Sofia, rinata grazie alla Lega del Filo d’Oro
Da oltre mezzo secolo, questa associazione sostiene le persone sordocieche e le loro famiglie. E lo fa per tutta la vita. Un impegno prezioso, che conta sulla solidarietà di ognuno di noi.
Possiamo chiudere gli occhi per qualche minuto, stringere le dita sulle orecchie fino a non sentire più nessun suono. Ma anche così, non avremo mai idea di che cosa significa essere immersi nel buio e nel silenzio. Noi ci riapriamo al mondo quando vogliamo. Loro vivono così da sempre, saranno così sempre. Una condanna? Non è detto. Le persone sordo cieche hanno la possibilità di avere comunque una vita piena: di affetti, di legami, di gioia, di esperienze. Possono perché c’è un’associazione che si chiama Lega del Filo d’Oro e che, dal 1964, li aiuta e li sostiene in ogni modo. Presente in otto regioni, viene incontro alle famiglie e ai loro bambini, offre servizi di assistenza, pratica e anche psicologica, riabilitazione ed educazione.
Parliamo di Sofia, per esempio, una delle «creature» del Filo d’Oro (è protagonista della loro campagna per il 5x1000), sei anni compiuti ad aprile. Alla nascita è sana, i medici le assegnano 10 nel test di Apgar, che valuta lo stato di salute e adattamento del neonato al mondo. La nonna la chiamava «Schizzo» per tanta vitalità mostrava. Ma tempo una settimana e Sofia contrae una setticemia che la tiene in ospedale due mesi, tra la vita e la morte. Quando viene dimessa, sembra guarita. I genitori se la riportano a casa, a Vallefoglia (provincia di Pesaro e Urbino). Hanno altri due figli, Andrea, gemello di Sofia, e Filippo (che ora
ha 14 anni), finalmente la paura è passata, si torna a essere una famiglia come tutte le altre. Crescendo, però, i confronti con il gemellino lasciano di nuovo posto all’angoscia: Sofia non vede, sente pochissimo, ha difficoltà a camminare. La setticemia le ha provocato cerebrolesione, danni profondi a udito e vista, scoordinamento nei movimenti. La sua mamma, Silvia, oggi ne parla con grande
serenità: «Senza la Lega del Filo d’Oro non avrei saputo, non avrei potuto. Loro ci hanno cambiato la vita. Ci hanno spiegato che cosa fare e come farlo. Sofia adesso va all’asilo, i volontari della Lega sono venuti in paese e a scuola e hanno mostrato come interagire, come capirla. Sofia mangia in mensa e gioca con gli altri amichetti perché nel parchetto hanno allestito un’area giochi attrezzata per bambini come lei, ma dove tutti possono entrare, è un luogo condiviso. Sofia va a sciare, e non in carrozzina, ma su due gambe con speciali tutori. Sofia ascolta la musica sentendo le vibrazioni e balla a modo suo. Sofia è felice. Certo non è facile, ci vuole pazienza, e determinazione. Ma ce la si fa, si riesce».
Come Sofia, in Italia ci sono 189 mila persone, tra adulti e bambini, sordocieche (dati Istat). Uno su due soffre anche di disabilità motorie, quattro su dieci presentano deficit intellettivi, un terzo ha disturbi del comportamento. Oltre la metà vive confinata dentro casa perché, essendo pluridisabile, non è autosufficiente nelle più semplici attività quotidiane.
Da più di mezzo secolo, la Lega del Filo d’Oro (fondata da una donna abruzzese che a sette anni, per colpa di una meningite, perse vista e udito) fa tutto quello che può per assicurare loro una vita normale. «Nei primi anni si trattava soprattutto di bambini nati da mamme che avevano contratto la rosolia in gravidanza; ora per la rosolia c’è il vaccino e la sordocecità è in gran parte causata da malattie genetiche o da nascite molto premature. Trent’anni fa questi neonati non sopravvivevano, oggi sì ma talvolta con conseguenze gravi» spiega Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d’Oro. «Nel 2016 siamo riusciti a prenderci carico di 844 persone con questi problemi, da bambini piccoli
agli anziani. Di lavoro ce n’è parecchio, e ciò che facciamo è una piccola cosa di fronte al totale dei sordociechi. Ma è una piccola cosa che cresce sempre di più, grazie all’aiuto di chi ci sostiene: il 65 per cento delle nostre risorse viene da finanziamenti privati».
Quando una famiglia si rivolge alla Lega, trova un team multidisciplinare: educatori, fisioterapisti, medici, infermieri, psicologi, logopedisti, assistenti sociali, tecnici di mobilità e orientamento. Ogni bambino imbocca un percorso terapeutico personalizzato, che continuerà tutta la vita. Il prossimo traguardo è l’apertura
di una nuova sede nazionale a Osimo (provincia di Ancona, dove nel 67 nacque il primo centro di riabilitazione) e un ampliamento dei servizi offerti. «La Lega del Filo d’Oro è la nostra casa. Vorrei far capire a tutti i genitori che, con il sostegno giusto, non c’è nulla di cui avere paura. E non c’è vita che non valga la pena di essere vissuta. È come se i nostri bambini ci dicessero “sono qui, vienimi a prendere”. Hanno un potenziale che uno neppure si immagina. Non dobbiamo tenerli nascosti, perché sono creature meravigliose».