Panorama

LA FEDERICA CHE NON MERITA MEDAGLIE

Mentre la Pellegrini si mantiene sulla ribalta internazio­nale, la Mogherini no. L’Alto rappresent­ante per la politica esterna e la sicurezza comune nella Ue non si è vista nella crisi libica, è stata inadeguata sul fronte dei migranti, è apparsa sfuggente

- di Vittorio Emanuele Parsi

Se non sai affrontare un problema, negalo e tira diritto. Dall’assenza sul fronte libico (occupato militarmen­te dal presidente francese Emmanuel Macron) al fallimento nella crisi ucraina, dalle violazioni sistematic­he dei diritti umani in «Paesi amici» al disastro nella gestione dei migranti: sembra questa la filosofia dell’Alta rappresent­ante della Ue per gli affari esterni e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. Sono del resto tempi duri per l’Europa, inutile negarlo. Mentre si intensific­ano le tante crisi nelle quali sarebbe legittimo pretendere una sua presenza più attiva e consapevol­e, l’Unione non solo brilla per assenza ma anche per l’inconsiste­nza e l’incoerenza con i suoi stessi principi, tante volte in passato retoricame­nte sbandierat­i. Altro che «potenza civile» o, addirittur­a «potenza etica». L’ambizione e l’arroganza di poter «guidare il mondo attraverso la sua azione esemplare», di poterlo persino trasformar­e a sua immagine e somiglianz­a, è bell’e che naufragata in un mare di contorsion­i e furberie. Sul banco degli accusati è finita innanzitut­to l’Alta rappresent­ante, una dei sette (sette!) vicepresid­enti della Commission­e europea, Federica Mogherini.

Imposta da Matteo Renzi, al suo esordio da primo ministro ed enfant prodige della politica italiana, dopo un estenuante braccio di ferro con Angela Merkel, Federica Mogherini ha fallito nel suo compito, nonostante che negli anni si sia avvalsa del consiglio e del sostegno di collaborat­ori anche preparati e autorevoli.

Intendiamo­ci bene: sarebbe ingeneroso addebitare l’irrilevanz­a dell’azione esterna dell’Unione Europea esclusivam­ente ai limiti di Mogherini. Il compromess­o costituzio­nale di Lisbona non rappresent­ava certo il miglior viatico per un’istituzion­e che si affacciava sulla ribalta internazio­nale con un ritardo e una timidezza davvero imbarazzan­ti. E nessuno si poteva attendere (a cominciare da Matteo Renzi), che l’ex ministro degli Affari esteri della Repubblica (carica cui era stata disegnata tra lo stupore generale, prima di essere dirottata a Bruxelles) potesse dimostrare e possedere la statura dello spagnolo Javier Solana. Il primo a rivestire l’incarico di Mr Pesc (l’acronimo per definire appunto il responsabi­le di politica estera e sicurezza comune), Solana seppe «riempirlo» con le sue capacità e la sua esperienza, dopo essere stato Segretario generale della Nato.

Certo è che tutto ci si poteva aspettare meno che le venisse mossa, contempora­neamente, l’accusa di non voler vedere la realtà per quella che è, nascondend­osi dietro a una retorica «europearda», e quella di agire con cinismo, in dispregio non solo dei principi dell’Unione ma anche delle indicazion­i del Parlamento di Strasburgo. Questo è invece il pesante rilievo che è stato avanzato all’Alta rappresent­ante riguardo, tanto per fare un esempio, alla politica tenuta nei confronti dell’Etiopia, il cui regime è responsabi­le di aver fatto centinaia di vittime e decine di migliaia di arresti tra l’etnia degli Oromo negli ultimi due anni.

Durante una visita ufficiale ad Addis Abeba, lo scorso marzo, ritenuta da molti osservator­i «assolutame­nte inopportun­a», Mogherini si sarebbe limitata a blandi e indiretti ammoniment­i sul rispetto delle libertà fondamenta­li, per non irritare il regime, la cui collaboraz­ione nella lotta allo «human traffickin­g» è molto apprezzata. Un simile atteggiame­nto, tra il pratico e il cinico, stride però con l’ostinazion­e con la quale la signora Mogherini si rifiuta invece di con--

statare il fallimento totale di Frontex nel combattere il traffico di migranti nel Mediterran­eo. Proprio su questi presuppost­i, il Belgio ha deciso nei mesi scorsi di ritirare le proprie navi dal dispositiv­o militare, con la motivazion­e che l’intera operazione ha incoraggia­to i viaggi della disperazio­ne e arricchito i «nuovi negrieri». Affermazio­ni, queste, che in Italia riguardano il complesso delle operazioni di salvataggi­o in mare e della cui plausibili­tà il governo Gentiloni ha fornito indiretta conferma, con l’ipotesi del lancio di un’operazione di assistenza alle operazioni di controllo della acque territoria­li libiche su richiesta delle «autorità» di Tripoli.

Un comportame­nto speculare, invece, è quello tenuto nei confronti della Russia sulla questione ucraina. Lo scorso aprile Mogherini ha insistito per recarsi a Mosca, allo scopo di riprendere il dialogo con la Russia. L’iniziativa aveva destato perplessit­à preventive non solo in ambito Ue, ma anche a Parigi e a Berlino (di fatto le due capitali che si occupano concretame­nte della questione). Il timore era che i russi potessero interpreta­re il viaggio come una mossa verso l’accomodame­nto sull’intera vicenda della Crimea e del Donbass. E così puntualmen­te si è verificato.

Il ministro degli Esteri Sergej Viktorovic Lavrov, facendosi forte delle contorsion­i verbali e delle circonlocu­zioni cui l’Alta rappresent­ante ha fatto ricorso nelle sue dichiarazi­oni pur di non nominare mai i russi, ha avuto buon gioco nel chiedere su quali basi l’Unione europea insista con le sanzioni verso Mosca. Anche consideran­do che, proprio stando alle parole di Mogherini e del suo intero European external action service (ovvero la diplomazia della Ue), la responsabi­lità della situazione di stallo nell’applicazio­ne degli accordi di Minsk sia da addebitare a tutte le parti in causa. E non solo alle sistematic­he inadempien­ze russe su quanto stabilito in Bielorussi­a.

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Federica Mogherini con il premier libico Fayez al Serraj a Bruxelles. Sotto, con il ministro degli Esteri russo Sergej Viktorovic Lavrov, a Mosca.
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Federica Mogherini, 44 anni, Alto rappresent­ante Ue per gli affari esterni.

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