CULTURA La scarpetta perduta a Napoli
Né il francese Charles Perrault né i germanici fratelli Grimm: a raccontare per primo in Occidente disavventure e riscatto dell’eroina, è stato lo scrittore campano Giambattista Basile. E ora, nel capoluogo partenopeo, si vuole sottolineare il luogo della
Cenerentola che perse la sua scarpetta a Napoli. Obiezione: Cenerentola non è mai esistita! E Giulietta e Romeo sì? E Babbo Natale? Ma a Verona c’è la loggetta dei due adolescenti innamorati a morte, in Scandinavia c’è la casa di Babbo Natale e puoi pure scrivergli, e in Germania, riscritta la fiaba dai fratelli Grimm, c’è addirittura il castello di Cenerentola e ci vanno milioni di turisti.
La fiaba è inventata (forse), il dettaglio napoletano, invece, è vero, perché fu sulla scalinata della reggia partenopea che la signorina (meno innocente di quanto si creda) lasciò l’indizio che permise al principe di rintracciarla. Parlate con il maggior conoscitore vivente di letteratura napoletana e barocca, il professor Michele Rak, un’autorità in questo campo e altri consimili: uno dei 13 esperti indipendenti nominati dal Parlamento europeo, per la programmazione culturale del continente; sono loro che scelgono i siti dell’identità europea da finanziare.
E il professor Gennaro De Crescenzo, cultore di storia napoletana (già allievo di Rak), ha appena scritto alla dottoressa Antonella Cucciniello, direttrice di Palazzo Reale, chiedendo se non sia il caso di apporre sulla scalinata almeno una targhetta che indichi a turisti e passanti che la protagonista della fiaba più diffusa del mondo e di sempre scivolò in corsa su quei gradoni.
Perché questi due serissimi studiosi (il secondo, presidente dell’Associazione neoborbonici) sono così sicuri? La fiaba di Cenerentola si perde nella notte dei tempi. In Occidente il primo a scriverla fu Giambattista Basile, di Giugliano (Napoli), fertile scrittore, accademico con il nome di Gian Alesio Abbattutis (anagramma del suo), appassionato di racconti popolari, che recuperava e rappresentava personalmente: dal Gatto con gli stivali a Pollicino, a La bella addormentata. Sua sorella raccolse i suoi testi in Lo cunto de li cunti (o Pentamerone): 50 favole per la principessa Zoza che aveva perduto il suo sorriso.
«Divenne uno degli autori più tradotti e copiati nel mondo» dice De Crescenzo. E il professor Rak puntualizza: «Alcuni, copiando, dimenticarono di dire da chi». Basile morì nel 1632; dopo più di mezzo secolo, Charles Perrault riscrisse Cenerentola e altre fiabe «di Perrault» (1697); i fratelli Wilhelm e Jacob Grimm fecero altrettanto quasi due secoli dopo, nel 1812.
Se cercate su Wikipedia, leggerete che i due fratelli «sono conosciuti per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca», fra cui, Cenerentola: «dei fratelli Grimm». E la pulzella prende casa in Baviera: il castello di Neuschwanstein, usato per quella e altre fiabe dalla Disney e visitato finora da 60 milioni di persone.
E Basile? Chi? Quello che per primo, quando «immaginò quella ragazza e quella scarpetta perduta in una magica notte di tanto tempo fa, da frequentatore della
corte vicereale», scrive De Crescenzo alla Cucciniello, «pensava, probabilmente, allo scalone del Palazzo prima vicereale e poi reale di Napoli». Insomma, quello conosceva e su quello la sua Zezolla o gatta Cenerentola, la prima della nostra letteratura, perse la scarpetta. E da quei gradini il servo del re la raccolse: «Lo servetore, che non potte jognere la carrozza che volava, auzaie lo chianello e lo portaie a lo re» (Basile scriveva in napoletano, la sua lingua).Quindi, se la prima volta che Cenerentola appare nella letteratura occidentale è a Napoli, che ci fa Cenerentola nel castello di Baviera eretto dopo che i fratelli Grimm riscrissero la fiaba? È giusto o no che Napoli si riappropri del primato, per farne un uso turistico e magari restituire a Basile quel che è di Basile? «Magari!», risponde il professor Rak. «Ma anche solo dando un occhio al sito della commissione Cultura della
Comunità Europea si può verificare che dal Sud Italia, una delle aree del continente più ricche di queste possibilità, e in ispecie dalla Campania e dalla Puglia, arrivano davvero pochi progetti di sfruttamento dell’immenso patrimonio culturale». Cenerentola è così antica che il pre
gio della scarpa piccola verrebbe dalla tradizione cinese, nella quale il piedino è indice di nobiltà (da noi, la cosa suona quasi incomprensibile); ma la prima versione della fiaba, riportata da classici greci, è egiziana: la schiava Rodopi (guance rosa, una cortigiana di successo; insomma: una puttana), di cui si innamora il faraone Amasis, realmente esistito mezzo millennio prima di Cristo.
E l’ultima versione conosciuta della fiaba parrebbe rifarsi a questa. La ricordate? La prostituta innamorata di un cliente (innamorato di lei) non crede al lieto fine
e si confida con una collega di marciapiede: «Tu fammi un solo esempio di una che conosciamo alla quale è andata bene». «Vuoi un esempio?», risponde quella. «Vuoi che ti faccia un nome? Quella gran culo di Cenerentola!». Quando invitiamo Julia Roberts-Pretty woman a perdere una scarpetta (si fa per dire: porta il 40) sulla scalinata di Palazzo Reale a Napoli? Vi delude Cenerentola mignotta?
Fosse solo quello. Nella versione di Basile, è indotta dalla maestra a uccidere la matrigna; ma finisce dalla padella nella brace, perché la maestra, che diviene la sua nuova matrigna, è peggiore dell’altra.
Cortigiana, assassina, bellissima, magica, dai tempi dei tempi fa sognare e sospirare, ma sempre giovane, si presenta lazzara, lacera e diviene principessa e regina. E scusate, stiamo parlando di Napoli oppure di Cenerentola?