Ho vinto al supervitalizio
Il tentativo di esorcizzare quei diavoli di (fu) deputati, senatori e consiglieri regionali sta per rivelarsi l’ennesimo atto di pura propaganda.
La proposta di legge del renziano Matteo Richetti, utile per abolire i vitalizi degli eletti e modificare sensibilmente le loro pensioni, è infatti slittata al 20 giugno 2017 per una ragione valutata superiore: la nuova legge elettorale.
Ora il rischio è che della faccenda si riparli soltanto nella prossima legislatura (o dopo ancora, chissà...) a meno che dal Paese non si levi, nel frattempo, una levata di scudi collettiva. Le tre riforme finora prodotte dal Parlamento hanno infatti soltanto indebolito la mala pianta senza debellarla. Quella del 1997 imponeva l’età di 65 anni per incassare il vitalizio (prima non era previsto alcun limite) ma permetteva di scontare 12 mesi per ogni anno di legislatura oltre i primi 5; in questo modo, quindi, molti hanno potuto cominciare a incassare già a 60 anni d’età.
Nel 2007, invece, è stata ridotta l’entità del vitalizio e imposto un periodo minimo di 4 anni, 6 mesi e un giorno per ottenere l’assegno (Richetti vuole portarlo a 5 anni). Nel 2012, infine, è stato introdotto un metodo basato sul sistema di calcolo contributivo e non più su quello retributivo. Si tratta di una «pensione da parlamentare» (meno vantaggiosa di un vitalizio) che a partire dal 15 agosto 2017 matureranno pure i deputati e i senatori attualmente in carica.
Gli eletti prima del 31 dicembre 2011 (o già cessati dal mandato prima di quella data) sono dunque i più privilegiati tra i privilegiati perché sfuggono all’applicazione integrale del contributivo introdotta nel 2012. Per intenderci: è dal 1996, riforma Dini, che gli italiani «normali» hanno dovuto dire addio al vantaggioso
sistema retributivo. La Camera (non il Senato, che evita di agire) ha appena imposto un mini-prelievo agli ex deputati di quel tempo. Una goccia nel mare dei circa 2.600 vitalizi in pagamento per cariche elettive alla Camera o al Senato. Il costo stimato da Tito Boeri, presidente dell’Inps? Più o meno 190 milioni di euro all’anno. Portando tali versamenti su valori standard (cioè su base contributiva) la spesa scenderebbe a 118 milioni e si risparmierebbero 760 milioni nei prossimi 10 anni. Ma, appunto, pare conti soltanto la legge elettorale...
Quanto agli ex consiglieri regionali, se possibile la questione è ancora più indecente. Alcune Regioni si ostinano a secretare gli atti, ma il centro studi di «Itinerari Previdenziali» ha scoperto che ogni anno si spendono 150,98 milioni per pagare 3.538 tra vitalizi diretti (116,8 milioni) e indiretti (34,1 milioni, che finiscono nelle tasche dei familiari superstiti). Caso unico al mondo, in tutte le Regioni, e per un lungo periodo storico, i defunti consiglieri hanno infatti potuto lasciare il vitalizio in eredità. Il record appartiene alla Sicilia: 126 assegni a vedove e figli di onorevoli, defunti a volte anche nell’immediato dopoguerra. E anche il resto dello Stivale non scherza, dal Sud (75 vitalizi di reversibilità in Campania e pure in Sardegna) al Centro (nel Lazio sono 80) fino al Nord Italia (61 in Lombardia, 34 in Emilia Romagna, 54 in Friuli, mentre in Trentino-Alto Adige una sessantina di vedove incassano 3-4 mila euro netti al mese ognuna). Né va dimenticato che si contano oltre 200 detentori di doppi e talvolta tripli vitalizi, maturati in Regioni, Parlamento ed Europarlamento (tra i personaggi più noti spiccano Nichi Vendola, Nicola Mancino, Antonio Bassolino, Claudio Burlando e Massimo Cacciari).
Il 10 ottobre 2014 la Conferenza delle Regioni ha approvato un decurtamento dal 6 per cento per vitalizi sotto i 1.500 euro al 15 per cento per gli importi superiori ai 6 mila euro al mese. Però, ad oggi, appena la metà dei governatori ha imposto tagli autentici. Perché? La decisione non era vincolante, quindi ognuno ha fatto come gli pareva. Ed ecco perché, in queste pagine Panorama rivela lo stato dell’arte dei vitalizi in ogni singola Regione. Per alzare la tensione in previsione della (insabbiabile) discussione sul «lodo Richetti». Ma anche per dare a Cesare quel che è di Cesare e a Satana ciò che è di Satana.