Panorama

Missione impossibil­e in Libia

Le pressioni della comunità internazio­nale per il fragile accordo fra il premier di Tripoli e il generale dell’Est.

-

Soldi, una nuova spartizion­e del potere e la rinascita del Paese grazie alla ricostruzi­one (che fa gola a tutti). Sono le basi per l’intesa sul futuro della Libia stretta fra il premier libico Fayez al Sarraj e il rivale, generale Khalifa Haftar, che comanda nell’Est del Paese. L’intesa è stata raggiunta il 2 maggio nel corso di un vertice a quattr’occhi in campo neutro, ad Abu Dhabi. E già si parla di un nuovo incontro al Cairo il 15 maggio per arrivare a un accordo di riconcilia­zione nazionale, che faccia uscire la Libia da una devastante deriva somala.

Ufficialme­nte e dietro le quinte si muovono soprattutt­o l’Italia, la Francia, l’Egitto, più defilati la Russia e gli Stati Uniti. Oltre a società di consulenza pagate a peso d’oro, come nel caso dell’ex ufficiale di intelligen­ce israeliana, Ari Ben-Menashe, che vive in Canada: il generale Haftar e il suo alleato, il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, lo hanno incaricato di un’operazione di pressione internazio­nale, soprattutt­o nei confronti della Casa Bianca, in cambio di 6 milioni di dollari.

«L’Italia ha capito che, pur essendo giusto il metodo, la scelta di Serraj è stata debole. Le pressioni per aprire ad Haftar da parte di francesi, egiziani e in parte russi sono state forti» spiega Riccardo Redaelli, edaelli, docente di geopolitic­a all’università Ca Cattolica attolica di Milano che si è occupato da vic vicino ino del processo di stabilizza­zione di sic sicurezza curezza della Libia. Haftar sta finendo i soldi, dopo aver perso parte dei ter terminalir­minali petrolifer­i che aveva conquis conquistat­o. stato. Il suo Esercito nazionale com combatte mbatte anche a Sud, dove sono comparsi i primi emissari russi.

La desertica Libia meridional­e è crocevia di milizie, anche jihadiste, e di traffici di ogni tipo, a cominciare dai migranti diretti in Italia. Serraj sarebbe disposto a trovare un accordo sull’ingresso di Haftar e Saleh nel Consiglio che gestisce il potere e sulle elezioni politiche entro marzo 2018. Gli egiziani vorrebbero Haftar, che auspica un allentamen­to dell’embargo Onu sulle armi, al comando delle forze armate, ma smantellar­e le milizie sarà una missione impossibil­e. A cominciare dagli «spartani» di Misurata, che hanno strappato Sirte allo Stato islamico (dove l’Italia ha un ospedale militare).

Donald Trump, dopo l’incontro a Washington con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ha delegato all’Italia il compito di sbrogliare la matassa libica. Ma la Casa Bianca potrebbe invitare a Washington Serraj e Haftar per mettere il cappello su un possibile accordo. Secondo Roberto Aliboni dell’Institute of Global Studies di Roma, un’altra ipotesi statuniten­se è «il proconsola­to del presidente egiziano Sisi-Haftar, che diventereb­be un ostacolo insormonta­bile per gli europei». Ma i francesi già pensano ad accaparrar­si il business della ricostruzi­one di città rase al suolo dalla guerra, come Bengasi. Un altro motivo per premere sui contendent­i costringen­doli a un accordo. Peccato che a Bengasi si continui a combattere. Non solo: nel profondo Sud, attorno alla strategica città di Sebha, a fronteggia­rsi sono proprio gli uomini di Haftar e quelli di Sarraj, alleati delle truppe di Misurata. (Fausto Biloslavo)

 ??  ?? Il premier libico Fayez al Sarraj, riconosciu­to dall’Onu, che controlla a stento la capitale Tripoli. Il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, alleato del presidente del Parlamento di Tobruk.
Il premier libico Fayez al Sarraj, riconosciu­to dall’Onu, che controlla a stento la capitale Tripoli. Il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, alleato del presidente del Parlamento di Tobruk.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy