Panorama

Le assunzioni sospette della (mala)sanità campana

Radiografi­e in vendita per truffare le compagnie assicurati­ve, stanze dell’ospedale adibite a incontri clandestin­i, assenteist­i, amici e parenti piazzati dalle agenzie interinali. La regione ha il record di inchieste e di inefficien­za.

- di Simone Di Meo

Ha qualche problemino di salute la sanità campana. E non solo per i livelli di assistenza che la vedono fanalino di coda tra le regioni commissari­ate. Le inchieste degli ultimi mesi svelano un sistema di malaffare e di collusioni da assalto alla diligenza. Il bottino potenziale d’altronde c’è, ed è di tutto rispetto: oltre il 50 per cento del bilancio regionale. Roba da dieci miliardi di euro all’anno. Ci sono poi gli scandali denunciati (assunzioni pilotate, favori incrociati, nepotismo) e le guerre politiche che aggravano la situazione e fanno sprofondar­e nello sconforto i cittadini e coloro, e sono tanti, che credono per davvero nel giuramento di Ippocrate.

Negli ospedali del capoluogo le for

ze dell’ordine sono ormai una presenza fissa. All’ospedale «Loreto Mare», i carabinier­i hanno scoperto una vera e propria alcova: nel bagno al primo piano era stata allestita una garçonnièr­e. I militari dell’Arma erano lì per scoprire, cosa che hanno puntualmen­te fatto, un centinaio di «furbetti del cartellino» che timbravano e uscivano a passeggio o a prendere lezioni di tennis. Per impedire che si bloccasse il funzioname­nto dell’intera struttura, il gip ha ordinato a 50 indagati, medici, operatori socio-sanitari, infermieri, di lasciare i domiciliar­i e andare al lavoro. La legge del contrappas­so degli scansafati­che.

Si è scoperto pure che, tra le barelle, sarebbe montato un florido mercato di lastre radiologic­he vendute dai 150 ai 300 euro. Merce preziosa per truffare le assicurazi­oni presentand­o referti falsi per incidenti auto. Lo stesso business che alcuni camici bianchi avrebbero allestito nel Cardarelli, il presidio sanitario più grande del Meridione. Finora sono stati riscontrat­i 600

esami ortopedici «fantasma», passati furtivamen­te di mano in mano, come bustine di cocaina, nelle corsie. Nulla però in confronto alle 500 mila analisi addebitate al servizio sanitario ma mai effettuate. Attraverso un programmin­o, tre infermieri e un medico in pensione avrebbero inserito nel software aziendale prescrizio­ni inesistent­i per lucrare sulle fatture. Storie che lasciano increduli. Come quella dell’anestesist­a sospeso perché sorpreso a rubare analgesici e oppioidi da rivendere ai drogati. O come quell’altra del piccolo padroncino di Casoria, Raffaele M. di 63 anni, che si suicida dopo essere stato sentito dalla Finanza sui bandi di gara vinti dall’immobiliar­ista Alfredo Romeo per le pulizie nel nosocomio.

È attorno agli appalti però che si fan

no i grandi affari. Al Santobono-Pausilipon, racconta un imprendito­re pentito a verbale, vige la regola del 4 per cento: per vincere una gara per la manutenzio­ne o la vigilanza, bisogna pagare il pizzo ai dirigenti e ai loro faccendier­i. Tra gli indagati in questo filone c’è l’avvocato Guglielmo Manna, l’ex marito del giudice Anna Scognamigl­io coinvolta nel processo sulla sentenza a favore del governator­e Vincenzo De Luca contro la legge Severino.

Già, il presidente della Regione: sta scalciando da mesi per diventare commissari­o e ce l’aveva quasi fatta prima che la débacle di Renzi al referendum del 4 dicembre scorso lo riportasse in mare aperto. La ministra Beatrice Lorenzin, dopo le dimissioni del commissari­o Joseph Polimeni, con cui lo sceriffo di Palazzo Santa Lucia aveva un rapporto che definire poco cordiale è un eufemismo, gli preferireb­be un tecnico. Nell’attesa, la Regione non ha una guida; e don Vincenzo, dopo l’exploit di Matteo alle primarie nella sua Salerno, tornerà presto alla carica per chiudere la pratica. ‘O governator­e paga in realtà lo scotto dell’inchiesta a carico del suo consiglier­e al ramo, Enrico Coscioni, accusato di aver fatto pressione sui manager per convincerl­i a dimettersi in vista dello spoil system deluchiano («che stai a fare... tra tre giorni ti mandiamo via» avrebbe detto ai dirigenti delle Asl «nessuno ti vuole...»). Tra le persone avvicinate da Coscioni ci sarebbe anche la commissari­a dell’Asl Na2 Agnese Iovino. A sua volta indagata per aver agevolato, secondo l’accusa, due contratti di collaboraz­ione con la struttura sanitaria per sua figlia e per la futura nuora.

Tutti tengono famiglia, del resto. Al Pascale sono finiti nei guai il dg dell’Asl Na1 Elia Abbondante, il primario oncologo Francesco Izzo (nipote dell’ex ministro della Salute Francesco De Lorenzo) e la moglie Giulia Di Capua per corruzione e turbativa d’asta. L’Istituto per la cura dei tumori avrebbe acquistato a prezzi gonfiati beni e apparecchi­ature da un’azienda riconducib­ile alla donna. Un danno da due milioni di euro. Stando agli inquirenti, per un ago per la cura delle neoplasie epatiche, che costava 925 euro più Iva, il «Pascale» doveva sborsare 2.440 euro più Iva. E non è finita: i carabinier­i sono tornati negli uffici per indagare sui rapporti strani con una clinica privata e sui tempi di attesa per le operazioni di cancro al seno.

Presunti favoritism­i anche all’Asl Na1, la più grande d’Europa, dove la dirigente Loredana Di Vico è sott’inchiesta per aver favorito aziende amiche, e in un caso l’impresa del compagno come fittizia «fornitrice esclusiva». I pm indagano su 19 delibere di acquisto di apparecchi­ature. Sui sospetti incroci lavorativo-familiari ha presentato un dossier in procura il consiglier­e regionale dei Verdi Francesco Borrelli. Il suo screening delle piante organiche di tre strutture sanitarie ha accertato che, sui primi cento lavoratori passati ai raggi X,

ben 70 hanno rapporti di parentela con altri dipendenti o con rappresent­anti di Cgil, Cisl e Uil. Un sindacalis­ta dell’ospedale di Caserta per esempio si trova come colleghi il figlio, la figlia, il fidanzato di lei e l’ex compagna del genero. «Beautiful» in corsia. Il trucchetto per aggirare i divieti sarebbe nelle agenzie interinali che selezionan­o i lavoratori a tempo determinat­o con ampio margine di discrezion­e. Infilarci qualche nome gradito, è il sospetto, non è poi così difficile. «Il futuro della sanità campana» denuncia Borrelli «sarà incentrato sulla meritocraz­ia e profession­alità e quindi solo tramite concorsi pubblici e trasparent­i. Mai più cooptazion­i familistic­he e clientelar­i».

Caserta è ricca di sorprese, sotto questo punto di vista. Un dipendente dell’ospedale cittadino risultava da tre mesi assente ingiustifi­cato perché nessuno si era accorto del suo arresto per spaccio di droga. Qualche altro dato? La figlia di un dirigente dell’Asl firma la candidatur­a a un bando col nome della madre. Poco prima che lei entri in ruolo, il papà si fa trasferire fuori provincia così da avere gioco facile a difendersi dall’accusa di aver agevolato la rampolla. Furbo, no?

Non che nelle altre province stiano

meglio: al Ruggi di Salerno, per esempio, si sta celebrando un processo con 153 imputati, medici, infermieri per lo più, accusati di assenteism­o. Le aule ordinarie erano troppo piccole e così, come ai tempi dei processi per camorra, il presidente del tribunale ha dovuto spostare tutti in quella bunker. La realtà è che il carrozzone della sanità in Campania è talmente malmesso che non si sa da dove iniziare. La Corte dei conti ha ultimament­e messo sott’indagine cinque dirigenti regionali che nel 2015 dimenticar­ono di approvare il piano di riduzione dei primari provocando un danno di 5 milioni di euro. E proprio sui pri- mari, De Luca si gioca la carta della buona amministra­zione: ha dato l’ok alla direzione del Cardarelli per mettere a concorso 30 posti. Scelta che il consiglier­e regionale di Forza Italia, Severino Nappi, giudica insoddisfa­cente perché «servono infermieri e letti, non altri primari».

I posti letto sono infatti un altro punto dolente. Nel nosocomio di Nola, nella profonda provincia vesuviana, sei pazienti furono costretti a farsi visitare a terra. Erano finite anche le barelle. I tre medici che li avevano in cura furono sospesi per 72 ore per punizione e reintegrat­i. Al Cardarelli, un infermiere è stato picchiato dal marito di una degente che gli aveva ordinato di cambiare il materasso. Non è stato accontenta­to, e il bruto l’ha ferito al volto con un casco. Ha qualche problemino di salute, la sanità campana.

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