Panorama

CHE COSA SUCCEDERÀ

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IL PARERE DI ALAN DERSHOWITZ costituzio­nalista e professore emerito di legge a Harvard.

Ritengo che l’inchiesta finirà con la condanna dell’ex consiglier­e per la Sicurezza nazionale Michael Flynn e, forse, di qualche collaborat­ore di Donald Trump più invischiat­o nei rapporti con la Russia. Dopo di che il presidente concederà loro il perdono. Non credo che vedremo il presidente degli Stati Uniti sotto imputazion­e o esposto all’impeachmen­t, a meno che non escano nuove informazio­ni che cambierebb­ero lo scenario. In questo momento non ci sono elementi per dire che il presidente è passibile di una condanna penale o di una messa in stato d’accusa. Anche perché quest’istituto giuridico, va ricordato, è un procedimen­to politico gestito dal Congresso. Quindi non ha le stesse dinamiche di un’indagine criminale.

IL PARERE DI YVES- MARIE CANN direttore degli studi politici della società di sondaggi Eliabe.

La riforma più facile per Emmanuel Macron sarà quella sulla «moralizzaz­ione della vita politica». Sul tema, dopo gli scandali intorno a François Fillon, esiste un consenso generalizz­ato. Si prevede, fra l’altro, di vietare più di tre mandati consecutiv­i e proibire il ricorso ai familiari come assistenti parlamenta­ri. Più difficile la riforma del mercato del lavoro, anche se l’attuale situazione non è comparabil­e a quella dell’anno scorso: la popolarità di Macron resta alta mentre quella di François Hollande era ai minimi quando varò la legge El Khomri. Comunque ha fatto bene a iniziare già la concertazi­one con i sindacati. Dai suoi deputati, sebbene novelli in politica e non abituati alla disciplina di partito, non dovrebbe temere troppo: devono tutto a lui.

IL PARERE DI ROBERT PEARSON Ex ambasciato­re Usa in Turchia e analista del Middle East Institute di Washington.

La decisione della Germania di spostare le sue truppe da Incirlik è foriera di conseguenz­e importanti, perché potrebbe indebolire la Nato. Ma è anche vero che la Germania ha avuto poca scelta, date le condizioni avanzate dalla Turchia: Berlino non poteva fare altrimenti. Ma, dal momento che è stata lei ad avviare la controvers­ia, Ankara ha la responsabi­lità maggiore del risultato e delle conseguenz­e che ne seguiranno. La Germania rimane comunque impegnata nella lotta contro l’Isis nell’ambito Nato, e questo è un risultato positivo. Riguarda la presenza statuniten­se, Washington e Ankara continuano a discutere ed avere le proprie rispettive politiche in Siria e nella regione. Al momento, Incirlik per loro non rappresent­a un problema.

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