Sballo killer: le pillole che avvelenano i nostri ragazzi
Dopo la morte della sedicenne di Genova per aver preso una pasticca di ecstasy, è sempre più preoccupante la diffusione delle nuove droghe sintetiche. Meno costose e più semplici da reperire per i giovani. È il caso degli Nps, le sostanze psicoattive che
La speciale pillola venduta per il «Tomorrowland eletronic music festival» in Belgio. Analizzata in Svizzera, è risultata molto rischiosa per livelli eccessivi di Mdma (più di 200 mg).
Agitazione, aggressività, dolori al petto. E ancora: psicosi, allucinazioni, aritmie, ipertermia fino ai casi più gravi di collasso e morte. Come quello di Adele De Vincenzi, sedicenne di Chiavari, deceduta per arresto cardiaco sabato 29 luglio dopo aver assunto (questo almeno hanno rivelato i primi esami) un micidiale mix di alcole Md maom etilene diossim et anfetamina, più conosciuta come “ecstasy”. Uno sballo consumato in casa, durante una qualunque serata di mezza estate in compagnia di fidanzato e amici.
L’episodio riapre inquietanti interrogativi sulla facile reperibilità di droghe (in particolare quelle sintetiche in pillole, cristalli e polvere) fra i giovanissimi. Troppo spesso inconsapevoli dei reali rischi. «Nel mercato attuale il nome di “ecstasy” è usato come brand per i potenziali consumatori» avverte Angela Me, Direttore della Ricerca dell’Ufficio delle Nazioni Uni- te per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc). «Spesso, però, dentro non c’è neppure Mdma».
Il «Trans European Drug Information Project», progetto che studia il trend delle droghe in Europa, ha certificato che la purezza varia molto a seconda dei paesi. In Belgio, per esempio, analisi a campione hanno dimostrato che il 55 per cento dei cristalli che si pensa siano Mdma non la contengono affatto, mentre in Austria riguarda solo il 6 per cento delle dosi esaminate. Miscelata, alterata o del tutto sostituita. Oggi il menù della chimica è variegato. E, purtroppo, sempre più di frequente è un po’ come un ago in un pagliaio: perfino gli esperti non sanno che cosa cercano.
«Da anni appaiono sul mercato nuove sostanze chimiche» spiega Ettore Zuccato, capo laboratorio del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. «E all’inizio non sono proibite perché non ancora catalogate». La legge, infatti, prevede il divieto solo se c’è riconoscimento di una sostanza vietata. Quindi, ai chimici che producono nuove sintesi - per lo più in laboratori di India e Cina - basta “attaccare” alla molecola un gruppo chimico diverso per ottenere un nuovo derivato da mettere in commercio senza rischiare sequestri e sanzioni. Questo continuo evolversi della molecola di base crea (potenzialmente) infinite varianti. «In pratica, giochiamo a guardie e ladri» prosegue Zuccato. «Non appena si scopre un derivato e si vieta, ne viene messo a punto uno diverso». Il nuovo fronte ora sono i cosiddetti Nps, sostanze psicoattive come catinoni o ketamina (usato come anestetico per cavalli). Alcune di queste, in origine, erano legalmente impiegate nella produzione di farmaci ma poi sono finite ad alimentare un fiorente e incontrollato mercato clandestino. Una fetta di dimensioni ancora modeste rispetto alle droghe tradizionali più diffuse come eroina, cannabis e cocaina ma in pericoloso aumento (tanto più perché i dati, per sua stessa natura, sono difficilmente certificabili). Nel solo 2016 l’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze ha identificato più di
In discoteca. Le nuove sostanze sono particolarmente pericolose: attaccano vari organi vitali nello stesso tempo per via della elevata temperatura corporea.
100 nuove sostanze chimiche, portando a 400 quelle identificate finora. Ma, si stima, ce ne siano un migliaio in circolazione. Con effetti nocivi sconosciuti e imprevedibili.
«È un problema molto grave» riconosce lo stesso Zuccato dell’istituto Negri. «Modificando la struttura chimica cambiano anche le caratteristiche tossicologiche e nessuno sa quali effetti hanno». Di qui, l’altissima pericolosità. Rispetto alle vecchie droghe, le nuove sostanze tendono a compromettere gli organi vitali insieme: polmone, cuore e soprattutto fegato. Intossicazioni acute più potenti (e talvolta letali) se interagiscono con alcol, farmaci o in caso di patologie pregresse ignote.
In Italia, la relazione annuale della Direzione centrale antidroga nel 2016 ha registrato 266 decessi per abuso di stupefacenti. Di questi, solo uno è riconducibile all’ecstasy ma in 118 casi la sostanza non è indicata (a volte, però, per assenza di esame tossicologico). Il bollettino statistico dell’osservatorio europeo, invece, censisce un più consistente numero di 158 vittime per droghe sconosciute o non catalogate.
In questo contesto alcuni paesi come Spagna, Portogallo, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi provano a evitare almeno il peggio con un servizio pubblico gratuito di controllo delle dosi. La città di Vienna, per esempio, ha attivato «Checkit!», un camper mobile che gira nei punti caldi come discoteche, locali notturni, concerti. Un team di esperti raccoglie anonimamente i campioni, li numera, li porta in laboratorio. Entro un’ora espone i risultati con colori diversi. La logica è che se la sostanza risulta nociva o non identificata, il consumatore sa che va incontro a rischi fatali e non la assume. Un approccio che divide: per alcuni rende più responsabili, per altri «sdogana» la droga facendola percepire sicura e non dannosa.