Romina Power: prendevo l’Lsd con Keith Richards. Ora il karma è cambiato
«Un tempo prendevo Lsd con Keith Richards. Adesso il karma è cambiato...» Dall’adolescenza allegra e sregolata ai trent’anni di vita con Al Bano. E ora la riscoperta dell’Oriente, nuovi romanzi e album. «Sono consapevole. E analitica: ho Venere in Vergin
Altroché Al Bano. Altroché divorzio, Cellino San Marco, Loredana Lecciso, Felicità. Mentre beve un succo di frutta alla banana col Panama in testa, Romina Power appare una donna dalla vita larghissima, e nessuno azzardi doppi sensi. È diventata buddhista quattro anni fa accompagnando alla morte la mamma, l’attrice Linda Christian. Mentre del divo hollywoodiano Tyrone Power, il padre morto quando aveva sette anni, non ha mai ricordato nulla. Tanto che per sbloccarle la mente le hanno consigliato una seduta di ayahuaska, l’allucinogeno sciamanico che cura l’anima, dicono, e forse ci proverà. Da bambina è finita in un collegio di suore in Messico, poi in una scuola speciale del Kent, in Inghilterra, che ha mollato a tredici anni per fare l’attrice di filmetti un po’ osé: «Ho la terza media, ma mia madre era felicissima: guadagnavo e lei non era costretta a lavorare». È stata vanitosa, esibizionista, occasionalmente drogata: trent’anni di matri-
monio con Al Bano Carrisi, sposato a diciotto, sembrano un segmento temporale non in grado di renderle giustizia. Ha appena ripubblicato un album del 1974 ad esempio, Ascolta ti racconto di un amore..., con dodici canzoni composte da lei. E per Mondadori ha pubblicato Karma Express, viaggio iniziatico di una giovane borghese verso l’India degli anni 70. Vive a due ore da Los Angeles in una casetta nel deserto insieme a cani e pappagallini. Anche se un astrologo le ha predetto che presto se ne andrà. Il cameriere porta acqua gasata: «Non la beva» si allarma, «consuma le ossa». Cosa consiglia in alternativa? Acqua di cocco: previene l’Alzheimer. Come spezia? Curcuma. E poi camminare tanto e nuotare. Lei presto sparirà e andrà a vivere in India, vero? Lo ammetto, la tentazione c’è. È diventata sociopatica? Grazie al buddhismo sono aperta. Ma a convivere con un uomo, non mi ci vedo più. Già è difficile coi figli. Figuriamoci con un estraneo. Se perdesse la testa? Difficile. Sono diventata consapevole di ogni pensiero. E sono analitica: ho Venere in vergine. Se il suo maestro tibetano la sentisse parlare di astrologia, gli verrebbe un infarto. Ognuno ha la sua verità. Neonata, mia madre fece tracciare il mio quadro astrologico. Tutto azzeccato. Come venne scoperta? A bordo piscina, nel 1964, al Grand Hotel Helio Cabala di Marino. Organizzavo spettacolini e un giorno s’è avvicinato un talent scout di Dino De Laurentiis, che cercava una ragazza per Ménage all’italiana con Ugo Tognazzi. Da lì, è stato un film dopo l’altro. Era ambiziosa? Mai stata. Tutto è arrivato naturalmente. Nella vita, ho solo dovuto dire sì o no. Eravate ricchi? Stavamo bene. Mia madre continuava a cambiar case, e spesso si trasferiva da amici per non pensare a nulla di burocratico. Aveva amicizie altolocate. Una zingara di lusso. Lo è anche lei? I salotti non mi piacciono. Io ho sempre preferito i camerieri, ai clienti. Al Bano faceva il cameriere. Quando l’ho conosciuto cantava, ma io ascoltavo i Rolling Stones. La sua musica non era il mio genere. Proprio nulla nulla? C’erano un paio di canzoni blues che salvavo: Vecchio Sam, ad esempio. Il suo capolavoro da solista qual è, invece? Packin’, uscita nel 2012 nel mio album Da lontano. C’è chi la conosce solo per Il ballo del qua qua. È una cavolata, e incidendola mi son vergognata. Il mio produttore dell’epoca voleva che ne pubblicassi il seguito, dedicato a Topolino: Il ballo della coda. Mi son rifiutata. Altro brano di cui si pente? Feliz Navidad. Come fa un genio come José Feliciano a comporre una canzone così cretina? Mentre la registravo, piangevo. Chi l’ha spinta per prima a esibirsi? La nipote dello Scià di Persia. Racconti. Accompagnavo Al Bano a Teheran, su invito della famiglia reale, quando a un certo punto mi son trovata sul palco. Ai tempi scrivevo canzoni di protesta contro la guerra, in stile Dylan, e così ho debuttato. Con Al Bano eravate già fidanzati? Che termine antiquato! Stavamo assieme, dài. Prima di Al Bano stava con Stash Balthus, figlio del grande pittore. Come vi eravate conosciuti? Tramite la famiglia Getty, in particolare Talitha e Paul Jr., amici di mia madre. Meno male che non amava i salotti. Ma lui era un ribelle. Amico di Mario Schifano, Keith Richards, quel giro lì. A che età ha conosciuto Richards? A 15 anni, durante una notte interminabile a Villa Medici, qui a Roma. Interminabile perché? Eravamo tutti fatti di Lsd. Ricordo che a un certo punto camminavamo in fila sopra il Muro torto, che separa la casa da Villa Borghese. Coi Beatles, invece, neppure una cannetta? Son stata a casa di Paul McCartney, ai tempi fidanzato con Jane Asher. Abbiamo fumato marjuana con mia sorella Taryn, tredicenne, che non aveva mai provato. E poi? Tutti in cerchio, ci siamo messi a fare una seduta spiritica. Era davvero una delle ragazze del Piper? Ci andavo a 14 anni, in Vespa, e ballavo
tutta la notte. Poi tornavo a casa, col codazzo di pretendenti.
Faceva già l’amore?
Sì. Era tutto easy, anche tra sconosciuti. L’Aids non esisteva.
Neppure i preservativi, però.
Era bellissimo. La cosa peggiore che ti potesse capitare era restare incinta. Che a pensarci, non è una cosa tanto brutta, no?
Era promiscua?
Pare di sì.
Come «pare»?
Non ho ricordi ben focalizzati. Ma i miei ex amanti sostengono lo fossi.
Come si è trovata a recitare in film erotici come Justine, ovvero le disavventure della virtù?
Fu mia madre a insistere.
Esperienza traumatica?
No. Lo fu di più un film intitolato Come
imparare ad amare le donne. Per locandina scelsero una mia foto, nuda, con una treccia che terminava sopra il sedere, con un fiocco. Roma ne era tappezzata. Mi sarei voluta sotterrare.
Tra i grandi attori dell’epoca chi le faceva il filo?
Vittorio Gassman. Durante una festa cercò di trascinarmi in camera da letto. Resistetti aggrappandomi al tavolo da biliardo e puntellandomi coi piedi.
Al Bano non aveva terrore di questo passato?
Non ne era felice. Anche perché io non nascondevo nulla.
In Karma Express, la famiglia snob della protagonista giudica il suo marito italiano un «putz», uno zoticone. Sua madre come vedeva Al Bano?
Non come un marito. Diceva: «Divertiti, ma non lo sposare».
E aveva ragione?
Non direi. Trent’anni sono un bel traguardo.
E perché poi l’amore finisce?
Non finisce. Ma avevo bisogno di vivere la mia vita, viaggiare da sola, cercare la mia strada spirituale. Trent’anni che sono stati come sessanta: mai una vacanza separati, mai un attimo distanti. C’era una ruotine fatta di dischi, partenze, lavoro. Io volevo scendere dalla giostra, ma non mi veniva permesso.
Si stava ammalando d’amore?
Sì. Avevo anche subito due operazioni, e capivo che mi avrebbero tagliato un pezzettino alla volta, se non mi fossi tirata fuori.
Sulla via per la felicità, al «bicchiere di vino con un panino», cosa ha sostituito?
Il mala, che è il rosario buddista. E la meditazione.
Incidendo Felicità si rendeva conto che sarebbe diventata il vostro inno?
Per niente. Mi sembrava un motivetto semplice. E il testo, non nostro, una specie di temino sviluppato. Una cosa tipo Il ballo del qua qua, insomma.
Se Al Bano si sposa, alle nozze ci va?
Non mi risulta siano in vista.
Sarebbe come vedere Minnie al matrimonio di Topolino.
Un po’ sì. In ogni caso, credo che non mi inviteranno mai.