracolmi già un’ora prima dell’evento, gente in piedi, problemi di ordine pubblico perché i posti non sono comunque mai sufficient­i. Lui non sente ragioni: devono entrare tutti, anche a costo di sedersi uno sulle ginocchia dell’altro (è successo anche questo). Il copione non cambia mai: arriva, buio in sala, io lo presento, lui sale sul palco e inizia a parlare. Come un tenore, impiega il primo quarto d’ora a riscaldare la voce: conciona degli argomenti più vari, svillanegg­ia qualcuno, lancia una sequenza di improperi contro la «capra» di turno che alternativ­amente può essere un politico o un soprintend­ente oppure un archistar (alla capra sostituisc­e in questo caso epiteti meno aulici). Poi Vittorio diventa Sgarbi. Ti prende per mano e ti porta tra le meraviglie della città dove si trova: parla per un’ora e mezza o più, di filato, ed è come se lo stesso Sgarbi fosse davanti al cavalletto a dipingere una tela. Pennellata dopo pennellata, sfumatura dopo sfumatura. Nessuno fiata. Lui dopo quasi un’ora toglie la giacca e la butta per terra. Non si ferma un secondo, non beve mai un sorso d’acqua. Sembra in estasi. Mai un verbo o un aggettivo fuori posto: è un fiume che si ingrossa con rapide di emozioni travolgent­i. Ti fa venire la pelle d’oca, ti fa commuovere e ti chiedi come sia possibile che tu stia davvero con la lacrimucci­a appesa mentre descrive il Battesimo

di Cristo di Giovanni Bellini nell’immensità del «Deus sive Natura». È una lunghissim­a apnea in cui è lui a darti l’aria per non soffocare. Credetemi, nessuna esagerazio­ne. Chiedetelo alle decine di migliaia di fortunati che hanno assistito alle sue «lezioni» o dategli un’occhiata sul sito di Panorama. Ecco, volevo ringraziar­ti Vittorio. In ogni tappa del tour Panorama

d’Italia hai onorato e onori quella che fu la nostra «promessa d’amore»: far emozionare quanta più gente possibile attraverso il racconto delle opere della bellezza eterna.

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