Panorama

Lo stile vacanza perfetto anche in città

L’abito formale va lasciato nell’armadio. Le passerelle milanesi segnano la rotta per la prossima primavera estate 2018: il look sportivo sarà l’uniforme globale del maschio.

- di Antonella Matarrese

L’input creativo, come spesso accade, arriva dalla musica, storicamen­te serbatoio di tendenze e avanguardi­e. E non da un genere musicale qualsiasi, bensì da quel mondo rap che ha permeato con le sue influenze il linguaggio, l’estetica e per certi versi anche il pensiero dell’ultimo ventennio.

Succede allora che, abbandonat­e catene, diamanti, denti d’oro e ogni effetto «bling bling», un rapper, tra i più cool del momento, qual è A$AP Rocky, si sia convertito a uno stile anonimo, da montanaro con bomber di nylon, pantaloni dai colori improbabil­i e camicie di leggera flanella a quadretti. Per non parlare del canadese Aubrey Drake Graham, in arte sempliceme­nte Drake che durante il suo tour mondiale ha sfoggiato solo capi Stone Island, quindi sportivi, molto performant­i, ma insignific­anti dal punto di vista dell’allure. Per nulla fotogenici, quasi anti Instagram.

Dai palchi dei concerti alle passerelle, la falcata è minima: le mode corrono veloci di bocca in bocca,

di hashtag in hashtag e gli stilisti, sebbene non più giovanissi­mi, fagocitand­o idee dallo street style, origliando lo slang dei millenians che popolano gli uffici stile e soprattutt­o facendosi consigliar­e da quegli stylist super pagati che uniformano bisogni e desideri estetici, hanno deciso che per la prossima primavera estate 2018 il maschio globale entrerà nella sua fase comfort zone, già iniziata la scorsa stagione.

Così nella tre giorni di sfilate maschili milanesi è arrivato ben chiaro il nuovo reset stilistico per il guardaroba del maschio che verrà: basta con l’aplomb managerial­e a favore di una rilassatez­za dinamica, quasi vacanziera. Ovvero, lo stile sportivo come uniforme globale.

Si rassegnino dunque i presunti dandy, gli amanti dello mood pettinato, i fanatici del formale, del classico e i portatori sani di giacca, cravatta e pantalone in nuance. È fuori moda apparire ricchi, belli e perfettame­nte abbigliati con look coordinati: la cacofonia di stili, colore e stampe è la vera chiave della contempora­neità in fatto di moda, nonchè il riflesso estetico dell’attuale melting pot metropolit­ano carico di duri, reietti, spaesati, avanzi di culture estinte, battitori liberi e dispensato­ri di energie di varia natura.

Intanto, gli esperti di slang fashion lanciano l’ennesimo neologismo per definire questa nuova estetica: usano il termine «gorpcore». Il nome

deriva dallo snack americano iperprotei­co, a base di uvetta e noccioline, usato da chi fa trekking e sta ad indicare anche una filosofia di vita da neo flâneur di montagna, da gentiluomo che si sposta a piedi, che gira tra laghi, foreste e vie metropolit­ane, scrutando la natura dalla quale trae emozioni e per la quale si batte autoprocla­mandosi suo paladino attraverso scelte di tessuti riciclati, aziende green, materiali a impatto zero. Il gorpcore, naturalmen­te, è il fanalino d’avanguardi­a già captato dalle frange estreme e quindi direzional­i della moda, come ad esempio il brand Vetements, ma non ancora del tutto interioriz­zato dalle maison di tradizione. Queste ultime, da Versace a Ermenegild­o Zegna, da Emporio Armani a Fendi si sono però resettate nella sfera comfort declinando­la attraverso lo sportwear, l’urban e l’athletic leisure, la versione meno estrema e soprattutt­o più elegante del gorpcore.

È una virata interessan­te, iniziata con lo sdoganamen­to delle sneaker, cavallo di Troia di questa nuova corrente di pensiero, e che ora prosegue attraverso l’accettazio­ne di pantaloni in tessuti pregiati con il polsino alla caviglia come quelli della tuta o della shacket, capospalla a metà tra la camicia e la giacca. Il tutto supportato dai successi economici: il menswear, infatti, ha registrato nel primo trimestre 2017 una crescita superiore alla media del settore, tra il 4 e il 5 per cento, sostenuta dalla ripresa delle esportazio­ni superiore al 5 per cento e dal successo proprio dell’outdoor. Come dire, quando il comfort incontra il business.

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