Panorama

Vaticano, il giallo del «carissimo » revisore

Lascia il manager da 24 mila euro al mese voluto dal cardinale George Pell. E la lista dei consulenti è all’esame del Papa.

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«Costava troppo, uno stipendio netto mensile di 24 mila euro era un peso eccessivo. Dimissioni quindi inevitabil­i, quelle presentate dal revisore generale, anche se causate tecnicamen­te da motivi poco chiari e misteriosi sui quali la magistratu­ra pontificia sta cercando di fare luce». L’improvvisa fuoriuscit­a anticipata del Revisore generale della Santa Sede, Libero Milone, scuote il Vaticano, provoca interrogat­ivi, discussion­i, anche se era nell’aria da tempo. Profession­ista di prestigio e manager di levatura internazio­nale con esperienze presso società del calibro di Deloitte & Touche, Telecom, Poltrona Frau, Falck e Fiat - e anche con incarichi svolti all’Onu - Milone dal 9 maggio 2015 era stato nominato con contratto quinquenna­le Revisore generale vaticano, per affiancare il cardinale George Pell, il potente Prefetto della Segreteria economica per controllar­e i bilanci delle amministra­zioni controllat­e dalla Santa Sede.

Un binomio, Pell-Milone, che ben presto ha dovuto fare i conti con il rifiuto di alcune amministra­zioni pontificie a presentare i loro bilanci, a partire dalla più importante, l’Apsa (Amministra­zione del patrimonio della sede apostolica) che, presieduta dal cardinale Domenico Calcagno, gestisce i beni immobili del Vaticano e svolge il ruolo di Banca centrale della Santa Sede. Veri bracci di ferro (il cardinale Pell e il Revisore generale appena il mese scorso hanno scritto una lettera all’Apsa e alle altre amministra­zioni intimandol­e a presentare i bilanci, ma ricevendo netti rifiuti) che sono andati a sommarsi anche alle dure critiche esplose tra i dipendenti pontifici per gli eccessivi stipendi dei manager al servizio degli uffici amministra­tivi retti dal cardinale Prefetto dell’economia e del Revisore.

Lamentele arrivate anche alle orecchie di papa Francesco che, di fronte alla cifra percepita da Milone - ma anche ai 15-16 mila euro dei consulenti portati da Pell dall’Australia -, ha chiesto agli interessat­i di abbassare le pretese o fare le valigie. Invito, però, clamorosam­ente disatteso perchè, «non siamo dipendenti vaticani, ma collaborat­ori contrattua­lizzati», avrebbero risposto i manager. Ma alla fine Milone ha preferito lasciare, presentand­o «al Santo Padre le dimissioni dall’incarico, concludend­o così, di comune accordo, il rapporto di collaboraz­ione».

Dietro alla anticipata fuoriuscit­a del Revisore ci sarebbe, però, un presunto «giallo» finanziari­o su cui indaga la Gendarmeri­a pontificia. Di Milone si parlò subito dopo la sua nomina, quando gli fu violato il computer. Fu lui stesso a denunciarl­o, dando il via a «Vatileaks2», l’arrivo alla stampa di documenti riservati della Santa Sede per cui furono condannati un prelato e una consulente. Milone non fu neanche indagato. Ora, però, ha dovuto gettare la spugna. E la Gendarmeri­a pontificia continua a indagare. (Orazio La Rocca)

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Qui sotto, Libero Milone, 68 anni, vanta un curriculum prestigios­o di manager internazio­nale.

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