Kandinskij, in viaggio verso l’astrazione
Una ricca mostra al Mudec di Milano, fino al 9 luglio, mette l’accento anche sugli esordi del grande pittore russo.
Il russo ventitreenne, che nel 1889 parte per il remoto governatorato settentrionale di Vologda con l’intenzione di studiare il diritto penale contadino, ancora non può sapere che diventerà il primo pittore astratto della storia dell’arte. Si chiama Vasilij Kandinskij, è di buona famiglia, ha studiato pianoforte e violoncello, conosce alla perfezione il tedesco. Però nelle sue vene scorre sangue mongolo-siberiano, e non dimenticherà mai l’attimo, durante quel suo avventuroso viaggio, in cui, varcata la soglia di un’isba, rimase immobile dinanzi all’immagine inattesa: «Il tavolo, le panche, la stufa, che nella casa dei contadini russi è imponente e grande, gli armadi e ogni oggetto erano decorati con grandiose immagini multicolori dipinte. Quando infine entrai in camera, mi sentii circondato da ogni parte dalla pittura, nella quale ero dunque entrato».
Macché grattacieli di Berlino e New York, o culto futurista della macchina! Piuttosto: una capanna. Il passo è tratto da un libro che Kandinskij pubblica nel 1913 che si intitola Sguardi sul passato. Così c’è una cosa che capisci subito: la sua mente è retrospettiva, come quella di Marcel Proust. Una serie di accadimenti funzionano (dopo) come rivelazioni.
«Madeleines» per l’attivazione della sua memoria sono, per dire, il bianco di un ramo scortecciato e il nero di una gondola vista a Venezia a tre anni, poi i Covoni di Monet; un’opera di Wagner; e perfino un proprio quadro messo sottosopra, che egli stesso non riconosce ma che, per questo, gli svela la potenza di una visione non figurativa. Insomma, vale la pena entrare nei giacimenti che hanno fornito a Kandinskij il carburante necessario per mandare in orbita la pittura. Lo fa questa affascinantissima mostra, Kandinskij, il cavaliere errante. In viaggio verso l’astrazione, organizzata al Mudec – Museo delle culture di Milano e curata da Silvia Burini e Ada Masoero (fino al 9 luglio, catalogo
24 Ore Cultura). Sono 49 le opere del grande artista, tra dipinti, acquarelli, disegni, oltre a 85 oggetti tra icone, stampe popolari piene di racconti e di fiabe, coloratissime cassapanche, ceste e altri pezzi di arte decorativa provenienti dai musei russi. In scala maggiore, dunque, riecco l’isba. In effetti, tutta la mostra intercetta Kandinskij sulla rampa di lancio, chiedendogli conto della sua profonda connessione con l’anima russa. Ma anche della sua irrequietezza. Se Kazimir Malevic giunge all’astrazione con un atto di forza, e Piet Mondrian lo fa con metodo, Kandinskij li batte entrambi sul filo di lana, agendo d’impeto. Con lui il viandante romantico sale a cavallo e si lancia al galoppo nel nuovo secolo: combatte il materialismo, si ripromette di risvegliare i valori spirituali dell’arte. Nessuna etichetta che finisca in «ismo», ma Blaue Reiter, cavaliere azzurro, questo è il
bel nome che nel 1911 Kandinskij dà al suo movimento. In effetti, fin da subito, egli dipinge il «favoloso». Quello delle processioni che l’artista fa sfilare dalla più arcana cultura russa, o quello dei paesaggi bavaresi di Murnau, con cielo e terra già in sontuosa collisione cromatica. Piccoli spettacoli. Poi ecco la prodigiosa escala
tion, un big bang che espande e disperde in un più vasto campo d’azione i fantasmi figurativi e quindi solo chiazze e vortici di colori stupendi, trafitti da archi e arabeschi blu, neri. Non senza una certa festosità entrano in gioco la forza degli istinti e la purezza, l’innocenza. Kandinskij scompare nel ’44; muoiono anche Mondrian e Edvard Munch: in un colpo solo se ne vanno lo slancio, l’ordine e il grido.