Quei baci di Giuda al Cavaliere
A volte succede che pure chi te ne ha dette tante, chi ha passato la vita a criticarti, di punto in bianco, cambi giudizio: certo l’opinione non diventa favorevole, ma sicuramente si fa meno severa. Sta succedendo a Silvio Berlusconi: la centralità nello scenario politico, si porta sempre dietro, specie in Italia, un ritorno di simpatia. Capita che il Cavaliere venga, di fatto, riabilitato da Massimo Giannini sulle pagine di Repubblica. O, ancora, che Paolo Mieli, Cassazione dei maître-à-penser di sinistra, abbia messo da parte l’ironia per un momento, per esprimere qualche avverbio di stima. Ma l’impensabile lo ha ascoltato Matteo Renzi in un colloquio telefonico di qualche settimana con Eugenio Scalfari: il fondatore di Repubblica, nei suoi ragionamenti, dava per scontato, senza scomporsi, che nella prossima legislatura per governare il Paese bisognerà avvalersi anche di un’alleanza con Berlusconi. Rispetto a un anno fa sembra di vivere su un altro pianeta. Capita da noi: i giudizi sui fatti e sulle persone sono legati alle fasi politiche, succede nei talk show, sui giornali, come nelle aule dei tribunali. Così Berlusconi è rincorso da Pierluigi Bersani e Massino D’Alema, è corteggiato da Dario Franceschini e si trova a essere trattato con parole più suadenti e meno rudi anche da Matteo Salvini. Tra i tanti motivi ce ne è uno paradossale, quanto vero: il catalizzatore dell’antipatia a sfondo politico non è più il Cav, ma Renzi. Da noi - è tradizione - i campioni del «decisionismo» vengono sempre guardati con diffidenza. E in questa logica, ora, il segretario del Pd ha preso il testimone dalle mani del Cav. Era successo anche al suo avversario del momento a sinistra, cioè D’Alema. Renzi se ne è reso conto. «Chi me l’avrebbe mai detto» si lamentava qualche settimana fa «che nella mia vita avrei visto Repubblica trattare meglio Berlusconi, che non il sottoscritto». In realtà è già avvenuto in passato: una certa sinistra ha sempre vezzeggiato più un uomo della destra democristiana come Giulio Andreotti, che non un personaggio come Bettino Craxi, malgrado che, nel bene o nel male, all’epoca, facesse parte dell’internazionale socialista. Appunto, flirt, amori e odio a sinistra, sono sempre frutto di calcoli e di interessi. Ecco perché il Cav farebbe bene a coltivarsi Renzi: se all’improvviso il segretario del Pd fosse spazzato via dallo scenario politico, un attimo dopo il catalizzatore dell’odio a sinistra tornerebbe ad essere lui. In fondo chi lo rincorre o lo corteggia adesso, è nato e vissuto sull’anti-berlusconismo per una vita. Ecco perché i due farebbero bene ad aver un incontro del terzo tipo, a cominciare dalla legge elettorale. L’Italia in questi tempi non si fa governare - per usare un lessico variopinto - da un dittatore, da un capo, ci vogliono almeno due consoli. Che poi siano tutti e due al governo, uno al governo e l’altro all’opposizione, o da qualche altra parte, poco importa.