Multinazionali del cibo: all’Est stessi prodotti ma di serie B
Molti Paesi Ue denunciano di ricevere alimenti più scadenti che all’Ovest. Ora sono arrivate le prove. E Bruxelles deve intervenire.
Da anni i Paesi dell’Est Europa sostenevano che gli alimenti prodotti da note multinazionali e venduti nei loro supermercati fossero i surrogati degli stessi marchi distribuiti in Occidente. A luglio, però, è arrivata la conferma. E anche le istituzioni europee, che a lungo si sono appigliate a legislazioni parziali pur di difendere il i colossi dell’alimentare, hanno dovuto riconoscere che la doppia qualità non era il frutto di paranoie da Guerra fredda. Anche se la teoria dei doppi standard
ha radici lontane, le accuse recenti sono state sollevate dall’associazione slovacca dei consumatori nel 2011. E hanno raggiunto l’apice quest’anno, quando si sono scatenati i politici. Il ministro ceco dell’Agricoltura, Marian Jurecka, ha definito il suo Paese «la pattumiera dell’Europa». Il premier bulgaro Boyko Borissovha è persino arrivato a paragonare all’apartheid il sistema delle «dieci grandi sorelle del cibo» nei confronti dell’Est europeo.
Ma a inasprire gli animi sono stati i test alimentari condotti dal ministero dell’Agricoltura ceco. Sono state rilevate alterazioni in 18 sui 21 prodotti presi in esame. In alcuni casi, come per la quantità di pesce nei bastoncini venduti in Repubblica Ceca e in Germania con lo stesso prezzo e confezione, la differenza era abissale. «La Commissione europea all’inizio sosteneva che, fintanto che venivano indicati gli ingredienti sulle etichette, non c’era nulla di male» spiega a Panorama Dario Dongo, fondatore della piattaforma Great italian food trade (Gift). «I politici del gruppo di Visegrad, però, hanno denunciato come il problema non riguardasse soltanto la trasparenza, ma anche la discriminazione verso alcuni Paesi». A dare la scossa deci-
siva alla Commissione europea sono stati, prima, i toni risoluti del leader ungherese, poi di quello slovacco. L’autoritario Viktor Orban ha minacciato di far marchiare i prodotti diversi dall’originale come di serie B e di abilitare le autorità nazionali a eseguire esami di comparazione delle formule e dei processi di lavorazione nei vari Stati membri. Il premier Robert Fico, per tutta risposta, ha dichiarato di voler introdurre pesanti sanzioni contro le multinazionali. «In quel momento pure la Commisisone, prona agli interessi del big food, ha reagito annunciando l’intenzione di predisporre delle linee guida» aggiunge Dongo.
Del nuovo ordinamento non si sa
ancora nulla. Eppure, in prima battuta rappresenterebbe un avvicinamento dell’Europa «dei big» verso quella «dei surrogati» in un momento di forte tensione tra le due. In seconda battuta le linee guida Ue potrebbero anche calmare gli animi di chi, a Bruxelles e dintorni, vede nell’ineguaglianza alimentare un pretesto per soddisfare le ambizioni politiche dei governi populisti dell’Est.