Ogni separazione ha regole non dette
Torna l’avvocato Malinconico, fallito di successo, in Divorziare con stile, nuovo libro di Diego De Silva.
In questo nuovo romanzo di Diego De Silva (nuovo romanzo che è anche un ritorno, quello dell’avvocato d’insuccesso Vincenzo Malinconico) ci sono molte cose interessanti. Ma forse la più interessante di tutte, dal punto di vista primariamente linguistico e a pari merito filosofico, è che terminata la storia sembra di aver capito per la prima volta che significa divorziare. Divorziare con stile è infatti la storia della rocambolesca causa «Olivieri Carmine contro Non solo Coffee Bar, Tabacchi e Scommesse di Galloppo Lucia Santa & C. S. n. c.», intrecciata alla storia della quasi violenta causa di separazione tra Veronica Tarallo e il marito avvocato di successo Ugo, ma è soprattutto una lectio magistralis sul senso della separazione. Ridendo e ridendo alle icastiche considerazioni di De Silva-Malinconico, si arriva a concordare con una delle frasi più riuscite del libro e meno sentimentali della storia dell’umanità: «La sindrome del lieto fine rovina un sacco di belle storie. Perché tante volte la vita ti dimostra che una storia non è bella perché finisce bene, ma proprio perché finisce». Roba da far crollare Hollywood.
Di fatto per tutto il libro si gode a leggere di disgrazie altrui che però Malinconico rende sempre più interessanti delle proprie. Come quella di Carmine Olivieri detto Mik, che a Malinconico tocca difendere davanti al giudice di pace Pestalocchi Pasquale detto «La Merda». Mik entra al bar tabacchi per un pacchetto di Super, non vede la porta a vetri, o confida nella sua apertura automatica, e si frattura il setto nasale. L’assicurazione pagherà? E se sì, quanto può valere un naso? Anche Malinconico è divorziato, ma la sua sfortuna sbiadisce di fronte alla virulenza
separatoria dei coniugi Tarallo, anche perché lui, quando arriva sul red carpet del tribunale, se la tira come una soubrette, punta il mento alla Mussolini e vuole liquidare la moglie con pochi spiccioli e gran divertimento procedurale. Come sanno gli aficionados di questo antieroe, tutto, anche la psiche dei taxisti, si trasforma per Malinconico in uno spunto di riflessione, che qui confluisce nello stabilire come separarci da chi amiamo con la grazia che solo la consapevolezza delle nostre debolezze ci può dare. «Viviamo in una società isterica che cova rancore e desiderio di rivalsa, ma non lo dice, non si oppone apertamente al nemico e non lo sfida, piuttosto aspetta l’occasione per prenderlo alle spalle o lavora sottobanco per fregarlo» è la sentenza inappellabile di Malinconico. Sarà per questo che l’insulto più lanciato nel romanzo è «Stronzo». Con stile, ovviamente. (Stefania Vitulli)