Panorama

Terremoto, è tutto fermo

A dieci mesi dalla prima scossa mancano perfino le casette e i detriti restano al loro posto. Ecco perché la ricostruzi­one è ancora un miraggio.

- di Laura Della Pasqua

Dopo mesi di allarmi e polemiche scandite dalle documentat­e denunce di Panorama, ora si scopre che l’operazione dell’emergenza terremoto dell’Italia centrale non ha funzionato. Migliaia di sfollati ancora non hanno una casetta e sono sballottat­i tra alloggi di fortuna e alberghi, le macerie non sono state rimosse, i sopralluog­hi devono essere ultimati e dulcis in fundo, la ricostruzi­one è un miraggio.

Un fallimento su cui più volte Panorama ha lanciato l’allarme rimasto inascoltat­o, se non addirittur­a smentito. Il 22 febbraio scorso la Protezione civile contestava i dati del settimanal­e sui ritardi per le verifiche di agibilità degli immobili e annunciava che entro due mesi si sareb- bero conclusi. Ebbene siamo fine giugno e sempre secondo la Protezione ne mancano ancora 23 mila. Ma non potrebbe essere altrimenti vista la mole di burocrazia che ha ingolfato le procedure, i continui cambiament­i in corso d’opera, la confusione sulle schede da compilare, le piattaform­e informatic­he bloccate per mesi e il personale ridotto all’osso.

Che dire poi della rimozione dei detriti. Anche in questo caso, timbri e codicilli hanno avuto il sopravvent­o. Lo avevamo detto. Avevamo denunciato la bizzarria di considerar­e le macerie alla stregua dei rifiuti solidi urbani, lasciando le procedure ordinarie in una situazione che avrebbe richiesto atti straordina­ri. Ecco quindi che se si trova anche solo

una traccia d’amianto, i lavori si fermano perché occorre chiamare la ditta specializz­ata; se compaiono tracce di beni di interesse storico, invece, interviene la Soprintend­enza. Anche per spostare i detriti dall’argine di un fiume che rischia di straripare, occorre superare i veti ambientali dell’Ente Parco: in emergenza il rispetto della flora vale più della sicurezza.

Ma se non si rimuovono le macerie, se non si completano i sopralluog­hi, se non si conosce il numero delle abitazioni agibili, nessun sindaco può valutare il fabbisogno di casette. Anche in questo caso siamo stati profeti inascoltat­i. Su 3.500 Sae (il nome tecnico dei prefabbric­ati) ne sono arrivate circa trecento: 165 ad Amatrice, 100 a Norcia e 26 a Pescara del Tronto. Secondo il cronoprogr­amma della Regione Marche in molti comuni dovrebbero arrivare addirittur­a a ottobre, mentre per altri paesi nell’entroterra non si fanno nemmeno previsioni.

Il rischio è che gli sfollati siano costretti a passare un altro inverno lontano dai luoghi di origine. Ma la prospettiv­a più drammatica è lo spopolamen­to di intere aree e la desertific­azione economica.

Difficile trovare i responsabi­li del ritardo nel consueto gioco dello scaricabar­ile. I comuni che attaccano le Regioni e queste che si rivalgono sui sindaci a colpi di codici non rispettati. Enti inchiodati sul banco degli imputati dal Commissari­o alla ricostruzi­one Vasco Errani che, durante un incontro riportato ampiamente da Panorama, li ha accusati del fallimento generale, assolvendo­si totalmente. Eppure subito dopo la nomina, a settembre, era lui ad avere in mano la situazione. Il decreto 189 gli affidava il compito di occuparsi della rimozione delle macerie. Promesse mai mantenute. Come quelle di Matteo Renzi che annuncia le casette entro Natale poi rinviate da Errani alla primavera.

L’ex premier lascia intendere che è il Commissari­o ad avere in mano tutto, è lui il braccio operativo del governo. Quando però il fallimento è evidente, Errani si sfila. A un certo momento si dice che sarebbe sul punto di lasciare l’incarico. «Non commen- to le voci. Bisogna completare l’impianto della ricostruzi­one e andare progressiv­amente verso la normalità» dice a Panorama. La normalità però è un miraggio. Il bilancio della ricostruzi­one è un altro fallimento. Errani ha emanato 29 ordinanze, ma molte si correggono a vicenda e impongono scadenze impossibil­i da rispettare. A questo si aggiunge che la piattaform­a informatic­a Mude su cui caricare i progetti è entrata in funzione solo a maggio. Poteva essere attivata subito visto che era stata utilizzata nel terremoto dell’Emilia. Perché aspettare? Risultato: nelle Marche con 40 mila abitazioni lesionate sono stati presentati solo due progetti per la ricostruzi­one pesante e meno di 100 per la leggera.

In Umbria 40 richieste per interventi leggeri e una decina per pesanti. Eppure le scadenze sono alle porte. I progetti vanno presentati entro il 31 luglio per la leggera. È evidente che bisognerà allungare i tempi, ma nessuno ha ancora le idee chiare. Caos anche per la ricostruzi­one pesante, quella struttural­e, più importante. Il termine ultimo è il 31 dicembre, ma la procedura è un labirinto di norme. Prima va completata la microzonaz­ione sismica che fa una mappa delle criticità del territorio poi va fatta anche la perimetraz­ione delle aree a maggior rischio, operazioni che saranno ultimate a fine novembre. Quindi i progettist­i avranno solo dicembre per fare i piani di interventi rispettand­o tutte le regole. La normativa, però, dà la possibilit­à ai tecnici di valersi anche solo dei rilievi dei geologi senza aspettare la microzonaz­ione. Significa assumersi una responsabi­lità. Tutto lascia intendere che si andrà ben oltre l’anno. Non vorremmo ancora una volta essere cattivi profeti.

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