Quelle strane convergenze tra l’inchiesta Consip e il processo a Roberto Maroni
Il governatore lombardo attende la sentenza del Tribunale di Milano per presunti favori a due collaboratrici. Che cosa c’entra con Tiziano Renzi? Entrambi i casi si basano su un fascicolo aperto dal pm Henry John Woodcock (ora indagato per fuga di notizie
L’ultima udienza prima dell’estate è fissata per il 6 luglio 2017. Al Tribunale di Milano questa data marca il giro di boa del processo a Roberto Maroni. Il mandato del governatore lombardo è agli sgoccioli. La sentenza è in dirittura d’arrivo, frizzante anticipo nella campagna elettorale per le elezioni regionali della primavera 2017. Un macigno che l’ex segretario della Lega è pronto a scansare: derubricando l’eventuale condanna a strumentale bagattella.
Il procedimento ruota attorno a presunti favori concessi a due collaboratrici, già alle dipendenze di Maroni mentre era ministro dell’Interno. Il primo capo d’imputazione è «turbata libertà nella scelta del contraente». Riguarda l’assunzione di Mara Carluccio a Eupolis, società controllata della Regione, con un contratto da quasi 30 mila euro. Ma il piatto forte del processo è la seconda accusa: «Induzione indebita a promettere utilità». Il governatore avrebbe perorato una missione a Tokyo per Maria Grazia Paturzo, manager a contratto di Expo 2015. Trasferta a cui però la donna non ha mai partecipato. Un’accusa che, se seguita da una condanna anche solo in primo grado, farebbe scattare la tagliola della legge Severino. E che porterebbe all’immediata decadenza di Maroni.
«Una vicenda incredibile» ha commentato il presidente della Lombardia. «Sono processato per un viaggio mai fatto, che non ha causato nessun danno ai contribuenti». Parole che non hanno lasciato scalfitture. A differenza, invece, di quelle reiterate da Matteo Renzi. L’ex premier s’è più volte scagliato contro l’affaire Consip, in cui il padre Tiziano è indagato per traffico illecito di influenze. In cambio, ha ricevuto ubiqua solidarietà, approfondite controinchieste e preventive assoluzioni mezzo stampa.
Tra i due casi si scorgono però alcune analogie. Entrambi nascono da un fascicolo aperto da Henry John Woodcock, il pm di Napoli adesso indagato dalla Procura di Roma per fuga di notizie proprio nell’inchiesta che ha coinvolto Renzi senior. Altra analogia: le verifiche sono state portate avanti dal Reparto operativo del Noe, il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, sotto la supervisione dal capitano Gianpaolo Scafarto. Ovvero il militare accusato di aver falsificato l’informativa finale Consip. Ed è comune pure l’architrave delle due inchieste: tonnellate di intercettazioni telefoniche.
Un’udienza dopo l’altra, il processo milanese si incammina verso la conclusione. Oltre al governatore e a Mara Carluccio, sono imputati il suo capo staff dell’epoca, Giacomo Ciriello, e Andrea Gibelli, segretario generale del Pirellone. Dopo aver scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato a quattro mesi Christian Malangone, già direttore generale di Expo 2015 e braccio destro dell’ex commissario dell’esposizione Giuseppe Sala, adesso sindaco di Milano. Tutti tirati dentro l’inchiesta, una proroga d’intercettazione dopo l’altra, dal Noe. Che nel 2011, su mandato di Woodcock, affiancato dal collega Vincenzo Piscitelli, comincia a indagare per corruzione internazionale.
Al centro delle verifiche ordinate dal
la Procura di Napoli ci sono 12 elicotteri AgustaWestland, venduti da Finmeccanica al governo indiano. Un’operazione in cui viene coinvolto Giuseppe Orsi, designato amministratore delegato del colosso di stato a maggio 2011. Nomina per cui avrebbe ricompensato Maroni, allora segretario federale del Carroccio. «L’affare» ipotizza il Noe «sarebbe stato strutturato anche per creare fondi neri utilizzati poi da Orsi per finanziare illecitamente la Lega Nord». Lorenzo Borgogni, a quel tempo direttore delle relazioni esterne di Finmeccanica, ne parla a Woodcock e Piscitelli a fine 2011. Specifica però che si tratta di «voci interne» mai verificate. Per poi chiarire, nei successivi interrogatori, di averlo appreso da «una lettera anonima». Eppure le sue parole danno la stura a un’indagine che guadagna rapida ribalta.
AgustaWestland ha però sede nel varesotto. Per questo, nel 2013, l’inchiesta passa alla Procura di Busto Arsizio. Il fascicolo è assegnato all’allora procuratore reggente Eugenio Fusco. Il magistrato conferma l’incarico al Noe. Il filone della vendita dei 12 elicotteri in India porterà Orsi ad affrontare un processo, ancora in corso. Mentre la caccia alla maxitangente convincerà gli investigatori a intercettare l’entourage maroniano, da settembre 2013 a giugno 2014. Nelle periodiche richieste di proroga degli ascolti, il Reparto operativo del capitano Scafarto reitera l’iniziale ipotesi: «In questa fase delle indagini, appare sempre più necessario individuare i canali attraverso i quali sono stati creati i fondi neri». Ma di finanziamenti illeciti non si troverà traccia.