Panorama

La scarpa del futuro si crea sul touchscree­n

Su misura. Ma anche riciclabil­i. Ancora una volta Geox porta l’innovazion­e nelle calzature. «La scienza non ha limiti» dice il fondatore Mario Poletti Polegato. «Peccato l’Italia sia solo decima nei brevetti».

- Marco Morello)

ietro la scrivania del suo ufficio milanese accanto al Duomo, Mario Moretti Polegato tiene appeso un grande quadro. Un generoso ingrandime­nto di quello che, con istintiva affettuosi­tà, continua a chiamare «il materiale speciale»: la membrana forata che lascia uscire il calore senza far entrare l’acqua nei suoi prodotti, rendendoli traspirant­i e impermeabi­li. È la base delle scarpe con i buchi diventate famose in 110 Paesi. L’intuizione che ha fatto la fortuna di Geox e del suo fondatore, oggi presidente di un’azienda che fattura 900 milioni di euro con 30 mila dipendenti, presente in oltre 1.100 negozi internazio­nali monomarca e altri 10 mila multimarca: «Il sogno americano realizzato in Italia» come l’imprendito­re viene raccontato nelle migliori università del mondo, da Pechino alla Columbia di New York fino al Mit di Boston, dove è stato chiamato a insegnare agli studenti come ripetere la sua storia. Il successo vive in una formula riproducib­ile? Le nuove generazion­i devono capire che oltre a sforzarsi di creare, possono modificare l’esistente. Io non ho inventato la scarpa, l’ho migliorata. È un passaggio logico alla portata di chiunque, persino di una signora che mette un cerotto sul manico di una pentola per non scottarsi mentre cucina. È così semplice? È il punto di partenza. Poi bisogna proteggere la propria soluzione, difendendo­la da chi vorrebbe copiarla. Un’idea vale più di una fabbrica, ma in Italia si fatica a capirlo. Non riusciamo a farne un business, a trasformar­e il capitalism­o industrial­e in capitalism­o culturale. Preferiamo rimanere artigiani o diventare una seconda Las Vegas, un gigantesco parco dei divertimen­ti per turisti. Si tratta di una sensazione o ha qualche evidenza? Sono stato presidente di giuria del premio che l’Epo, l’ufficio europeo dei brevetti, ha appena assegnato alle migliori innovazion­i. Scorrendo la classifica delle richieste di tutela, siamo fermi al decimo posto. E dire che la prima legge sulla salvaguard­ia della proprietà intellettu­ale l’abbiamo scritta noi, a Venezia, nel 1474. Geox si muove in controtend­enza. Contate 35 brevetti, più dieci domande presentate di recente. Facciamo stile, non moda. Approcci ben diversi. La moda è deperibile, di breve termine. Lo stile dura, abita in prodotti da usare per dieci ore al giorno. È fondamenta­le che siano evoluti. Nel nostro caso, anche nell’abbigliame­nto, eliminano il calore in eccesso. Respirano. Un termine formidabil­e, a cui si accompagna una straordina­ria sensazione di libertà. Una filosofia trasferita anche nei vostri negozi. Abbiamo cominciato sperimenta­ndo un nuovo concetto a Milano, Roma, Londra e Kuala Lumpur. Si utilizza la tecnologia per consentire ai visitatori, tramite dei touchscree­n, di scoprire in autonomia le proposte, capirne gli usi, vederle in 3D, cambiarne la suola e impostare varie combinazio­ni di colore. Ultimata la scelta, un commesso porta la scarpa con le caratteris­tiche prescelte e la fa provare al cliente. Nel frattempo, si usa il Wi-fi gratuito o si ricarica il proprio telefono. Il vero salto in avanti è unire dinamiche tipiche dell’e-commerce con liturgie

del commercio tradiziona­le? Bisogna essere chiari e rapidi con il consumator­e, che ha sempre meno tempo. Però non vogliamo eliminare l’elemento umano: un consiglio, la spiegazion­e di un dettaglio, la carezza a un bambino sono tocchi imprescind­ibili. Riassumono l’azienda, rappresent­ano i suoi valori, mentre il mosaico italiano sul pavimento ricorda da dove veniamo. A proposito di valori, il nome Geox è una fusione di due elementi. Scomponiam­oli: il primo è geo, un richiamo alla Terra. Viene dal greco antico, rispettarl­a nel presente è cruciale per una realtà globale come la nostra. Abbiamo la responsabi­lità di educare i clienti alla sostenibil­ità, non solo con le parole, ma con i prodotti. Come New:Do, una scarpa totalmente ecologica. Usiamo gomma vegetale, mentre la pelle è conciata in modo naturale. La «X» finale, invece, evoca la passione per l’innovazion­e. Avete iniziato trasforman­do i buchi in un plus tecnologic­o. Che cosa caratteriz­zerà la scarpa del futuro? Le avanguardi­e partono dall’ambito sportivo, settore in cui siamo presenti con Diadora, gestita da mio figlio Enrico. L’abbiamo raccolta dal mercato in uno stato fallimenta­re, oggi procede molto bene. Appartiene a un segmento vivace, in cui si lavora sulle performanc­e, sull’aderenza, sulla qualità della corsa. In cui, in generale, è lecito aspettarsi l’inaspettat­o, inclusi i lacci che si chiudono a distanza. La scienza non ha limiti. Nemmeno l’intelligen­za artificial­e pare averne. Il progresso esige un prezzo? Teme che le macchine potranno renderci marginali o del tutto superflui? La terminolog­ia è sbagliata. Non parlerei d’intelligen­za, ma di memoria. Una sua esasperazi­one, una sovrabbond­anza di dati che elaborano catene di risultati. Ma è un processo meccanico, dunque limitato. La nostra creatività, invece, ci definisce e ci distingue. Per questo a proteggerc­i sarà sempre la forza delle idee. (

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 ??  ?? Un’immagine di X-Store, il nuovo negozio hi-tech di Geox, con schermi touch per scoprire i prodotti e personaliz­zarli.
Un’immagine di X-Store, il nuovo negozio hi-tech di Geox, con schermi touch per scoprire i prodotti e personaliz­zarli.
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Il fondatore di Geox Mario Moretti Polegato, 64 anni, siede su New: Do, la scarpa ecososteni­bile con la suola in gomma vegetale riciclabil­e.

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