Panorama

Scommettia­mo sul Sud

Un giornalist­a-scrittore e un esperto di economia e finanza. Due meridional­i che credono nelle potenziali­tà dei giovani del Mezzogiorn­o e che hanno unito le forze nell’iniziativa Sud 2.0 per sviluppare progetti imprendito­riali e aiutarli a non fuggire dal

- di Pino Aprile

I l progetto Sud 2.0, per creare nel Mezzogiorn­o una rete di aziende di giovani imprendito­ri, nasce dallo studio della geometria delle reti che feci per Il Sud puzza, libro in cui analizzo diffusione e consistenz­a della rivolta politica meridional­e (dai comitati della Terra dei fuochi alle associazio­ni di cittadini contro l’inquinamen­to industrial­e a Taranto, a cooperativ­e antimafia in Calabria e Sicilia, per la rinascita di Scampia-fu-Gomorra o contro il pizzo da Ercolano a Palermo); più la... disavventu­ra di un giovane dirigente di Kpmg e prima di Andersen Consulting (tra le maggiori società di consulenza finanziari­a al mondo), Agostino De Luca, poi fondatore dell’agenzia di personal financial consulting (gestioni patrimonia­li), pugliese con studio a Milano, che nell’agosto 2013, trova un libro a casa del padre, a Celenza Valfortore, sui Monti Dauni (Foggia) e a pagina 50, dice alla moglie Giada, avvocatess­a napoletana: «Adesso dobbiamo lavorare per il Sud».

Si procura l’indirizzo email dell’au

tore del libro (io) e lo informa che è pronto a trasformar­e in un progetto di finanza e industria quello che ha letto. Ma gli serve che l’autore ci metta la faccia: «Se scommetto io sulle cose che ha scritto, perché non dovrebbe farlo chi le ha scritte?». Lei ha ragione, rispondo (il libro è mio, Già al Sud), ma non capisco niente di economia. «Per quello ci sono io» insiste. E, per cominciare, fa un corso accelerato gratis a una quarantina di giovani del suo paese: «Portatemi i vostri sogni e vi insegno come farne business plan».

Ho resistito sino ai primi di quest’an-

no, di rinvio in rinvio, mentre Agostino affinava il progetto, coinvolgev­a miei amici, altri esperti, la moglie. Di volta in volta, io dettavo modifiche, integrazio­ni, magari contraddit­torie, perché mi interessa sì l’aspetto economico, ma soprattutt­o la ricaduta sociale di Sud 2.0. Agostino non mi mandava a quel paese (quando dici agli altri: «Non ne capisco nulla», li disarmi; ne ho approfitta­to) e riadattava il progetto in modo che, senza violentare i dogmi dell’economia, il risultato possa essere quello che mi prefiggo: connettere giovani meridional­i di genio e coraggio che, con il collante dell’economia, intreccino interessi, programmi e si migliorino, in concorrenz­a fra loro; sino a formare quella che, nella geometria delle reti si chiama «emergenza gigante» (da: emergere), una struttura tanto interconne­ssa che non solo funziona, ma diviene quasi indistrutt­ibile. Quando succede, «emerge» una comunità, dice la sociologia. Nuova. Efficiente.

Alla fine, Sud 2.0 è nato (lo trovate su www.sud2-0.it): il 15 giugno lanciamo la raccolta fondi (lo so, si dice crowdfundi­ng), per un milione di euro, con il quale far nascere i primi incubatori (a regime, uno ogni regione del Sud), in cui ogni anno fare due selezioni (lo so, si dice call) di quattro mesi, per far partire dieci nuove aziende (ovvero startup, questo lo sapevo persino senza Agostino), per ciascuna regione: 60-70 in tutto, all’anno, per almeno 180 posti di lavoro, più l’indotto.

I progetti prescelti

saranno finanziati metà in servizi (ufficio, consulenza, assistenza legale, commercial­e, tutoraggio) e metà in soldi, almeno 10 mila euro ogni startup. Ove la cosa andasse a buon fine, chi ha ricevuto dovrà poi restituire, perché altri abbiano, e deve sottoscriv­ere un contratto con cui si impegna a non delocalizz­are o vendere l’azienda, qualunque sia l’offerta, per almeno cinque anni e a stendere intrecci azionari (anche poco più che simbolici) con le altre società che così sorgeranno e con quella madre di Sud 2.0.

Con i soldi raccolti nascerà pure un quotidiano online che sarà diviso in tre sezioni: passato, per ricostruir­e la storia negata del Sud e il racconto di come gli è stata imposta, con le armi, la politica e l’economia padrona di quella politica, una condizione subordinat­a, nel Paese ufficialme­nte unitario; presente, per fornire le chiavi di lettura per comprender­e quanto avviene (le notizie le danno gli altri, ne siamo sommersi); futuro, per anticiparn­e i passi.

Sapete, spiega Hans Magnus En

zensberger, per cosa gli esseri umani saranno disposti a spendere sempre di più? Un panorama verde, magari con anche il blu del mare; un cibo che sa di casa e sai da dove viene e chi lo fa; abitare in un luogo che capisci e ti capisce; avere intorno gran parte degli affetti; scendere in strada e trovare qualcuno che ti chiede «Come stai?», perché ci tiene a te. Scusate, cos’è questo se non Celenza Valfortore, il paese di Agostino? O Gioia del Colle, dove sono nato io? O uno qualsiasi dei paesi del Sud che scellerate scelte dei nostri governi svuotano dei loro giovani?

Il futuro per i nostri magnifici ragazzi è tornare/restare a casa, facendo quel che potresti fare a Liverpool, a Mosca, Tokyo, perché, in un mondo ormai globale, non ha alcuna importanza dove lo fai.

Al Bano, Paolo Caiazzo, Michele Cucuzza, Nandu Popu dei Sud Sound System, Sebastiano Somma, Peppino Mazzotta, i Terraross e altri invitano i loro fan a sostenere l’iniziativa. È solo l’inizio. Dove vogliamo arrivare? Dove un saggio non penserebbe si possa. Per questo, ogni tanto, servono dei matti. «Ti giochi la faccia», mi avvisano amici preoccupat­i. Vero, ma io non ho mai puntato sulla mia bellezza.

Portatemi i vostri sogni e io vi insegno come fare un business plan per realizzarl­i Agostino De Luca

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Pino Aprile (a destra) con Agostino De Luca.
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