Fondazione Banconapoli nel mirino dell’Anac di Raffaele Cantone
L’Autorità anticorruzione di Cantone ha avviato un’inchiesta sulla gestione del presidente Marrama.
Lo scontro tra i vertici della Fondazione Banco di Napoli e alcuni consiglieri naviga sotto traccia da oltre un anno in un mare di carte bollate. L’intervento dell’Anac, l’Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, che ha aperto un’istruttoria su una presunta incompatibilità in capo al presidente Daniele Marrama per l’incarico ricoperto come professore universitario, è stato il classico detonatore che ha fatto scoppiare un malcontento che viene da lontano. L’istruttoria dell’Anac è scattata in seguito a uno dei ricorsi ed esposti inviati dall’avvocato Francesco Fimmanò in seguito al fatto che la sua nomina nel consiglio generale della Fondazione, su designazione del presidente della Regione Campania, Enzo De Luca, è stata bocciata all’unanimità dallo stesso consiglio. La causa è stata una profonda divergenza su come affrontare il nodo dei presunti diritti sugli utili della Sga, la ex bad bank del Banco di Napoli di cui la Fondazione è stata azionista di controllo fino alla privatizzazione dell’istituto nel 1997.
Fimmanò ha reagito rivolgendosi alle autorità di vigilanza, alla Corte dei conti, al ministero dell’Economia e all’Anac. Ma mentre i primi due non si sono ancora espressi, l’Anticorruzione ha fatto il primo passo sulla verifica del conflitto d’interesse per il doppio ruolo di Marrama (secondo cui non sussiste poiché il suo contratto con l’università è a termine). Tanto è bastato, però, per rompere gli argini di un fiume che negli ultimi mesi si è ingrossato a causa anche del coinvolgimento di Marrama in un’inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura di Napoli su un giro di consulenze in appalti pubblici.
Così è emerso che due componenti di spicco del consiglio generale della Fondazione, il giurista Orazio Abbamonte e l’accademico Gianmaria Palmieri, hanno espresso nell’assemblea di aprile vivo dissenso rispetto alla decisione di investire nella Banca regionale di sviluppo 8 milioni, diventando socia quasi al 30 per cento, nell’ambito di un’operazione di ricapitalizzazione che poi ha avuto esito incerto e confuso. In un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, Abbamonte solleva in modo deciso un tema sensibile per tutte le Fondazioni di origine bancaria e cioè la preservazione del patrimonio e la necessità di una gestione prudenziale delle risorse e finalizzata a scopi sociali.