Intervista al politologo Bernard Guetta
Sembrava un battaglione compatto dietro alla «capa ». E invece il Front national, già dalla sera dei risultati delle presidenziali, domenica 9 maggio, ha mostrato crepe vistose. Sì, chiari segnali d’insofferenza nei confronti di Marine Le Pen, mentre la base del partito guardava con sempre più simpatia alla bionda ed eterea nipote, Marion Maréchal-Le Pen. Un incantesimo che si è infranto ancor prima che la caparbia Marion si trasformasse in regina: nel tardo pomeriggio di martedì 9 maggio è stata lei stessa a comunicare alla zia la decisione di rinunciare alla politica motivandola con una scelta personale per «cambiare vita». Punto e a capo, dunque, con il pallino tornato questa volta incandescente nelle mani di Marine.
A leggere bene i risultati elettorali si ricava che, alla fine, Le Pen ha strappato contro Emmanuel Macron il 33,9 per cento dei voti, che sono sempre 10,6 milioni di persone. Ma è un risultato deludente rispetto alle aspettative. È tempo di bilanci. Nel mirino ci sono alcuni sbagli strategici della «capa». Aveva iniziato la campagna puntando su «una Francia riappacificata», lo slogan dei manifesti di allora. E l’ha finita con i toni aggressivi che ricordavano terribilmente il patriarca Jean-Marie. Poi c’è stato il dibattito tv del 3 maggio, dove la laureata alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Assas, la migliore di Francia (ma lei era una studentessa mediocre), si è ritrovata contro una macchina da guerra come Emmanuel Macron, prodotto (lui sì studente brillante) delle grandes écoles. È apparsa incerta, impreparata, solo aggressiva.
Adesso bisogna andare avanti, a testa alta, verso le legislative (il primo turno è l’11 giugno). Ma per il dopo, Marine ha già promesso «la trasformazione del nostro movimento per costituire una nuova forza politica». Anche Florian Philippot, vicepresidente dell’Fn e suo consigliere inseparabile (nonché compagno nella vita privata), ha parlato di una formazione «più ampia, che possa riunire più persone e abbia un nuovo nome». Insomma, dopo aver bollato come «traditore» per anni Gianfranco Fini per la svolta di Fiuggi (nel 1995), con la transizione dal Movimento sociale ad Alleanza nazionale, l’Fn si incammina nella stessa direzione. Intanto, però, è anche la linea social-operaista di Philippot, che ha insistito sempre sui temi economici e sull’uscita dall’euro (ha impaurito l’elettorato più anziano), a essere criticata.
Proprio dal fronte che si riconosceva in Marion è emersa la critica a «parlare troppo di euro e non di famiglia, identità, sicurezza». Marion, che aveva la sua base elettorale nel Sud-Est tradizionalista, è molto cattolica. Pure lei si è laureata ad Assas, ma era studiosa. Nei dibattiti non perde mai la calma. Ha tenuto sottotraccia il suo disaccordo con la zia per non interferire nella campagna elettorale. Ora la decisione di lasciare. Ma i commentatori già si chiedono se non sarà solo una pausa, per poi tornare alla ribalta.