Svetlana Zakharova. Mai senza le mie décolleté
Tolte le scarpe da punta, l'étoile della Scala Svetlana Zakharova sale su tacchi d'autore. Una delle sue tante passioni.
Ha la passione per vestiti, gioielli, scarpe, orologi, «per le cose belle, come tutte le donne», sintetizza la ballerina russa Svetlana Zakharova, elegante anche nel modo di stare seduta su una poltrona rossa, alla Scala di Milano, efebica, naso alla francese, un volto da adolescente malgrado i suoi 37 anni. Il coreografo Mauro Bigonzetti le sta preparando un «abito su misura», così lo definisce l’étoile del teatro milanese sorridendo: ed è già felice al pensiero. Una nuova produzione, in scena dal 20 maggio, Progetto Händel, in coppia con l’altra étoile scaligera, Roberto Bolle, con cui ha già ballato, ma sempre in titoli classici. Una sfida per questo giunco umano che si piega e si eleva emozionando, per la prima ballerina del Bolshoi, étoile del Teatro alla Scala e una delle più richieste al mondo. Molti anni fa, Mikhail Baryšnikov uscì con questa frase: «Se Dio avesse pensato alla danza, avrebbe creato Svetlana Zakharova». Progetto Händel: cos’è? C’è solo musica, non esiste una trama o una storia. Mauro sta creando per me, mettendo e togliendo, misurando tutto sulle mie potenzialità e la mia fisicità. Beh, allora ha carta bianca… Per lui è molto importante che i movimenti siano in accordo con la musica. Mi sta preparando un abito su misura. Musicale. Un aggettivo che definisca questo nuovo lavoro? Sorprendente, perché la musica è barocca, meravi- gliosa: bisogna solo assecondarla. Io immagino parrucche, vestiti con crinoline, sogno il Seicento. Quante ore prova al giorno, in generale? Dipende molto dallo spettacolo, dalle tre alle 12. Lei gira il mondo: il suo shopping? Soprattutto vestiti per mia figlia di sei anni. E qualcosa per me, naturalmente: adoro le scarpe di Jimmy Choo, le ballerine di Chanel, i capi di uno stilista russo, Igor Chapurin. Ma alla fine, il mio lavoro di ballerina mi assorbe e faccio fatica a prendere del tempo per me. Vacanze però ne farà. Dove? D’inverno amiamo andare con mio marito ( il violinista Vadim Viktorovic ˘ Repin, ndr) a Davos: lui scia, io passeggio e mi godo il silenzio.
L’hotel prediletto a Davos?
L'InterContinental. Ha anche un favolosa Spa dalla quale si vede tutta la vallata.
D’estate invece dove va?
Sempre in luoghi dove possa «imparare» qualcosa. Sono stata a Cipro, con le sue rovine, e l'anno scorso a Barcellona per scoprire le meraviglie di Antoni Gaudì: la Sagrada Família è entusiasmante perché stranissima, insolita.
A Milano è di casa: il ristorante preferito?
L'Isola dei sapori: ci vado da anni, è sempre uguale. Io adoro i piatti di pesce e la cucina italiana.
Musei che le sono nel cuore?
La National gallery di Londra.
Perché?
Ci trovo molti ritratti meravigliosi. In qualunque museo vada cerco la sala dedicata a questo genere di pittura, mi immagino le vite, indago sugli sguardi.
Mosca, la sua città, è una cornucopia d’arte.
Il primo luogo da visitare è il teatro Bolshoi. Bisogna anche andare ai musei del Cremlino e al Puškin, che ospita gli impressionisti. Quando sono a casa, vado spesso al Conservatorio e alla sala C˘ajkovskij della Filarmonica dove c'è anche un ristorante buonissimo, con dolci ottimi.
Ha lavorato anche a Genova: cosa ricorda?
L'anno scorso ho portato il mio progetto Amore, ma eravamo sempre a provare… Abbiamo però avuto una giornata libera e siamo andati in giro. Bellissima la città ricca di storia, affascinanti i caruggi.
Cosa legge?
Non amo i gialli, adoro invece le biografie e i romanzi storici. Credo di aver letto tutti i libri sull'imperatrice Caterina II, un personaggio che mi affascina molto.
Perché?
Era tedesca, è diventata russa e ortodossa. Voleva il bene della Russia, era pronta a far crollare le montagne pur di dare qualcosa al Paese.
Una tosta, un po’ come lei…
La danza richiede devozione. Ti assorbe completamente. Però sono felice di questa vita, non mi manca nulla. Sogno per il futuro uno chalet sulle Alpi svizzere. E il silenzio.