Panorama

Terrorismo, ora tocca agli islamici

Riconoscia­mo che è in corso una «guerra di religione». Ma attenzione a scadere in una pericolosa islamofobi­a militante.

- Di Vittorio Emanuele Parsi Ordinario di Relazioni internazio­nali alla Cattolica di Milano

Londra e Parigi stanno conquistan­do tragicamen­te il poco invidiabil­e primato delle capitali europee del terrore. Una scia di sangue infinita, composta di uno stillicidi­o di atti di violenza, per la quasi totalità opera di fanatici islamisti, che ora però sembrano in grado di suscitare l’emulazione non solo dei propri «fratelli», ma anche dei «miscredent­i».

Giunti a questo punto, ciò di cui abbiamo assolutame­nte bisogno è sgombrare il campo dalle verità di comodo, da quelle spiegazion­i a senso unico che ci crogiolano nei nostri pregiudizi e nascondono ciò che più ci spaventa, quello che non sappiamo come affrontare.

Per i seguaci più o meno organici e organizzat­i di al Qaeda e dell’Isis, quella in corso contro gli «apostati» e i «miscredent­i» è, a tutti gli effetti, una guerra di religione: prima ce lo mettiamo in testa e meglio è. È ora di smetterla con il refrain che la religione non c’entra nulla, che le religioni sono solo uno strumento di pace. Nella storia umana sono stati fatti innumerevo­li morti nel nome di Dio. Se è vero che nel corso dell’ultimo secolo le cose sono iniziate a cambiare per merito di guide spirituali sempre più illuminate e consapevol­i, va anche chiarito che per gli imprendito­ri del terrore religiosam­ente ispirati, la «retta via» è disseminat­a del sangue degli infedeli.

E veniamo all’attacco di Londra. Quello che maggiormen­te si temeva, alla fine si è verificato. Per ora l’attacco alla moschea è un episodio isolato, la cui gravità non può però essere sottovalut­ata. Qualcuno ha pensato di «ripagarli con la stessa moneta». Dal fastidio all’insofferen­za, dall’intolleran­za all’odio: sono le tappe dell’islamofobi­a militante. Si tratta di un atteggiame­nto inaccettab­ile, che è doppiament­e pericoloso: perché fa il gioco dei vari al-Baghdadi e perché alimenta quel clima di sospetto reciproco, di diffidenza, di ostilità che mina le fondamenta delle società aperte, di quel patto liberale di convivenza che definisce l’Occidente più di qualunque identità etnica o fede religiosa. Dobbiamo dismettere qualunque indulgenza verso chi soffia sul fuoco della guerra di religione e dello scontro di civiltà.

Ai nostri concittadi­ni musulmani dobbiamo chiedere una maggiore consapevol­ezza che il loro aiuto è cruciale se vogliamo, tutti insieme, combattere e sconfigger­e la piaga dell’odio. A maggior ragione oggi, dopo che abbiamo avuto tragica conferma che la scelta facile della furia omicida non è appannaggi­o esclusivo di questa o quella appartenen­za, abbiamo bisogno di schiacciar­e ancora più in fretta l’islamismo radicale, prima che il suo «successo» finisca con l’alimentare una spirale senza fine di azioni e reazioni, il cui prezzo sarebbe pagato dalla stragrande maggioranz­a di innocenti che compongono le nostre composite società.

Dobbiamo smettere di raccontarc­i che la società multietnic­a è una benedizion­e o una maledizion­e: è la realtà con cui dobbiamo confrontar­ci, con serietà, civiltà e rigore. Ci piaccia o meno, senza retorica e senza opportunis­mi «buonisti» o «cattivisti». Si tratta di una sfida troppo grande per lasciarla nelle mani di chi spera di lucrarci consensi o influenza, soldi o voti. Il tempo stringe, cerchiamo di darci da fare prima che sia troppo tardi.

 ??  ?? L’attentato alla moschea di Finsbury Park, il 18 giugno a tarda sera. Sotto, l’attacco sugli Champs-Élysées nel pomeriggio del giorno dopo. PARIGI
L’attentato alla moschea di Finsbury Park, il 18 giugno a tarda sera. Sotto, l’attacco sugli Champs-Élysées nel pomeriggio del giorno dopo. PARIGI
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LONDRA
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