La mappa del potere di Renzi
In quattro anni e mezzo i riferimenti culturali, imprenditoriali e politici del segretario Pd sono repentinamente cambiati. Ai suoi vecchi sostenitori, l’ex premier ne ha preferiti altri...
Due dicembre 2012, interno notte. Dopo la sconfitta contro Pier Luigi Bersani alle primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra, Matteo Renzi sale sul palco della Fortezza da Basso, a Firenze. E declama uno straordinario discorso centrato sui concetti di entusiasmo, tempo e libertà; un discorso condiviso e vergato insieme a uno dei migliori scrittori italiani, Alessandro Baricco. Non solo. In quell’epoca, a sostenere, o perlomeno a guardare con simpatia a Renzi, ci sono molti volti noti e speranzosi sull’avvento della buona politica dentro il centrosinistra italiano, da economisti (per esempio Luigi Zingales e Tito Boeri) a imprenditori (Oscar Farinetti, Carlo De Benedetti, Diego Della Valle), da personaggi dello spettacolo (Fausto Brizzi e Pif) fino a manager affermati (Antonio Campo Dall’Orto e Vittorio Colao) e politici considerati freschi e puliti (Graziano Delrio e Michele Emiliano). Ecco, a distanza di quattro anni e mezzo, molto è cambiato sotto il cielo renziano.
La prova definitiva è arrivata dal corso del congresso del Partito democratico che il 7 maggio 2017, al suo culmine, ha celebrato la rielezione di Renzi a segretario. Basta scorrere la lista di eventi e dichiarazioni pre-assise per scoprire che la gran parte dei sostenitori di un tempo, o di quelli trovati in corso d’opera (cioè mentre governava il Paese) si sono disinteressati alla sorte del (fu) Rottamatore o addirittura se ne sono allontanati, alcuni dei quali anche in modo rumoroso. Per dire, Roberto Perotti, per
breve tempo commissario alla spending review, ha scritto un libro, Status quo, per raccontare il fallimento del governo Renzi nel ridurre davvero la spesa pubblica ed eliminare i privilegi. Per la cronaca, il posto di Perotti è stato preso dal deputato Yoram Gutgeld, il quale, nonostante sia nato a Tel Aviv, è iscrivibile al «Giglio magico», cioè al gruppo rimasto sempre fedele all’ex premier. Un gruppo, peraltro, sul quale preme alla porta d’ingresso una pletora di vecchie volpi della politica. Capita quando dall’aulicità di Baricco si passa alla praticità di Denis Verdini.
In fondo la parabola di Renzi è tutta qui: pur di arrivare a Palazzo Chigi, ha abbandonato le vecchie teorie rottamatorie per allearsi con chiunque. Un fatto che ha prodotto l’automatico allontanamento di parte del mondo imprenditoriale ed economico (solo Flavio Briatore si è esposto per l’ex premier) e, soprattutto, dell’intero universo cultural-artistico italiano. Anche così si spiega la disaffezione dei giovani: come certifica un’indagine della Cls, l’elettorato renziano è formato per il 41 per cento da pensionati e per il 65 da over 55: nel 2013 erano appena il 29 per cento. Non pago dell’errore, disarcionato dal referendum del
4 dicembre 2016, Renzi ha poi replicato la stessa strategia per impadronirsi, con il congresso, del Pd. E così che tra i nuovi sostenitori (persone alle quali il ri-segretario dovrà prima o poi concedere qualcosa) si segnala per esempio Mario Oliverio, il governatore calabrese eletto per la prima volta in consiglio regionale per il Pci (poi Pds-Ds-Pd) nel 1980, quando Renzi aveva cinque anni. E che dire dell’accordo con il presidente campano Vincenzo De Luca? Siccome ‘o governatore, dopo il referendum, aveva preso le distanze da «Matteuccio» (così lo chiama De Luca), Renzi gli ha promesso la candidatura a deputato del figlio Piero. L’acquisto renziano più clamoroso, almeno per chi conosce la complicata geografia delle correnti Pd in Sicilia, è quello del deputato regionale Mario Alloro, uomo votatissimo e non proprio di primo pelo, se non altro perché fino a poche settimane fa vicino a Mirello Crisafulli, un tempo considerato da Renzi una sorta di Satana. Matteo, sbrigativo, non potendo accordarsi con lui (sosteneva Andrea Orlando), si è preso il suo braccio destro, cioè il vice-demonio... Di accordi siffatti il (fu) Rottamatore ne ha chiusi tanti. Il più clamoroso sta tuttavia affacciandosi in queste ore, almeno a detta delle voci di partito: Michele Emiliano, già entusiasta renziano, poi feroce anti-renziano, starebbe trattando il suo riavvicinamento a Matteo. Fosse così, altro che Satana: parleremmo di due piccoli diavoli...