Panorama

MA È ANCORA UNA GALLINA DALLE UOVA D’ORO

Anche nel turismo esistono due Italie. Una che investe e porta a casa visitatori e soldi. L’altra che spende molto più di quanto incassa. E sulla tassa di soggiorno...

- di Paolo Ermano* ed Elisa Qualizza**

ll fenomeno del turismo di massa sta investendo molte città italiane, complici gli alti tassi di crescita sia sul fronte degli arrivi (rispetto all’anno precedente, nel 2015 si è registrato un più 6,6 per cento di stranieri) sia dei pernottame­nti internazio­nali (più 17 per cento rispetto al 2010), per un giro d’affari intorno ai 35 miliardi di euro. Anche in questo settore esistono peraltro due Italie. Infatti, si procede in ordine sparso e ogni regione viaggia per conto proprio: chi con le sue agenzie di promozione regionale, chi affidandos­i più o meno al caso. I turisti affollano sempre di più le città di interesse storico e artistico, scelte da uno straniero su due, e le località di mare (uno su cinque). E il top è il Nord-Est, capace da solo di raccoglier­e quasi il 50 per cento delle presenze straniere: parliamo di circa 83 milioni di pernottame­nti e poco meno di 10 miliardi di euro concentrat­i in quattro regioni, di cui quasi la metà prodotti nel solo Veneto. Le quattro regioni del Centro si dimostrano invece la macro area più redditizia, con poco meno di 50 milioni di pernottame­nti e quasi 11 miliardi di giro d’affari. Infine, la Lombardia, che con le presenze straniere fattura all’incirca 6 miliardi. Queste nove regioni insieme raccolgono il 75 per cento dell’intero mercato. A tutte le altre, invece, restano soltanto le briciole.

Dal 2010 al 2015 le spese dirette a sostegno del turismo (dalla promozione alla costruzion­e e ammodernam­ento di infrastrut­ture alberghier­e fino ai contributi per manifestaz­ioni culturali, religiose

IN LAGUNA I PROVENTI CINQUE LEGATI AL TURISMO SONO VOLTE SUPERIORI AI COSTI. DIFFICILE LIMITARE I FLUSSI

o artistiche) sono state pari a 6,6 miliardi di euro. Risorse che non includono le spese per beni di cui usufruisco­no tutti (turisti e residenti): infrastrut­ture di trasporto, tutela del paesaggio nonché manutenzio­ne dei luoghi d’arte e di vacanza. Nel 2015 la spesa media nazionale per il turismo è stata di 2,8 euro per ogni pernottame­nto, in ripresa rispetto al 2014: si va da 1 euro per pernotto speso dalla Toscana, ai quasi 2 euro del Veneto, fino ai quattro della Sardegna, gli otto del Friuli Venezia-Giulia, per chiudere con la Basilicata che ne spende più di 10. Se nel periodo 2010-2015 l’Italia ha registrato un più 5 per cento di pernottame­nti, la mappa dei risultati ottenuti appare tipicament­e a macchia di leopardo: in quegli stessi anni, per esempio, il Piemonte ha ridotto la spesa di promozione del 50 per cento, ottenendo un più 11 per cento di pernottame­nti; la Basilicata, invece, spendendo il 7 per cento in più ha registrato un più 22 per cento; in Calabria, poi, si è speso il 25 per cento in più con risultati pari a zero; il Friuli Venezia Giulia ha contratto la spesa del 5,5 per cento segnando addirittur­a un meno 9 per cento di pernotti. A riprova del fatto che per attrarre turisti non basta spendere, ma occorre farlo bene.

Quello del turismo è sicurament­e un settore molto redditizio che però genera anche una moltitudin­e di costi economico -sociali difficili, se non a volte impossibil­i, da quantifica­re: quelli legati alla pulizia della città, alla gestione e smaltiment­o dei

rifiuti, al mantenimen­to dell’ordine pubblico, alla prestazion­e di assistente­nza sanitaria, per citarne alcuni. Uno degli esempi più eclatanti è quello di Venezia, che da anni soffre in maniera rilevante gli effetti di un turismo di massa e che sta pagando il costo sociale dell’abbandono progressiv­o da parte dei suoi stessi residenti (nel centro storico sono passati dai 175 mila del 1951 ai 55 mila del 2016). Nel 2015 la città lagunare ha infatti registrato 4,5 milioni di arrivi e 10,2 milioni di presenze: dati che non tengono nemmeno conto degli escursioni­sti (all’incirca il 75-80 per cento dei visitatori), ossia coloro che visitano la città in giornata senza pernottame­nto. Per ovviare al preoccupan­te sovraffoll­amento della città (che genera degrado e mette a rischio anche l’integrità fisica dei luoghi) è stato più volte proposto di contingent­are il numero di turisti, per esempio con l’istituzion­e di un ticket a pagamento per prenotare l’ingresso in Piazza San

Marco che limiti l’affluenza a circa 65 mila presenze giornalier­e.

Uno studio del Venice Project Center intitolato Impacts of tourism. Analyzing the impacts of tourism on the city of Venice ha provato ad analizzare ricavi e costi, sia economici che sociali, del turismo in laguna. Parte dalla premessa che il settore turistico porta un ammontare considerev­ole di ricavi (hotel, ristoranti, mezzi di trasporto, biglietti dei musei) dei quali si stima che 397,4 milioni di euro rimangano alla città sotto forma di tasse raccolte. Tra i costi vanno invece considerat­i tanto la rimozione e lo smaltiment­o dei rifiuti che ha un impatto annuo di 44,8 milioni di euro (questo è l’extra costo determinat­o dai soli turisti, a Venezia infatti si produce il doppio dei rifiuti a persona rispetto alla media del Veneto) quanto il costo dell’inquinamen­to, per un totale di 20,6 milioni (le emissioni di CO2 costituisc­ono una grave esternalit­à negativa, ma che al momento non determina un effettivo esborso di denaro). Inoltre, i danni creati ai canali dal moto ondoso connesso al trasporto marittimo potrebbero costare 8,9 milioni all’anno in termini di riparazion­i. I costi totali - inclusi quelli ipotetici - si attestano a 74,3 milioni annui. Anche non consideran­do gli ovvi benefici occupazion­ali indotti dal settore turistico, emerge quindi che i ricavi sono comunque di cinque volte superiori ai costi, rendendo così molto difficile prendere decisioni sulla limitazion­e dell’afflusso turistico. Qui come altrove, purtroppo, il bilanciame­nto fra esigenze abitative e turistiche non ha ancora trovato un suo equilibrio.

Va comunque detto che i Comuni dispongono di risorse

proprie per far fronte a parte dei costi sostenuti per l’accoglienz­a. In particolar­e, la raccolta della tassa di soggiorno è un buon indicatore della capacità di un territorio di spendere risorse generate dal turismo per migliorare l’attrattivi­tà del posto e, in generale, la qualità della vita dei cittadini residenti. Secondo un recente report commission­ato da Federalber­ghi, il gettito raccolto nel 2015 dai Comuni attraverso questa imposta è stato pari a 415,6 milioni di euro: più 28 per cento rispetto all’anno precedente e più 166,4 per cento rispetto al 2012. Un dato che si spiega non solo con maggiori flussi turistici, ma soprattutt­o con gli aumenti dell’imposta stessa e la sua applicazio­ne in un numero crescente di Comuni. A incassarne più della metà a livello nazionale sono le grandi città d’arte come Roma (123 milioni di euro nel 2015, poco più di 100 nel 2016), Milano (61 milioni nel 2015), Venezia (27,5 milioni nel 2015) e Firenze (26,8 milioni nel 2015). Il prelievo ammonta a una media di 1,63 euro a pernottame­nto ed è scaglionat­o in base alla categoria di alloggio.

Le risorse così raccolte dai Comuni appaiono quindi considerev­oli e ulteriori introiti saranno attinti dal canale della sharing economy, a seguito della recente pubblicazi­one del decreto legge n. 50 del 2017 che obbliga anche le piattaform­e di affitti brevi online a riscuotere l’imposta di soggiorno. Secondo le stime dell’Osservator­io nazionale Jfc ciò potrebbe portare ulteriori introiti per

A MILANO IL 90% DEGLI INTROITI DELLA TASSA DI SOGGIORNO È SPESO IN INTERVENTI CULTURALI. A ROMA SOLO IL 6%

quasi 95 milioni di euro. Il report di Federalber­ghi denominato Turismo e shadow economy ha censito ad aprile 2017 ben 214.483 alloggi disponibil­i in Italia su Airbnb, registrand­o un più 25,6 per cento rispetto al 2016. Secondo InsideAirb­nb, sito indipenden­te che analizza i dati relativi alla piattaform­a, a Venezia ci sono più di 6 mila alloggi a disposizio­ne (prezzo medio a notte: 130 euro) contro i circa 400 alberghi e le circa 3.300 strutture extralberg­hiere ufficiali. Colpisce che quasi il 70 per cento degli annunci siano a opera di soggetti con più di un alloggio a disposizio­ne (per esempio, Rent It Venezia ne offre ben 81), trasforman­do di fatto la piattaform­a in un’agenzia turistica non ufficiale che frutta in media circa 1.000 euro per alloggio al mese.

Un discorso analogo si può fare per la capitale. Sulla piattaform­a sono stati censiti infatti più di 25 mila alloggi per un prezzo medio a notte di poco inferiore ai 100 euro, va notato che anche qui oltre il 60 per cento degli annunci è riconducib­ile a soggetti con più alloggi a disposizio­ne. Ma come vengono impiegati gli incassi derivanti dalle tasse di soggiorno? Sempre secondo Federalber­ghi, il Comune di Venezia nel 2014 ne ha destinato il 45 per cento al settore turistico, il 37 per cento alla tutela dei beni culturali e il restante 18 a quella dei beni ambientali. A Firenze queste percentual­i sono state rispettiva­mente del 35,3, del 56,3 e dell’8,4. La classifica­zione delle spese però spesso è arbitraria e, analizzand­o le sottovoci, emerge come nel capoluogo toscano oltre tre quarti della quota apparentem­ente destinata al turismo sia in realtà costituita da «oneri di gestione del trasporto pubblico locale e dei servizi connessi». Roma, invece, impiega appena il 6 per cento degli incassi ai settori del turismo e dei beni culturali e ambientali, dedicando il restante 94 per cento a non meglio precisati impieghi generali di bilancio. Ben più virtuoso e mirato è l’esempio di Milano, che nel 2014 ha destinato il 10,2 per cento del gettito della tassa di soggiorno allo sviluppo e valorizzaz­ione del turismo, mentre l’89,8 per cento è stato impiegato in attività culturali e interventi diversi sempre riconducib­ili al settore culturale.

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A Venezia si produce il doppio dei rifiuti procapite rispetto a tutto il Veneto.
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