CHE COSA SUCCEDERÀ
IL PARERE DI PAVEL FELGENAUER politologo russo, appartenente al fronte liberale. Ora gli americani prenderanno altre misure di risposta, poi anche la Russia, e via dicendo. Praticamente un gioco a somma zero dove il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno dell’altro partecipante. La cooperazione rimarrà in certi settori (poiché risponde all’interesse sia dei russi sia degli americani), ma questo non comporta un miglioramento delle relazioni. Che, anzi, andranno sempre peggio. Quanto serio sarà il livello del confronto nei prossimi mesi non si può dire. Le varianti sono molte, compresi i conflitti armati. Quest’ultima è l’ipotesi limite, magari in Corea del Nord (dove Mosca non parteciperà direttamente) o in Ucraina (dove probabilmente sarebbe Washington a non partecipare). IL PARERE DI BAKHTYAR ALJAF Direttore dell’International Institute for Middle-East and Balkan studies di Lubiana. La situazione in Grecia è in una fase di stallo. Forse potrebbero esserci delle novità nei mesi di settembre e ottobre. Ma molto importanti saranno le elezioni tedesche del 24 settembre. La sfida sarà tra la coalizione Cdu-Csu e l’Spd. Bisognerà vedere se la Cdu-Csu, forse con un’alleanza con i liberali, riuscirà a restare al potere sbarazzandosi del governo di coalizione con i socialdemocratici. La cancelliera Angela Merkel punta a un nuovo mandato e non avrà nessuna intenzione di mostrarsi più aperta nei confronti delle richieste di Atene. È anche vero però che nulla è stato fatto in Grecia: Tsipras aveva promesso riforme, in campo economico e sociale, ma niente di tutto ciò è avvenuto. Ecco perché le sorti del Paese sono legate alle elezioni in Germania. IL PARERE DI WAYNE WHITE Analista del Middle East Institute di Washington. Il viaggio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan sembra non aver prodotto alcun movimento o cambiamento reale sulla crisi del Qatar. È noto che Erdogan favorisca il Qatar. Infatti ha inviato truppe e veicoli blindati, per dimostrare il suo sostegno a Doha nella controversia con gli Stati arabi. Come il Qatar, anche la Turchia di Erdogan appoggia la Fratellanza musulmana, quindi ha poca o nessuna influenza sull’Arabia Saudita e sugli Emirati Arabi Uniti. Si è così arrivati a un’impasse. La Turchia non è un mediatore neutrale. Non a caso, Erdogan ha iniziato anche a coltivare rapporti migliori con il presidente russo Vladimir Putin, nonostante il sostegno del Cremlino al regime di Bashar al Assad in Siria. E ciò probabilmente ha solo indispettito i sauditi.